Il 23 febbraio del 2007 scrissi l’editoriale “Il Governo di Mario Monti”. Il 9 novembre del 2011 il professore Mario Monti – nominato senatore a vita dal Presidente della Repubblica Giorno Napolitano – giurò insieme ai suoi ministri davanti allo stesso Capo dello Stato, dando vita al sessantunesimo Esecutivo dal dopoguerra.
Presentatosi alle Camere ottenne la fiducia col più alto numero di voti favorevoli mai avuti da un Governo. Cosicché, potè iniziare quell’opera di bonifica di tutte le malefatte precedenti con una rapidità incredibile, proprio perché fu chiamato a salvare l’Italia dal secondo fallimento, dopo quello del 1992 (quando il Governo Amato prelevò lo 0,6 per cento dai conti correnti di cittadini e imprese italiani).
Monti fece approvare la riforma delle pensioni dalla sua ministra, la professoressa Elsa Fornero, riforma che ancora oggi resiste alle tentazioni dei successivi Governi di modificarla; poi rimise i conti in ordine, ma soprattutto riacquistò la fiducia del mondo occidentale e non solo, che solo una personalità adamantina come quella di Mario Monti poteva ottenere.
Di questo e di altro ho parlato con il Professore nel cordialissimo colloquio di martedì scorso, durante cui ho raccolto il suo punto di vista sull’attuale situazione politico-economica e sociale, di cui vi diamo conto nel Forum pubblicato all’interno di queste pagine.
Monti ha dato atto al Governo di Giorgia Meloni di avere messo a posto i conti, il che non è poco, e che sta facendo funzionare la situazione congiunturale. Ma, ha osservato il Professore, Meloni non ha ancora affrontato le questioni strutturali e cioè quelle più rognose, che riguardano la prevalenza delle lobbies egoiste che tirano il lenzuolo dal proprio lato, scoprendo così tutti i lati che riguardano l’interesse generale.
Sarebbe necessario, perciò, ripristinare il primo principio etico caro ad Adenauer e De Gasperi, secondo cui gli statisti non guardano l’oggi, ma puntano lo sguardo sul domani e il dopodomani; non inseguono il consenso giorno per giorno e sono disponibili, alla fine della legislatura, a non essere rinnovati in quanto non graditi a coloro i quali hanno tolto i privilegi.
Dunque, occorre far prevalere l’interesse generale di tutti e tutte, facendo arretrare quelli di parte.
Un breve elenco di queste parti egoiste riguarda la finanza, le concessioni balneari, i tassisti, i costruttori che monopolizzano e consumano terreno e mercato e altri.
Una Comunità ha bisogno di un Governo e di un Parlamento che si occupino del futuro, per dare la possibilità ai giovani di trovare un tessuto economico e sociale in cui infondere le proprie energie e recettivo di nuove idee e di nuove capacità.
Ed è proprio questa la carenza del nostro ceto politico che, come prima si scriveva, continua a guardare il giorno che trascorre da mattina a sera e forse l’indomani. Ma lo sguardo non va oltre e quando non si guarda al futuro, non si costruisce il futuro.
Ecco, se possiamo riaffermarlo, nonostante la giovanile età di Mario Monti (ottantadue anni, due in meno di quelli del Presidente Mattarella e tre in meno dei miei), auspichiamo che le sue indicazioni possano mettere in moto quei progetti strutturali che farebbero crescere il nostro Paese in maniera adeguata, per diventare competitivo.
Quali possono essere questi piani strutturali? Innanzitutto limare la spesa corrente di una cinquantina di miliardi, conseguente proprio all’eliminazione totale o parziale dei privilegi carnivori di tanti che lucrano sul tessuto economico del nostro Paese. Questi miliardi dovrebbero essere destinati alla spesa per investimenti in infrastrutture, materiali e immateriali. Soprattutto queste ultime hanno bisogno di ingenti risorse, perché sono il carburante del futuro. Chi non investisse in progetti immateriali non avrebbe futuro.
L’altro intervento strutturale è quello sulla macchina pubblica di Stato, Regioni e Comuni, che in atto non funziona. Essa non solo è enormemente costosa in rapporto ai risultati mediocri e modesti, ma inceppa anche le attività economiche con procedure farraginose che non fanno funzionare i meccanismi del Paese.
L’introduzione del merito e della capacità di produrre risultati farebbe fare un decisivo passo avanti allo sviluppo della nostra bella Italia.

