Un progetto per soddisfare i bisogni di tante piccole e medio imprese - QdS

Un progetto per soddisfare i bisogni di tante piccole e medio imprese

Barghini Valerio

Un progetto per soddisfare i bisogni di tante piccole e medio imprese

venerdì 06 Agosto 2021

Forum con Corrado Passera Chief Executive Officer di illimity Bank
Sviluppo delle nuove tecnologie essenziale anche in campo bancario

Corrado Passera nasce a Como, da una famiglia di piccoli imprenditori, il 30 dicembre 1954. Nel 1977 si laurea in Economia aziendale alla Bocconi di Milano. Nel 1988, dopo una lunga esperienza in Olivetti, è nel Gruppo Cir. Nel 1992 rientra in Olivetti: nasce Omnitel, oggi Vodafone. Dal 1996 cominciano le sfide bancarie, prima in Antonveneta, in Intesa poi. Nel mezzo, l’importante esperienza di Poste Italiane, dal 1998 al 2002, azienda profondamente trasformata da Passera. Da novembre 2011 ad aprile 2013 è ministro per le Infrastrutture. Nel 2018 lavora al progetto di Illimity Bank, che vede la luce a inizio 2019.

Intervistato dal direttore Carlo Alberto Tregua, Corrado Passera, Chief Executive Officer di illimity Bank, risponde alle domande del QdS.

Su quali basi è nato il progetto di Illimity Bank?
“È un’idea che mi è venuta essenzialmente per due ragioni. L’assunto di partenza è che in Italia c’è un bisogno non soddisfatto, che è quello del credito alle piccole e medie imprese. Ovviamente non mi riferisco a quelle ormai consolidate e solide che le banche già oggi si contendono. Parlo innanzi tutto delle moltissime che possono crescere di più ma non sempre trovano i capitali per farlo. A seguire, ci sono le imprese che sono sempre andate discretamente ma che lungo il percorso hanno incontrato qualche ostacolo, diventando (usando il lessico bancario tradizionale) un ‘incaglio’ o, come si dice oggi, delle Utp (acronimo che sta per Unlikely to pay; tradotto, ‘Improbabile che paghi’). Molte di queste, se opportunamente supportate, possono rimettersi in binario e rilanciarsi. Infine, c’è il gruppo delle realtà che sono andate proprio male ma dalle quali c’è ancora qualcosa da recuperare: o un ramo aziendale, o degli immobili; insomma, un valore nascosto anche se in situazioni ormai irrecuperabili. In queste tre categorie si trovano una buona parte delle PMI italiane, che rientrano quindi nella mission della nostra banca e sono la ragione per la quale illimity è nata e si è sviluppata”.

In un settore, quello bancario, peraltro soggetto (come tutti, del resto, soprattutto negli ultimi tempi) a continue e repentine modifiche…
“Un concetto nel quale è racchiusa la seconda ragion d’essere di illimity. Come tutti i settori, anche quello bancario è interessato da profondi mutamenti connessi all’innovazione tecnologica, che consente di fare cose fino a ieri impensabili. Basti pensare alle nuove capacità di analisi dei dati o semplicemente al fatto che un cliente oggi può confrontarsi con il suo “banchiere” senza neanche tirare su la cornetta del telefono: è sufficiente collegarsi a Internet. Le tecnologie, insomma, sono arrivate a stravolgere il tipico modello di banca. Un campo, oltretutto, che oggi è letteralmente invaso da operatori di ogni settore. Una volta un istituto di credito subiva la concorrenza solo degli altri istituti. Oggi è un mondo totalmente aperto, nel quale entrano operatori dai settori più diversi: dalle telecomunicazioni alla grande distribuzione, dalle startup fintech alle grandi multinazionali tecnologiche. In più la politica monetaria ha abbassato i tassi, per consentire il rilancio dell’economia, ma questo, al contempo, ha stravolto i bilanci delle banche, comprimendone i margini. In questo contesto è un grande vantaggio poter costruire una banca da zero, facendo nascere qualcosa di totalmente diverso, sfruttando le nuove tecnologie e concentrandosi in rami in cui le banche tradizionali o non sono molto efficaci oppure non hanno proprio l’interesse a stare. Anche i sistemi di valutazione del credito devono essere trasformati: per le aziende più piccole, per esempio, possono essere poco significativi i bilanci storici mentre può essere più rilevante disporre dei dati della fatturazione elettronica. Poter seguire l’andamento della gestione delle aziende collegando i rispettivi sistemi informatici può garantire di più che un’ipoteca sul capannone”.

