BOLOGNA – Quattro uova fossili di razza di mare risalenti a cinquanta milioni di anni fa, le prime mai documentate, sono state individuate da un gruppo di ricercatori impegnati nel restauro di un reperto conservato al Museo geologico Giovanni Capellini dell’Università di Bologna.
La scoperta, riportata sulla rivista Journal of Vertebrate Paleontology, è avvenuta mentre gli studiosi erano impegnati nel restauro di alcuni fossili parzialmente danneggiati dal terremoto che ha colpito l’Emilia nel 2012. Analizzando con una luce ultravioletta un reperto che custodisce l’immagine di una razza di mare vissuta nell’Eocene, i ricercatori hanno notato quattro piccole uova in corrispondenza dell’area dove si trovava l’utero dell’animale.
“È la prima volta – ha spiegato il ricercatore dell’Università di Bologna Federico Fanti, uno degli autori dello studio – che vengono trovate uova fossili di batoidi, il gruppo di pesci a cui appartiene la razza, ancora nel corpo della madre. Questa scoperta ci mostra come le stesse strategie riproduttive che osserviamo nelle specie attuali fossero già presenti negli ecosistemi di cinquanta milioni di anni fa”.
Il fossile da cui è nata questa scoperta, come riferito da Alma Mater, è stato rinvenuto quasi duecento anni fa nell’area di Bolca, una località in provincia di Verona nota per essere tra i più importanti siti paleontologici al mondo. La ricchezza di testimonianze fossili presenti in quella zona, anticamente coperta dalle acque, testimonia la rinascita degli ecosistemi marini dopo la grande estinzione di massa del Cretaceo quando, 65 milioni di anni fa, scomparvero circa tre quarti delle specie animali e vegetali presenti sul nostro pianeta, inclusi i dinosauri.
“Lo studio su questo fossile – ha aggiunto Giuseppe Marramà, co-autore dello studio – fa parte di un ampio progetto di ricerca che ha l’obiettivo di documentare proprio il ricco ecosistema che animava l’area di Bolca. Vogliamo capire analogie e differenze non solo nell’aspetto ma anche nel comportamento tra le specie marine che vivevano decine di milioni di anni fa e quelle che ancora oggi popolano i nostri oceani”.
Al centro della scoperta c’è il Museo geologico Giovanni Capellini dell’Università di Bologna e il grande patrimonio di reperti fossili custodito nelle sue sale. Un dato che mette in luce l’enorme potenziale, spesso sottovalutato, dei Musei scientifici. “Il grande scienziato e divulgatore Stephen Jay Gould – ha detto Fanti – sosteneva che le scoperte più importanti si fanno nei cassetti dei Musei. L’Università di Bologna non è seconda a nessuno per il patrimonio culturale e scientifico delle sue collezioni. Questa ne è l’ennesima dimostrazione: ancora una volta i tesori del Museo Capellini ci hanno permesso di capire meglio l’evoluzione degli esseri viventi”.
Lo studio “Egg preservation in an Eocene stingray (Myliobatiformes, Dasyatidae) from Italy” è stato realizzato da Federico Fanti (Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali, Università di Bologna), Gabriele Mazzuferi (Museo geologico Giovanni Capellini, Università di Bologna) e Giuseppe Marramà (Dipartimento di Paleontologia, Università di Vienna).
