Uno scontro tra "due magmi", ecco perché lo Stromboli esplode - QdS

Uno scontro tra “due magmi”, ecco perché lo Stromboli esplode

redazione

Uno scontro tra “due magmi”, ecco perché lo Stromboli esplode

lunedì 16 Marzo 2020

Studio realizzato dall'Ingv in collaborazione con le Università La Sapienza di Roma, del Queensland (Australia) e col Natural History Museum di Londra.

CATANIA – Una delle principali cause delle violenti eruzioni esplosive dello Stromboli è “l’interazione di due magmi: uno molto caldo che si trova a profondità massime di dieci chilometri” che “risale all’interno della crosta per poi entrare in contatto quello più freddo che si trova a meno di tre chilometri di profondità”. E’ quanto emerge da uno studio dei sali minerali eruttati dal vulcano dell’arcipelago delle Eolie, pubblicato dalla rivista Lithos, realizzato dall’Ingv in collaborazione con le università La Sapienza di Roma, del Queensland (Australia) e col Natural History Museum di Londra.

La ricerca ha riguardato, in particolare, i prodotti delle eruzioni dello Stromboli dal 2003 al 2017, e principalmente i pirosseni (minerale magmatico che ha la peculiarità di registrare i processi che avvengono all’interno della crosta), e ha importanti ripercussioni sulla comprensione dei meccanismi delle esplosioni dell’estate del 2019. “I pirosseni rinvenuti nei prodotti dell’esplosione avvenuta il 5 aprile 2003 – spiega Piergiorgio Scarlato, vulcanologo e responsabile del Laboratorio Hpht dell’Ingv – mostrano che questo processo di interazione è stato molto più veloce rispetto alle eruzioni successive che sono avvenute fino al 2017; questo significa che la geometria e la forma della camera magmatica che si trova sotto il vulcano hanno iniziato a cambiare nel tempo, in accordo con il fatto che i pirosseni hanno registrato un processo di interazione tra i due magmi molto meno evidente”.

I ricercatori hanno inoltre scoperto che le eruzioni del periodo che va dal 2003 al 2017 sono collegate ad un sistema magmatico superficiale molto più caldo di quello del passato. “Questa ulteriore scoperta – sottolinea Scarlato – probabilmente è in relazione con le esplosioni avvenute la scorsa estate a Stromboli. Per questo motivo il nostro team sta ora studiando i prodotti vulcanici eruttati nell’ultimo anno, allo scopo di comprendere se il sistema di alimentazione dello Stromboli si sia ulteriormente modificato”.

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