Roma, 25 lug. (askanews) – “Siamo davanti a una crisi annunciata. Quando arriva una malattia, a morire non è il virus, ma chi ogni giorno lavora per tenere in piedi un settore già in ginocchio. In Sardegna, oggi, si paga il prezzo più alto per ritardi, lacune strutturali e scelte politiche che hanno lasciato da soli gli allevatori”. Così Mario Serpillo, presidente dell’Unione Coltivatori Italiani (Uci), interviene sull’emergenza sanitaria che sta devastando il comparto bovino dell’isola, colpita dalla diffusione della dermatite nodulare contagiosa (DNC), una malattia virale trasmessa da insetti vettori e altamente contagiosa, arrivata in Europa nel 2015 e ora presente in oltre 10 Paesi.
In Sardegna sono già oltre 300.000 i capi bovini da sottoporre a vaccinazione, e le autorità sanitarie hanno previsto un blocco della movimentazione per almeno 26 mesi: uno scenario che rischia di travolgere aziende, stalle, e l’intera filiera agroalimentare dell’isola. “Chiediamo l’attivazione immediata della riserva di crisi della PAC, come già avvenuto per l’influenza aviaria e la peste suina – spiega – Non possiamo accettare un’agricoltura a due velocità, in cui si soccorrono alcuni territori mentre altri vengono lasciati soli”.
“Due anni di fermo sono una condanna: nessuna azienda può sopravvivere senza vendere o movimentare capi per un periodo così lungo. La risposta dev’essere immediata, concreta e proporzionata alla gravità della situazione”, aggiunge sottolineando che la Sardegna ha vissuto negli ultimi anni una progressiva riconversione dall’allevamento ovino a quello bovino, spesso non per scelta ma per necessità. Ora il comparto si trova nuovamente al centro di una crisi che ha origini lontane: il virus è di origine africana, e le dosi di vaccino arriveranno in ritardo dall’estero, prevalentemente dal Sudafrica, ancora una volta mettendo a nudo la dipendenza dell’Europa da paesi terzi per i vaccini veterinari.
“Serve un’inversione di rotta. L’Europa non può continuare a intervenire solo dopo l’emergenza: servono sistemi di allerta, stock strategici e una filiera farmaceutica veterinaria europea forte e indipendente”. Non meno grave è la gestione disomogenea dei controlli sanitari sul territorio nazionale: “la Sardegna – spiega – subisce da sempre le restrizioni più dure, mentre nel resto d’Italia si continua a operare con regole meno stringenti. È ora di dire basta. Servono controlli sanitari equi e uniformi in tutto il Paese. Non possiamo continuare a trattare l’isola come un’eccezione da isolare”.
“Perché tutte le grandi patologie animali – dalla peste suina africana alla blue tongue, fino alla dermatite nodulare – arrivano in prima battuta in Sardegna? Perché i controlli dalla penisola verso l’isola non sono stringenti come avviene invece nel senso opposto? A chi conviene questa asimmetria’”, dice Serpillo. A livello nazionale, l’UCI rilancia anche la proposta di rafforzare i servizi veterinari territoriali e, infine, l’area tecnica dell’Uci propone di destinare ulteriori risorse al contrasto delle epizoozie tramite la riserva di crisi unionale, e invita le imprese a riflettere sulla costituzione di fondi mutualistici volontari per affrontare future crisi sanitarie.

