Salvini lapidario: "Castrazione chimica"
A distanza di sette mesi circa, dopo i fattacci di Palermo, quando al Foro Italico una giovanissima dovette subire lo stupro dal cosidetto “branco”, adesso quelli di Catania, dove una ragazzina ancora più giovane è stata abusata nella centralissima Piazza Bellini sotto gli occhi del suo fidanzato. Sicilia infangata nell’onore dunque, per una piaga, quella della violenza sulle donne, che sembra non arrestarsi mai. La solita, legittima levata di scudi – Salvini, chiamato a esprimersi sulla vicenda, ripropone l’esigenza di ricorrere alla “castrazione chimica”, mentre la Meloni, in visita nel capoluogo etneo per il contratto di sviluppo relativo al nuovo finanziamento per la giga factory nell’ambito del Pnrr dichiara che i colpevoli dello stupro di Villa Bellini non resteranno impuniti – sembra tuttavia non bastare.
I sette giovani egiziani
Ma ecco che, dalla viva voce della vittima, si apprendono i dettagli dell’odioso atto. Tutto è iniziato la sera del 30 gennaio, quando in due ragazzini. 13 lei, 17 lui, stavano tranquillamente godendosi una passeggiata all’interno della storica villa di Catania. Ad un tratto ecco materializzarsi il male nelle fattezze di un branco di sette giovani egiziani, di cui 3 minorenni. Li hanno accerchiati e portati nei bagni e, in un contesto di totale isolamento, in cinque hanno immobilizzato il fidanzatino mentre gli altri due hanno stuprato lei.
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L’incubo
“Prima hanno iniziato a toccarmi, io gli dicevo di lasciarmi stare, anche il mio fidanzato gliel’ha detto non so quante volte. Allora abbiamo provato ad allontanarci, ma quelli ci hanno afferrato”, racconta tra le lacrime la 13enne, come riporta Repubblica. “È stato un incubo, non c’era nessuno a quell’ora”. I due fidanzati hanno provato a divincolarsi, a urlare, ma nulla è servito. Finché non sono riusciti a scappare: “Siamo arrivati in via Etnea per chiedere aiuto”, ha spiegato lui ai carabinieri. “Alcuni passanti ci hanno soccorso, gli abbiamo detto cos’era accaduto. E hanno telefonato subito al 112, è arrivata pure un’ambulanza”.
Don Patriciello: “Solo punta iceberg”
“Quello che è avvenuto a Caivano, e ora a Catania, è la punta di un iceberg. Ci sono al Sud, ma anche al Nord, tante aree in cui sono ammassate povertà sociali che alimentano le povertà educative alla base di queste violenze. Noi facciamo finta di non vedere, di credere che sia un’emergenza limitata solo a pochi e sporadici quartieri. Così ci mettiamo la coscienza a posto”. Lo afferma in un’intervista a Quotidiano Nazionale, don Maurizio Patriciello, il parroco di Caivano.
“Gli adulti hanno sbagliato”
“Se siamo ancora qui a raccontare casi di violenza brutale, di stupri commessi da minorenni, beh allora vuol dire che noi adulti abbiamo sbagliato, abbiamo deciso di non educare – aggiunge – Tutto ciò che riguarda i minorenni chiama in causa gli adulti, sono loro che devono per primi farsi l’esame di coscienza e domandarsi cosa hanno seminato in questi anni, che cosa hanno insegnato e quale esempio hanno dato”.