La rilevanza degli ebrei a Catania
Lo studente Carmine Fontana, nato a Monopoli il 15 ottobre 1876, il 21.11.1900 si laurea a Catania in Lettere e Filosofia, discutendo la tesi “Gli Ebrei in Catania sec. XV”, l’opera è frutto di una accurata ricerca presso l’Archivio Storico della città ed ebbe a richiedere la trascrizione di ben 670 documenti. Questi documenti successivamente sono andati tutti persi nell’incendio inizialmente appiccato al Palazzo Comunale di piazza Duomo, all’epoca pure sede dell’ufficio anagrafe, che si trasmise al contiguo Archivio Storico.
L’incendio venne appiccato il 14.12.1944 dai giovani della classe 1922/1924 che protestavano contro la chiamata alla leva, sebbene il governo avesse assicurato che alla redazione delle liste non sarebbe seguito l’ordine di partire. Questo moto di popolo denominato “Non si parte” nel dicembre del 1944 aveva già comportato tanti disordini e ben 19 morti.
A causa dell’incendio la tesi di Laurea di Carmine Fontana, rinvenuta negli archivi dell’Università di Catania negli anni novanta del secolo appena trascorso, rappresenta la sola testimonianza documentale di dati da cui è possibile ricostruire, con grande attendibilità, la rilevanza degli ebrei a Catania prima della loro cacciata avvenuta nel 1493.
Il Fontana descrive gli ebrei catanesi povera gente laboriosa prima perseguitata dal fanatismo religioso e poi dall’odio che trovava le sue giustificazioni in motivazioni di economia e di politica-amministrativa. Individua topograficamente i due quartieri chiamati giudecche, dove gran parte degli ebrei abitavano, senza che ne avessero obbligo, e dove svolgevano gran parte delle loro attività sociali e lavorative. Secondo un calcolo assolutamente credibile realizzato dal Fontana il numero di ebrei presenti nelle città era pari, almeno, ad un settimo dell’intera popolazione residente.
Il giovane studente descrive nella sua tesi l’accanimento con cui il senato catanese eseguì gli ordini regi per l’espulsione, senza peraltro esprimere alcuna considerazione in bene o in male nei confronti degli ebrei che venivano cacciati da quella che questi ultimi consideravano, ormai, la loro patria e ancor più spogliati di tutti i loro beni.
Addirittura nel palazzo del senato cittadino, che in quei giorni si inaugurava, venne apposta una lapide in ricordo della valente attività di espulsione che i senatori avevano diretto con inusuale efficienza e grande impegno, personaggi che di norma erano pigri e sonnolenti.
Nel gennaio del 1493, in esecuzione del decreto dei sovrani di Spagna, Ferdinando di Aragona e Isabella di Castiglia, del 3 marzo 1492, detto decreto dell’Alhambra, ventiseimila ebrei avevano lasciato la Sicilia, mentre novemila rimasero, in quanto accettarono la conversione, ma chi restò non ebbe una vita serena, giacché divenne oggetto delle attenzioni dell’Inquisizione e altre cinquecento finirono al rogo perché ritenuti colpevoli di continuare a vivere nella loro originaria fede in clandestinità sebbene battezzati.
Il Fontana non omette di aggiungere al suo manoscritto la considerazione che chiunque si fosse in futuro occupato della storia di Catania non avrebbe potuto tralasciare di considerare i giudei.
Al fine di consentire la consultazione dell’originale della tesi di laurea del Fontana, il manoscritto è stato posto on line dall’Università di Catania.