La Classifica Censis delle Università italiane, edizione 2025/2026, riserva sorprese buone e cattive per la Sicilia: l’ateneo catanese, pur rimanendo nella fascia più bassa dei grandi atenei statali, guadagna ben 5 posizioni; quello palermitano, invece, si classifica al terzultimo posto tra i mega atenei statali italiani.
La classifica Censis, giunta alla sua 25esima edizione, è ormai diventato uno strumento fondamentale “a supporto dell’orientamento di migliaia di studenti pronti a intraprendere la carriera universitaria”. L’immagine che viene fuori degli atenei siciliani, purtroppo, non è delle più rosee. Ci sono comunque dei segnali di miglioramento che sarebbe poco oggettivo non notare e mettere in evidenza.
Censis 2025, la posizione delle università della Sicilia
Il sistema di valutazione Censis – qui il resoconto 2025/2026 – si basa su una serie di criteri che vanno dalle strutture universitari ai servizi erogati, dal livello di internazionalizzazione all’uso degli strumenti di comunicazione, fino alle opportunità di impiego.
Tra i mega atenei con oltre 40mila studenti in Sicilia figura solo l’Università di Palermo, che però occupa solo la terzultima posizione della classifica con 82,3 punti e tre posizioni in meno rispetto all’ultima edizione. A pesare è l’ultima posizione sul fronte dell’occupabilità e il punteggio nel campo dei servizi (73 punti contro gli 88 della prima posizionata, l’Università di Pisa).
Nella classifica dei grandi atenei ci sono l’Università di Catania e quella di Messina. L’ateneo della città dello Stretto ottiene la penultima posizione, con un punteggio di poco superiore all’ultima classificata (l’Università della Campania). Anche in questo caso pesa e non poco l’indice di occupabilità: con un punteggio di 67, infatti, l’Università messinese è ultima tra i grandi atenei nella classifica Censis 2025/2026; allo stesso modo, l’Unime occupa l’ultimo posto per il criterio “strutture”.
L’Università di Catania guadagna invece posizioni, ma permangono alcune difficoltà: la terzultima posizione nel campo “strutture” e un semplice 72 nel campo servizi sono degli esempi.
Tuttavia, occorre sottolineare un risultato positivo per gli atenei siciliani: le università di Palermo, Catania e Messina hanno ottenuto punteggi di tutto rispetto nel campo “comunicazione e servizi digitali“. L’ateneo palermitano, con un 99, è terzo tra i mega atenei; nella classifica dei grandi atenei, invece, Unict e Unime brillano a pari punti con un 105 e occupano la terza e la quarta posizione rispettivamente. I primi due atenei classificati – le università di Parma e Perugia – hanno solo pochi punti in più, appena 3. Un segno che le università siciliane – tra alti e bassi – credono nella digitalizzazione.
La posizione della Kore di Enna
Nella classifica Censis 2025/2026 figura una quarta università siciliana, tra gli atenei non statali. Si tratta della Kore di Enna, che nella classifica generale dei piccoli atenei non statali occupa la settima posizione (su 10 atenei considerati). Pesa l’ultima posizione nel campo dell’internazionalizzazione, seppur controbilanciata da una più che dignitosa terza posizione per il criterio strutture.
Limiti, sfide e confronti
I limiti delle università siciliane – in base alla classifica Censis – sembrano abbastanza evidenti: occupabilità bassa, strutture non eccezionali (eccezione per Palermo, che in questa classifica occupa un’ottima seconda posizione), servizi migliorabili sotto molti fronti. Nella classifica Censis, la differenza tra le università del Nord e quelle del Sud è piuttosto marcata: tra i mega atenei, infatti, le ultime tre posizioni sono occupate proprio dai tre rappresentanti del Sud – Università di Palermo, Università di Bari e Università Federico II di Napoli – e tra quelli grandi, nonostante il primo posto dell’Università della Calabria, la parte bassa della classifica vede protagonisti principalmente atenei del Sud (comprese le due università siciliane della categoria).
C’è però una spiccata attenzione alla comunicazione in tutti gli atenei siciliani, così come sono notevoli gli sforzi per integrare l’offerta formativa con master e specializzazioni in settori moderni e con alto indice di occupati, dalla transizione energetica alle discipline STEM. Un elemento che – assieme agli sforzi dei rettori e di chi investe nella formazione siciliana – fa ben sperare per il futuro prossimo, nonostante il quadro presentato dal report Censis.
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