Ucraina e Israele, urgono referendum - QdS

Ucraina e Israele, urgono referendum

Ucraina e Israele, urgono referendum

giovedì 28 Marzo 2024

I popoli decidano pace o guerra

La guerra russo-ucraina e quella israelo-palestinese stanno andando oltre i limiti della ragionevolezza, sempre che di ragionevolezza si possa parlare quando si tratta di guerra.
Tuttavia, a prescindere dai torti e dalle ragioni, bisogna individuare l’interesse superiore, che viene violato quando ci sono conflitti armati, ed è quello della popolazione, la quale subisce danni non solo materiali e fisici, ma anche immateriali.

Ferme restando la condanna inequivocabile per la Russia (Putin), che ha invaso un territorio indipendente il 24 febbraio del 2022, e per l’attacco di Hamas il 7 ottobre del 2023, non si possono non registrare gli enormi danni che stanno subendo le due popolazioni: quella ucraina e quella palestinese di Gaza; danni di ogni genere perché le loro vite civili sono distrutte insieme agli immobili dove abitavano.
Queste popolazioni di fatto non vivono più una vita “normale”, ma sono costantemente nella paura e prese dai morsi della fame e della sete, senza viveri né acqua.

La questione è: quali sono i punti di possibile incontro nelle due guerre? Se essi non si individuano, queste potranno continuare ad libitum, con ulteriori danni e massacri che non trovano alcuna giustificazione.
Non sembra che Zelensky, da un canto, voglia capire che deve entrare nell’ordine di idee di iniziare una trattativa per la pace e, d’altra parte, neanche Netanyahu voglia desistere nella sua azione di distruzione di massa del popolo palestinese.

Sono proprio i due popoli, ucraino e palestinese, che non ne possono più di queste guerre. Pertanto, un capo di Stato o di Governo rispettoso dei/delle suoi/e cittadini/e dovrebbe mettere a un certo punto a referendum il quesito: volete continuare la guerra oppure iniziare un percorso che porti alla pace?
Questo sarebbe il dovere di Zelensky e Netanyahu, ma non sembra che né l’uno né l’altro vogliano interpellare i rispettivi popoli, invasi come sono dalla considerazione di loro stessi, che, a proprio avviso, ritengono essere al di sopra di coloro che invece hanno dato loro il consenso e che forse ora con un referendum glielo toglierebbero.

È vero che in tempo di guerra le norme ordinarie vengono sospese dalla legge marziale, ma è anche vero che i poteri straordinari che vengono conferiti per questi fatti ai capi di Stato e di Governo non possono durare in eterno perché, nelle more, le popolazioni subiscono danni gravi e irreparabili.

Non sembra che la proposta di indire i referendum prima indicati sia stata presa dall’Onu o dalla Nato, né dagli Stati Uniti e neppure dall’Unione europea. Come se fossero oggetti e strumenti delle industrie delle armi, che traggono enormi profitti dalla prosecuzione di queste guerre, e dal sistema finanziario, che fornisce loro i mezzi monetari per alimentare la produzione e la vendita di armi.
Il comportamento indicato prima è insensato, inumano e fuori da ogni logica equa perché – sia nel caso del conflitto russo-ucraino che in quello che ha trasformato Israele in una macchina distruttiva – possa continuare senza termine.

La questione che esaminiamo nel modo che riteniamo il più obiettivo possibile, non sembra che tocchi le quattro parti in causa, almeno fino a oggi.
In queste vicende solo Papa Bergoglio è intervenuto con lucidità e ferma determinazione, non solo con le parole di rito che invocano la pace, ma anche con i suoi emissari (il cardinale Zuppi ha già visitato la Russia, la Cina e l’Ucraina, mentre il cardinale Pizzaballa in Israele ha cercato di far ritrovare la ragione a Netanyahu).

Il Papa persegue la via del buonsenso e del sano realismo, che però le parti non intendono recepire, per cui le due guerre di fatto sono in stallo, salvo le continue pene di ogni genere che soffrono le due popolazioni.
Perché in questa analisi abbiamo voluto mettere insieme i due eventi? La risposta è semplice: perché cogliamo in entrambi elementi distruttivi e non costruttivi.
Siamo comunque convinti che l’insensatezza delle parti alla fine cederà al buonsenso e si arriverà alle paci auspicate e urgenti.

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