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Uno sviluppo economico che punti sull’inclusività

Uno sviluppo economico che punti sull’inclusività
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Ricostruire un nuovo modello di sviluppo economico, sociale, culturale

Segue dal QdS del 6/11/2024

Lo studio approfondito della Dottrina sociale della chiesa mi aiutò a consolidare una visione sullo sviluppo socio economico in forte contrasto con il pensiero allora dominante che era quello del capitalismo finanziario. I miei studi dei grandi economisti classici, da quelli antichi (Albertano da Brescia, Benedetto Cotrugli), a quelli moderni (Cattaneo, Ricardo, Marshall, Keynes) avevano radicato in me il pensiero che un buon sviluppo economico deve essere inclusivo, porre al centro la dignità della persona e del lavoro, il rifiuto dell’economicismo, l’economia al servizio dell’uomo e del lavoro e non del capitale, il passaggio da un’economia del capitale ad un’economia imprenditoriale, il mercato come strumento fondamentale ma non come fine.

Non era facile sostenere questa visione in quegli anni Ottanta e Novanta in cui aveva assunto in tutte le Università, compresa la Bocconi, il dominio assoluto il perverso pensiero della scuola di Chicago che poneva al centro di tutto il capitale finanziario e il monetarismo e la demenziale teoria che l’impresa doveva pensare solo al profitto per i suoi azionisti e ignorare ogni altra esigenza e prospettiva. Chi sosteneva una visione diversa, a favore di uno sviluppo equilibrato ed inclusiva (in Bocconi eravamo praticamente in due, io e il prof. Vittorio Coda) era considerato una sorta di idealista sorpassato. Eravamo alla ricerca di filoni di pensiero che potessero sostenere il nostro approccio. Trovammo molte vicinanze con l’Economia Sociale di Mercato di matrice tedesca (scuola di Friburgo) che Adenauer ed Erhard avevano reso cardine e guida della rinascita tedesca. Sarebbe tuttavia fuorviante considerare l’Economia Sociale di Mercato come un filone di pensiero a sé stante. In essa confluiscono altri filoni di pensiero; ed i legami e le analogie con altri studiosi, paradigmi, Paesi, epoche sono tanti e affascinanti. Per tanti aspetti si può si può collegare l’Economia Sociale di Mercato di matrice tedesca con l’opera di due grandi pensatori italiani, Luigi Einaudi e Luigi Sturzo, che non appartengono alla Scuola di Friburgo, ma hanno con la stessa posizioni largamente coincidenti e che furono legati da rapporti di grande stima verso Erhard e Röpke, in particolare, che contraccambiarono. Ma per tanti aspetti potremmo collegarci con Carlo Cattaneo, con Antonio Rosmini, con l’illuminismo lombardo, con l’illuminismo napoletano, con le stagioni dell’Economia civile (che saranno così bene indagate e riprese da Bruni e Zamagni), la cui età dell’oro si colloca nell’Italia del Quattrocento.

Concludendo un intervento su “Responsabilità dell’imprenditore” io stesso scriverò: “È nella nostra storia che dobbiamo trovare le radici vere dell’impresa del terzo millennio. Dobbiamo liberarci dei pestilenziali modelli americani, culturalmente e moralmente devastanti, che abbiamo rifilato a molte generazioni per quasi cinquant’anni. E riprendere, invece, i modelli dell’impresa toscana, lombarda, genovese, veneziana, quando l’imprenditore italiano era ai vertici mondiali ed insieme creava modelli di città, di benessere serio, di convivenza civile. Andiamo a Siena a riflettere come i grandi lanaioli e mercanti senesi abbiano, al contempo, creato grande ricchezza ed una grande cattedrale, un grande palazzo del popolo, una grande banca, un grande ospedale, Santa Maria della Scala, organizzazione esemplare per tutta Europa. Siena è la testimonianza viva che non esiste conflitto tra buona economia imprenditoriale e umanesimo civile, in uno sforzo continuo per tenere insieme economia, finanza, buon governo, arti, spiritualità, istituzioni sociali. Andiamo a riflettere sugli affreschi di natura civile sul Buongoverno di Ambrogio Lorenzetti e di natura religiosa di Santa Maria della Scala. Il progetto ‘welfare’ non nasce nell’Ottocento o nel Novecento ma nasce lì, quando istituzioni produttive (imprese), opere di assistenza sociale, cultura si saldano in un patto di buongoverno che dona frutti meravigliosi, dei quali ancora oggi beneficiamo. La responsabilità prima degli imprenditori è, oggi, quella di collaborare all’uscita da una concezione economica fine a sé stessa che si è cacciata in un vicolo cieco e senza speranza, per ricostruire un nuovo modello di sviluppo economico, sociale, culturale, riaprendo ed aggiornando tanti esempi, stimoli, insegnamenti dei quali la nostra storia è così ricca”.

Continua…