Dopo un anno come il 2020, i commercianti esprimono un timore: la gente si è disabituata a spendere nei negozi. Temiamo migliaia di nuovi disoccupati, con l’aggravante di una situazione locale addirittura stagnante.
Contrariamente a quello che è accaduto negli anni scorsi, per via della situazione straordinaria dovuta alla pandemia da Covid 19 e alle relative restrizioni, l’inizio dei saldi, quest’anno, non partirà in contemporanea per tutte le regioni italiane, vista l’impossibilità di spostamenti da una regione all’altra per motivi di shopping. In Sicilia l’avvio dei saldi di fine stagione è fissato per il 7 gennaio.
Secondo Unimpresa – Assoesercenti Sicilia quest’anno, a causa del delicato e complesso momento che sta attraversando il settore moda a seguito dell’emergenza e delle conseguenti restrizioni alle attività economiche, il periodo si prospetta critico.
Da sempre i saldi sono un volano d’affari
importante per l’economia e soprattutto un’opportunità per i consumatori, che sono invogliati
all’acquisto, agevolati dai prezzi ribassati. Di contro, grazie ai saldi, gli
esercizi commerciali incassano la liquidità necessaria per pagare tasse, dipendenti,
fornitori, affitti, costi fissi e utenze e sono in grado di far fronte agli
investimenti necessari per gli ordinativi delle nuove collezioni.
Ma esiste, comunque, un problema di fondo, evidenziato da Unimpresa – Assoesercenti settore Moda, che riguarda la concorrenza dei colossi del web, che ottengono nel nostro Paese grandi ricavi pagando bassissime tasse. Per cui occorre una web tax per poter operare sullo stesso mercato a parità di regole.
LE PAROLE DI UN NEGOZIANTE DEL SETTORE MODA
«Questi saldi ai tempi del Covid – afferma Salvo Crispi, operatore del settore abbigliamento e rappresentante di Unimpresa – Assoesercenti Settore Moda – saranno, a mio parere, ben diversi da quelli a cui siamo abituati.
Per molti consumatori saranno finalmente un’occasione per
gli acquisti necessari e per fare qualche “affare”, ma verranno vissuti con
tutte le limitazioni dovute alla pandemia e in
un clima di confusione e sconforto.
Per noi commercianti – prosegue Crispi – sarà necessario
organizzarci, come d’altronde abbiamo già fatto durante il periodo natalizio. Bisognerà svolgere
il proprio lavoro impegnandosi per evitare assembramenti, far rispettare
distanze e turni.
E intanto il calo delle vendite è stato enorme: le limitazioni allo shopping nei giorni festivi e prefestivi hanno causato danni ai negozi, che non hanno ricevuto alcun aiuto o risarcimento, avvantaggiando invece i colossi del web e favorendo gli acquisti on-line, dove fra l’altro gli sconti sono iniziati già da tempo».
LE STIME DI UNIMPRESA – ASSOESERCENTI
Unimpresa – Assoesercenti stima le previsioni economiche del periodo: oltre 1 miliardo in meno di incassi su tutto il territorio nazionale e spesa media prevista dai 90 ai 110 Euro a persona.
«Lo scenario non appare incoraggiante nemmeno per l’anno
appena partito. Bar, ristoranti, negozi di abbigliamento, hanno pagato un dazio
enorme anche in Sicilia e a Catania – afferma il Presidente di Unimpresa –
Assoesercenti Sicilia Salvo Politino -. Ora la zona rossa lascia aperte solo le
attività indispensabili. Chi trarrà beneficio
di questi saldi?
Dopo un anno come il 2020, i commercianti esprimono anche
un altro timore: ormai la gente si è disabituata a spendere nei negozi. Temiamo
migliaia di nuovi disoccupati, con l’aggravante di una situazione locale
addirittura stagnante. Che succederà se il commercio non riparte? – si
chiede Politino-.
Eppure
dal 7 gennaio la Sicilia potrebbe ritrovarsi in zona gialla. E i negozi, bar,
ristoranti e abbigliamento compresi, potrebbero lavorare. Il punto – sottolinea
il presidente Politino – è che senza un sistema di regole più chiaro nessuno
può programmare la propria attività imprenditoriale. Questo ping pong istituzionale
tra il Governo, la Regione e i comuni sta distruggendo i piccoli imprenditori.
Se non si propone una linea univoca di condotta non ci possono essere le
condizioni per consentire ai commercianti di resistere in questa guerra
chiamata pandemia».