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UniPa, rivoluzione tecnologica per lo sviluppo di microlaser

UniPa, rivoluzione tecnologica per lo sviluppo di microlaser
[UNIPA] Emanuele Marino

Al ricercatore Emanuele Marino un finanziamento dell’European research council per un progetto quinquennale che punta sullo studio dei nanocristalli

PALERMO – Prende il nome di “Refine2lase” il progetto di ricerca quinquennale, selezionato dall’Erc Starting Grant 2025 per un finanziamento da 2 milioni di euro, che si svolgerà all’Università di Palermo. L’Ateneo ha scommesso sulla ricerca e così sul contenimento della migrazione studentesca dopo la laurea magistrale. Nella recente “campagna acquisti” dell’Unipa c’è anche il professor Emanuele Marino, che nel 2022 ha fatto ritorno nel capoluogo siciliano da ricercatore e con alle spalle già la titolarità di due brevetti, un dottorato in Fisica all’Università di Amsterdam, sotto la guida di Peter Schall, ed un postdoc all’Università di Pennsylvania come ricercatore sotto la guida di uno tra i massimi esperti nello studio dei nanocristalli: Christopher B. Murray.

I fondi assegnati a “Refine2lase” ammontano a quasi 2 milioni di euro

Emanuele Marino, 34 anni, porta “a casa” i fondi per un laboratorio di ultima generazione che l’Università di Palermo sta già predisponendo, anche con acquisti di sofisticate attrezzature, per un progetto quinquennale dal quale potrebbe nascere una rivoluzione tecnologica di quelle che rappresentano vere e proprie pietre angolari. Il professore Marino è quindi un esperto in ricerca sui nanocristalli cresciuto sotto la guida del professore Murray, negli Stati Uniti, ed oggi è anche un ricercatore dell’Ateneo del capoluogo siciliano che dal prossimo anno – quando l’intero programma sarà pronto, laboratorio ed apparecchiature incluse – lavorerà ad un progetto di “microlaser colloidale” dal quale la tecnologia basata su nanocristalli potrebbe appunto fare un grande balzo in avanti. Dispositivi ancora inesistenti che potrebbero aprire prospettive inedite per la fotonica, l’optoelettronica e la sensoristica, anche in ambienti complessi. Come la storia insegna, nato un nuovo livello tecnologico altri ricercatori trovano modo per mettere in pratica teorie che prima erano irraggiungibili per mancanza di strumenti.

Professore Marino, il suo è un percorso professionale importante; cosa l’ha spinta a tornare in Italia accettando laproposta dell’Università di Palermo?
“Diciamo che io avevo sempre l’idea di tornare a Palermo ad un certo punto della mia carriera. Nel 2022 si è presentata l’opportunità con una posizione da ricercatore. Mia moglie è lituana, e da sempre avrebbe voluto vivere in Italia. Quindi di comune accordo abbiamo colto la palla al balzo”.

Lei crede nel potenziale dell’Università di Palermo nel campo della ricerca?
“Si. Penso che le persone che compongono l’UniPa abbiano un altissimo livello tecnico e la capacità di mettere in atto ricerche di altissimo livello anche con pochi strumenti”.

A Palermo lavorerà al progetto di microlaser colloidale; come funziona la titolarità del brevetto che verrebbe fuori a positivo esito della ricerca?
“Io ho già un paio di brevetti, uno raggiunto all’Università di Amsterdam, dove ho fatto il dottorato, ed uno all’Università della Pennsylvania, negli Stati Uniti, dove ho svolto la mia ricerca dopo il dottorato. La regola però dipende dallo statuto dell’Università. Tipicamente, i diritti vengono ripartiti tra autori ed istituzioni”.

In questo caso, Erc Starting Grant che finanzia con due milioni di euro non acquisisce diritti sulla ricerca?
“No. La chiamano ‘Blue skies research’, cioè ricerca pura. Quindi se c’é un risvolto applicativo, allora tanto di cappello. Ma non ci sono particolari limiti o vincoli sul finanziamento dell’Erc Starting Grant 2025”.

L’Ateneo ha annunciato la realizzazione di un laboratorio di ultima generazione per lo studio delle nanotecnologie, di cosa si tratta e dove sorgerà?
“Verrà fondato all’interno del dipartimento di Fisica e Chimica, in particolare nel plesso di via Archirafi. Noi abbiamo tre plessi, due nel campus di viale delle Scienze ed uno quello storico di via Archirafi dove noi abbiamo base. Qui sorgerà un laboratorio con più stanze che ospiteranno questo progetto”.

Quindi verrà implementato anche il team che la coadiuverà nella ricerca?
“Esattamente. Al momento l’idea è di acquisire due dottorandi ed anche due ricercatori postdoc. Quindi in questo secondo caso parliamo di due ricercatori che hanno già terminato il proprio dottorato e vogliono continuare a fare ricerca”.

Quattro ricercatori che si aggiungono ad un team attualmente composto da quante persone?
“In questo momento sotto la mia diretta supervisione ho un’unica dottoranda, che ha cominciato il suo dottorato l’anno scorso ed il cui progetto è co-finanziato dal Ministero e da una start-up olandese”.

Può spiegarci, in modo comprensibile anche ai non addetti ai lavori, cosa sono i microlaser colloidali e quali possono essere le applicazioni pratiche di domani?
“Premetto che quello dei microlaser è una particolare applicazione che ho scelto per il progetto, così da dare un risvolto pratico alla ricerca, ma la ricerca in se è molto più a largo spettro. L’idea generale è che se il progetto dovesse andare a buon fine si potrebbero aprire tutta una serie di applicazioni. Alcune che oggi magari possiamo anche immaginare, ma altre oggi non ipotizzabili perché eventuali ulteriori proprietà non sono ancora emerse”.

Ci troviamo quindi davanti alla possibilità di uno di quei grandi salti da cui si aprono risvolti inaspettati?
“Sì, direi di sì. Le nanotecnologie sono emerse all’incirca una trentina di anni addietro. Immagini dei mattoncini molto, molto piccoli, diecimila volte inferiori allo spessore di un capello. Questi mattoncini, a causa delle dimensioni ridotte hanno tutta una serie di proprietà fisiche molto interessanti. Riescono ad esempio ad assorbire ed emettere luce in maniera particolare, ed infatti vengono utilizzati nei televisori con tecnologia ‘quantum dot’, i cosiddetti Qled, che sfruttano nanoparticelle di semiconduttore. Negli ultimi trent’anni abbiamo scoperto queste proprietà ed anche come ‘maneggiarle’, solo che gli odierni processi di sintesi raggiungono un prodotto non ben definito nelle sue nano dimensioni”.

Qual è il potenziale della fotonica applicata alla tecnologia che ci circonda già oggi?
“Il potenziale è estremamente elevato, nel senso che si può parlare ad esempio di computer, microprocessori, dispositivi in grado di fare dei calcoli quindi, non più basati sugli elettroni quali veicolo delle informazioni ma sulla luce. Quando si parla di computer quantistici si parla sostanzialmente di questo”.

Questa ricerca potrebbe rivoluzionare anche il mondo dell’energia rinnovabile?
“Assolutamente sì. Perché questi nanocristalli, di materiale semiconduttore, hanno la particolarità che a secondo della loro dimensione hanno l’elevata capacità di assorbire la luce di un certo colore e convertirla in un colore diverso. Quindi, se si immagina di utilizzare questi materiali per celle solari, potremmo riuscire ad assorbire con più efficienza i colori dello spettro solare e poi convertirli in un colore che può essere assorbito da una cella comune, ad esempio al silicio, in maniera ideale”.