I dati diffusi da Federconsumatori – Isscon non lasciano molte interpretazioni: studiare in Sicilia è più conveniente che farlo al Nord Italia, dove le tasse degli atenei sono in media il 28% più elevate. Se a Palermo e Catania si pagano cifre leggermente inferiori rispetto alla media nazionale, di contro ci sono le minori esenzioni alle quali gli studenti possono fare riferimento, con una “no tax area” che sotto l’Etna si ferma a 22.000 euro di ISEE e a Palermo arriva a 25.000 euro.
Va meglio all’Università degli Studi di Messina: qui per gli studenti al primo anno, l’unico requisito per non pagare le tasse è avere un ISEE inferiore o uguale a 28.000 euro. In tutti gli atenei le tasse variano anche in base alla facoltà: i corsi di area scientifica risultano mediamente più costosi rispetto a quelli umanistici (+0,51% – +4,74%).
L’Università di Milano la più costosa d’Italia
L’ultima indagine dell’O.N.F. – Osservatorio Nazionale Federconsumatori, realizzata con la collaborazione della Fondazione Isscon, ha evidenziato come l’Università di Milano sia l’ateneo pubblico più costoso d’Italia. Mediamente, gli atenei del Nord Italia risultano più onerosi rispetto alle altre macroaree del Paese: le cifre superano del 28% l’importo medio rilevato negli atenei del Sud e del 15% quello delle università del Centro.
Per garantire un confronto omogeneo, il rapporto ha considerato le principali università di Lombardia, Piemonte, Veneto, Emilia-Romagna, Toscana, Lazio, Campania, Puglia e Sicilia. Le tasse universitarie sono suddivise in cinque fasce di reddito basate sull’ISEE: Prima fascia: ISEE fino a 6.000 euro; Seconda fascia: ISEE fino a 10.000 euro; Terza fascia: ISEE fino a 20.000 euro; Quarta fascia: ISEE fino a 30.000 euro; Quinta fascia: Importo massimo applicato dagli atenei.
Tra le università tradizionali, l’Università di Milano ha superato quella di Pavia come ateneo più costoso, con un importo medio di 3.808,56 euro l’anno. Per le facoltà umanistiche la cifra si attesta a 3.360 euro, mentre per i corsi di laurea scientifici raggiunge i 4.257,12 euro. Seconda in classifica l’Università di Pavia, con una media di 3.343 euro per le facoltà umanistiche e 4.141 euro per quelle scientifiche.
Sul terzo gradino del podio si colloca l’Università del Salento, dove le rette arrivano a 3.000 euro annui per tutte le discipline. A seguire ci sono poi l’Università di Torino, con una media di 2.966,00 euro e La Sapienza di Roma, dove è necessario sborsare 2.424,00 euro per le facoltà scientifiche.
Le università telematiche entrano nell’indagine
Novità del report 2025 è l’introduzione del monitoraggio dei costi delle università telematiche, un settore in forte crescita. Grazie ai dati dell’Osservatorio sulle Università Telematiche di AteneiOnline.it, emerge che i costi delle lauree online, escluse agevolazioni e convenzioni, variano tra i 2.000 e i 4.290 euro annui.
Le università online stanno diventando sempre più popolari, superando il 10% della popolazione universitaria totale. Tra il 2019 e il 2024, gli iscritti sono aumentati da 140.000 a 265.831. I costi annuali variano tra 2.000 e 4.290 euro, a seconda dell’ateneo. Tra le più economiche troviamo Uninettuno (2.000 euro) e Unimarconi (2.250 euro), la più costosa resta per distacco la eCampus (4.290 euro). Qui, a differenza delle università tradizionali, le rette non variano in base all’ISEE.
A differenza degli atenei tradizionali, dove le tasse universitarie sono calcolate in base all’ISEE, nelle università telematiche le rette sono fisse. Anche in questi istituti sono previste agevolazioni per alcune categorie, come donne in gravidanza, membri delle Forze Armate e dipendenti della pubblica amministrazione. I costi effettivi medi, comprensivi di sconti e convenzioni, oscillano tra i 1.500 e i 3.000 euro annui.
No tax area e agevolazioni insufficienti a colmare il divario con l’Europa
Per favorire l’accesso agli studi, il sistema universitario pubblico italiano prevede la cosiddetta “no tax area”, introdotta nel 2017 e aggiornata negli anni successivi. Gli studenti con un ISEE inferiore a 22.000 euro possono beneficiare di un’esenzione quasi totale dalle tasse universitarie, mentre per chi ha un ISEE compreso tra 22.000 e 30.000 euro è prevista una riduzione delle rette. Alcuni atenei hanno ampliato ulteriormente la soglia di accesso alla no tax area, arrivando a includere studenti con ISEE superiore del 30% rispetto alla soglia nazionale.
Nonostante queste misure, il sistema italiano resta lontano dagli standard europei. In molti Paesi dell’Unione le università pubbliche offrono corsi gratuiti o con tasse molto più basse. Questo divario si riflette nel numero di laureati: nel 2023, solo il 30,6% dei giovani italiani tra i 25 e i 34 anni possedeva una laurea, contro una media UE del 43,1%. La carenza di laureati incide anche sull’occupazione: il divario tra chi ha un titolo di istruzione terziaria e chi si è fermato al diploma è di 11 punti percentuali.
Studiare costa troppo: le spese per studenti in sede, pendolari e fuori sede
A pesare sulle famiglie italiane non sono solo le tasse universitarie, ma anche i costi aggiuntivi legati alla vita universitaria. L’indagine condotta da Federconsumatori e UDU nel 2024, con il supporto della Fondazione Isscon, ha rivelato che il costo annuo per mantenere uno studente universitario varia notevolmente: 9.379 euro per chi studia in sede; 10.293 euro per uno studente pendolare; 17.498 euro per uno studente fuori sede.
Queste cifre includono tasse universitarie, alloggio, pasti, trasporti urbani ed extraurbani, materiale didattico, attività sociali, ricreative e sportive. Il caro-alloggi, in particolare, è diventato un ostacolo insormontabile per molti studenti, aggravato dall’aumento degli affitti brevi a scopo turistico.
Il tasso di abbandono universitario in Italia è in crescita: nel 2021 ha raggiunto il 14,5%, secondo i dati ANVUR, e la tendenza non sembra destinata a invertirsi. L’accesso all’istruzione superiore è sempre più limitato dalle difficoltà economiche, con un supporto pubblico ancora insufficiente in termini di borse di studio, residenze universitarie e sussidi. È necessario un intervento strutturale che garantisca il diritto allo studio e rimuova gli ostacoli economici, affinché l’università non sia più un lusso per pochi ma un’opportunità accessibile a tutti.
Il rapporto evidenzia la crescente disparità nei costi universitari in Italia, con un divario tra Nord e Sud e un ruolo sempre più rilevante delle università telematiche. Le agevolazioni per reddito e merito restano fondamentali per garantire equità di accesso agli studi. Tuttavia, confrontando i costi italiani con le opportunità offerte in Europa, emerge la necessità di ulteriori interventi per rendere l’università più accessibile a tutti.

