PALERMO – Mettendo a confronto alcune delle ultime indagini statistiche, la Sicilia e, più in generale, il Sud non sembrano godere di ottima salute per quanto riguarda la qualità della vita, l’economia, il tasso di occupazione, la povertà. In base allo studio di ItaliaOggi sulla qualità della vita in 107 province italiane, nessuna di quelle siciliane occupa i primi posti. Promossa da ItaliaOggi e Ital Communications, la classifica è stilata sulla base di 92 indicatori, suddivisi in nove macro-categorie: affari e lavoro, ambiente, istruzione e formazione, popolazione, reati e sicurezza, reddito e ricchezza, sicurezza sociale, sistema salute, turismo intrattenimento e cultura. “Tra le nove categorie analizzate, la Sanità è quella che ha inciso di più sul risultato finale. Nel 2025 quasi tutte le province italiane registrano un incremento di punteggio: un miglioramento medio superiore ai 150 punti rispetto all’anno precedente. È un dato trasversale, che non riguarda solo il Nord. In molte regioni del Centro e del Sud crescono – seppur di poco – i posti letto, migliorano i tempi d’attesa, si potenziano le reti di prossimità”. Restano invece in difficoltà Caltanissetta, Trapani, con valori molto distanti dalla media nazionale.
Il divario Nord-Sud, in quasi tutti campi, non scompare
Il divario Nord-Sud, in quasi tutti campi, non scompare e “si sposta all’interno del Sud stesso, dove emergono differenze profonde tra poli dinamici e territori bloccati. È una nuova forma di polarizzazione, meno geografica e più socioeconomica”. Su quasi tutti i nove parametri, il quadro dell’Isola resta sconfortante: nove province su nove si collocano negli ultimi venti posti. Dopo Ragusa (78ª), prima siciliana, e Messina (90ª), la classifica prosegue con Trapani (91ª), Enna (96ª), Palermo (99ª), Catania (100ª), Siracusa (102ª), Agrigento (103ª) e Caltanissetta, che chiude la graduatoria al 107° posto. Il dato conferma una fragilità strutturale: la Sicilia resta uno dei territori con la peggiore qualità ambientale e le maggiori difficoltà socio-economiche del Paese, insieme alla Calabria. “Il rallentamento economico degli ultimi mesi, l’inflazione che continua a erodere il potere d’acquisto e il costo della vita in crescita penalizzano soprattutto le aree urbane e i ceti medi. Province come Milano, Bologna e Firenze restano in testa per redditi medi”. Nel complesso, però, la tendenza è sempre la stessa con la maggior parte delle province del Nord e del Centro che popolano la top 20 – Ragusa unica eccezione – e le fasce più basse della classifica occupate da quelle del Sud. Il condirettore di ItaliaOggi, Marino Longoni, sottolinea come “le grandi città del Centro-Nord mostrino una forte resilienza, mentre nel Sud si allargano le aree di disagio sociale e personale”. Per Attilio Lombardi, founder di Ital Communications, l’indagine offre “un quadro utile a comprendere criticità e potenzialità dei territori, ma soprattutto la necessità di migliorare la qualità della comunicazione pubblica”.
Tre punti chiave secondo Alessandro Polli
Alessandro Polli, docente di Statistica economica e Analisi delle serie storiche all’Università La Sapienza, evidenzia “tre punti chiave: frattura crescente tra Centro-Nord e Mezzogiorno; difficoltà strutturali delle province meridionali, aggravate dalla scarsità di risorse; leadership consolidata delle realtà settentrionali”. Per quanto concerne, più specificamente la Sicilia, la provincia di Palermo si posiziona al novantanovesimo posto su 107 peggiorando il risultato del 2024, che aveva visto il capoluogo siciliano posizionarsi al novantottesimo. Un dato altrettanto preoccupante è che nelle posizioni 105 e 107 ristagnano due città siciliane, Agrigento e Caltanissetta. Palermo e Catania si piazzano ultime nella sezione “Qualità ambientale” con un punteggio rispettivamente di 6 e di 0 contro un punteggio di 357 di Ragusa, di 313 di Trapani e di 853 di Milano. Occorre sottolineare che la dimensione dell’ambiente è articolata in due sottodimensioni: “quella negativamente associata alla qualità della vita comprende indicatori di impatto ambientale, mentre nella sottodimensione positiva figurano anche variabili il cui andamento può essere messo in relazione con le azioni degli amministratori locali”. Pertanto, impatto ambientale e azioni degli amministratori locali incidono in maniera negativa sia a Catania come a Palermo. Anche dal punto divista dell’istruzione le province siciliane non stanno benissimo con un punteggio che non supera i 160 e che scende addirittura a 8 a Caltanissetta.
Palermo in fondo alla classifica
Non brilla Catania (143) e ancor meno Palermo (113) se paragonati ai 930 di Milano. Per quanto riguarda la Salute Catania raggiunge quota 819 mentre invece sta malissimo Agrigento (277). Per turismo e cultura è Enna il fanalino di coda con 0 punti, mentre Catania raggiunge 316 punti e Palermo 355. A commentare il dato di Palermo è stata la segretaria generale Cisl Palermo Trapani Federica Badami: “Come sempre purtroppo nonostante le sue tante potenzialità, troviamo la città di Palermo in fondo alla classifica sulla qualità della vita. Il novantanovesimo posto su 107, non fa che confermare quanto sia necessario lavorare insieme affinché questa città superi i suoi tanti limiti, dalla criminalità e violenza cittadina, al degrado sociale e culturale, all’atteso sviluppo economico, per migliorare la qualità della vita dei cittadini”. Se a tutto questo si aggiunge che: secondo i dati di Bankitalia il tasso di disoccupazione si è confermato nell’Isola su livelli doppi rispetto al dato italiano mentre la crescita industriale è in rallentamento; secondo i dati di Caritas Italiana, per la persistenza delle difficoltà economiche, sono 12.351 le persone accolte nei 182 centri d’ascolto delle 17 diocesi della Sicilia, pari al 4,4% del campione nazionale.
Ogni anno vanno via tantissimi giovani dal Sud
La maggior parte è di origine italiana (71,9%), con una prevalenza femminile del 54,9% e un evidente legame tra violenza sulle donne e impoverimento; secondo il rapporto Censis – Confcooperative”, divulgato il 12 novembre, ogni anno se ne vanno dal Sud 134.000 studenti e 36.000 laureati. Una fuga dei cervelli che costa oltre 4 miliardi e che interessa anche la Sicilia: quasi tutti gli atenei siciliani hanno visto diminuire il numero degli iscritti. Il numero di immatricolati di Sud e Isole che scelgono atenei del Centro-Nord si mantiene su livelli elevati. “Una perdita economica di 157 milioni di euro evaporati dalle casse degli atenei meridionali. Risorse che si materializzano altrove, nelle università del Centro-Nord, dove rette più salate (2.066 euro contro i 1.173 del Sud) hanno fruttato 277 milioni di incassi”. In sintesi: il Sud paga di più per vedere partire i propri figli.
“Un trasferimento di ricchezza che risale dal Sud prendendo la strada del Nord” – sottolinea Maurizio Gardini di Confcooperative -. “È una perdita sociale, economica, demografica, culturale. Un depauperamento silenzioso di risorse che svuota interi territori. Un pezzo della futura classe dirigente che se ne va, lasciando dietro di sé interrogativi sul destino del Mezzogiorno”.
Pina Travagliante
Professore ordinario di Storia del pensiero economico presso l’Università degli Studi di Catania