Una realtà nuova e in grande crescita

Dal punto di vista psicologico, il vostro intervento di costante tutoring costituisce motivo di tranquillità per l’imprenditore?
“Condividere le stesse informazioni serve ad entrambi. Anche quando si parte da situazioni molto difficili, lo spirito di illimity è identificare aziende potenzialmente risanabili che possono farcela a riprendersi. Quando, nel 2018, mi sono messo in testa di fondare una realtà come illimity avevo bisogno, ovviamente, di finanziatori. Così sono andato a Londra a presentare il mio progetto. Mi auguravo di raccogliere trecento milioni, sono tornato in Italia con in tasca esattamente il doppio. Con parte della somma abbiamo comprato Banca Interprovinciale a Modena, per avere subito la licenza bancaria, avviando l’iter autorizzativo con la Banca d’Italia che è stata molto rigorosa ma anche di supporto, comprendendo che stava prendendo forma una realtà con un paradigma del tutto nuovo. Quando siamo partiti, a inizio 2019, eravamo una cinquantina, oggi siamo quasi circa settecento illimiters provenienti da duecento organizzazioni diverse per un mix formidabile di competenze. A questi si aggiungono un certo numero di tutors: esperti esterni dei vari settori economici che ci aiutano a valutare, a indirizzare e a seguire le aziende che finanziamo. Ovviamente, però, per poter prestare, come tutte le banche, abbiamo bisogno anche dei depositi. Così due anni fa abbiamo lanciato la nostra banca diretta per le famiglie illimitybank.com che oggi conta cinquantamila clienti per oltre un miliardo di raccolta. Per accelerare lo sviluppo in ambito digital abbiamo, poi, comprato il cinquanta per cento di Hype, prima fintech italiana con oltre un milione e 400 mila clienti, facendo una joint venture 50/50 con Banca Sella. Oggi, il cinque per cento dei nostri clienti è della Sicilia, così come una cinquantina di nostri collaboratori. I risultati ci dicono che siamo sulla strada giusta: utile 2020 di 31,1 milioni di euro che contiamo di raddoppiare almeno nel 2021 puntando a 240 milioni nel 2025”.

Nei prossimi cinque anni in arrivo ulteriori 235 miliardi destinati soprattutto a digitale e green
Il Pnrr un’occasione strepitosa e unica. Evitare gli errori fatti con i fondi Ue
I soldi e i progetti ci sono: guardia alta contro eccessivi passaggi burocratici

Un tema di attualità è il Pnrr, del quale la prima tranche destinata all’Italia, 25 miliardi, è stata accreditata. Resta il fatto, però, che l’erogazione effettiva delle somme sia subordinata alla presentazione di progetti…
“Non solo, anche alla rendicontazione dell’avanzamento lavori. L’Italia, indipendentemente dal Pnrr, potrebbe avere a disposizione per investimenti pubblici ogni anno, tra fondi nazionali e fondi europei, circa duecento miliardi. Nei prossimi cinque anni ne arriveranno ulteriori 235, destinati prevalentemente al digitale e al green. Non ci sono mai state tante risorse a disposizione: dobbiamo affrettarci a elaborare i progetti relativi che, soprattutto nel mondo delle infrastrutture, sono spesso complessi. Ma molti sono già pronti da tempo, soprattutto in campo ferroviario. Quindi i cantieri possono finalmente partire. A volte, però, il tema non è tanto il progetto quanto il meccanismo di autorizzazioni, contenziosi e burocrazia che si innesca. Un problema a cui fin da subito questo Governo ha cercato di porre rimedio, in particolare attraverso i commissari plenipotenziari. Pensiamo al modello ponte di Genova: quel tipo di approccio è stato esteso a una cinquantina di infrastrutture con tutti i benefici del caso. Sarebbe una follia farsi sfuggire queste risorse: quando ero ministro io dovevamo ‘inventarci’ solo come e dove tagliare. Oggi, che le somme a disposizione sono ingenti, spenderle è un dovere. In un Paese dove c’è tanta gente senza lavoro, dire ‘non investiamo’ soldi che ci sono, griderebbe vendetta. E questa del Pnrr è un’occasione strepitosa e unica che non possiamo permetterci di farci scappare di mano: non deve accadere come spesso succede per i Fondi europei, che si perdano fondi stanziati a nostro favore a causa della mancanza di progetti o a causa di tempi troppo lunghi di realizzazione.

Un motto? “Si può”. Riflette anche il nome di illimity
Non prestare il fianco ai disfattisti del Paese
Servono convinzione, tenacia e caparbietà

Chiudiamo con un motto. Dovesse sceglierne uno, quale sarebbe quello di Corrado Passera?
“Mi rendo conto che possa apparire molto ‘Obamiano’, però sicuramente il mio motto fin da prima che Obama diventasse presidente è ‘Anche in Italia si può’. Lo dico sempre: non prestiamo il fianco ai disfattisti che sostengono che ‘in Italia tutto è impossibile’. Quando ci si mette con convinzione, competenza e caparbietà, si riesce a fare, eccome. Tra le mie esperienze professionali Poste Italiane ne è stato l’esempio più evidente ed eclatante. Nel 1998 l’allora ministro del Tesoro, Carlo Azeglio Ciampi, mi conferì l’incarico di Amministratore Delegato. Mi era stata affidata una realtà prossima alla liquidazione. In soli quattro anni, grazie alla collaborazione costruttiva di tutti gli attori coinvolti, azienda, dipendenti, sindacati e grazie a una profonda trasformazione tecnologica, oltre che culturale, è stata messa in atto una riorganizzazione interna, con fortissimi investimenti nella formazione, introducendo regole meritocratiche prima totalmente assenti. Una miscela che ha fatto sì che dal 2002 si raggiungesse per la prima volta il pareggio oltre a diventare uno dei migliori esempi di Poste in Europa, dalle peggiori che erano. Il motto, ‘Si può’” si riflette anche nel nome scelto per illimity che mira ad andare oltre i limiti imposti dal modo tradizionale di fare banca. Questo è sempre stato il mio leitmotiv, anche da ministro: nel 2012, per esempio, ho sostenuto fortemente il Decreto Crescita che prevedeva anche misure importanti per le start-up innovative. Risultato: dodicimila nuove aziende che danno lavoro a sessantamila persone”.

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