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In Usa continua il durissimo braccio di ferro amministrazione Trump-Harvard University

In Usa continua il durissimo braccio di ferro amministrazione Trump-Harvard University
studenti università

Le ragioni di un confronto tesissimo che rischia di mettere in discussione l’indipendenza accademica

L’Amministrazione Trump ha revocato all’Università di Harvard la certificazione del programma per studenti e visitatori stranieri, bloccando così l’iscrizione per chiunque provenga al di fuori degli Stati Uniti.

Trump aveva definito le università Usa un covo di “marxisti maniaci”

La decisione non è altro che l’ennesimo episodio di un braccio di ferro iniziato già da alcuni mesi in seguito al diniego da parte dell’Ateneo di ottemperare ad alcune richieste avanzate dall’Amministrazione Trump, facenti parte integrante del suo programma contro l’antisemitismo. Trump, che durante la campagna elettorale aveva definito le università Usa un covo di “marxisti maniaci”, aveva minacciato la revoca dell’ammissione degli stranieri a metà aprile definendo la più famosa università del mondo “un Ateneo barzelletta” che “insegna l’odio e la stupidita”.

In particolare, la ministra della Homeland Security, Kristi Noem, aveva dato un mese di tempo a Harvard per denunciare gli iscritti che avevano commesso “azioni illegali e violente”. L’Ateneo aveva consegnato alcuni dati, ma erano stati ritenuti insufficienti dall’Amministrazione trumpiana.

Harvard si è rifiutata di modificare le sue politiche relative ai diritti degli studenti

L’Università di Harvard, giustamente, si era rifiutata di modificare le sue politiche relative ai diritti degli studenti e alle procedure di assunzione e ammissione e aveva deciso di non consegnare “documenti dettagliati sul corpo studentesco internazionale potenzialmente coinvolto in attività illegali o pericolose”. Per punire Harvard, il Governo federale aveva già deciso di congelare circa 2,2 miliardi di dollari in sovvenzioni pluriennali e di 60 milioni di dollari in contratti pluriennali, obbligando l’istituzione a interrompere alcuni programmi o a ridimensionarne la portata. Questi tagli si aggiungevano alle privazioni di fondi stabilite dall’Amministrazione Trump nei confronti di varie istituzioni scientifiche americane.

La Columbia aveva accettato le richieste di Trump

Mentre la Columbia aveva accettato le richieste di Trump, Harvard invece aveva resistito e aveva fatto causa al Governo per riavere circa tre miliardi di dollari di sovvenzioni federali che erano stati congelati. E la battaglia è continuata, senza esclusione di colpi. L’Amministrazione Trump è tornata all’attacco accusando Harvard, di nuovo, di antisemitismo: un chiaro pretesto con il quale Trump cerca di piegare ai suoi voleri e di punire le Università ritenute troppo progressiste e libere, cercando di controllare le assunzioni e le ammissioni e di colpire le politiche di diversità, equità e inclusione. Havard, però, anche questa volta ha “tenuto testa” all’avversario e ha deciso di resistere a Donald Trump invocando la Costituzione e affidandosi ai giudici per bloccare la decisione – “improvvisa e sconcertante” – del Governo americano che ha, di fatto, messo al bando gli studenti internazionali dall’Ateneo.

Harvard ha fatto causa all’Amministrazione Trump

Decisa a non retrocedere, Harvard ha fatto causa all’Amministrazione in nome del Primo Emendamento e definendo l’attacco agli studenti stranieri “una ritorsione” incostituzionale per essersi opposta alle richieste politiche di Trump. Pronta la risposta della Casa Bianca, che ha definito “priva di merito” la causa: “Se solo gli importasse chiudere col flagello degli agitatori anti-americani, antisemiti e filo-terroristi, non si troverebbero in questa situazione”.

A spiegare i motivi dell’accanimento dell’Amministrazione di Trump è intervenuto il presidente di Harvard Alan Garber che, dopo aver sottolineato come il nuovo attacco “oltre a delegittimare gli attuali settemila iscritti a una settimana dalle lauree”, minacci quelli ammessi per il prossimo anno accademico, ha aggiunto: “Ci attaccano perché l’Università di Harvard ha fatto causa all’Amministrazione repubblicana e perché ci rifiutiamo di rinunciare alla nostra indipendenza accademica”.

La revoca dei programmi dedicati agli studenti stranieri è ritenuta “una palese violazione” della Costituzione e delle leggi federali, con “ricadute immediate e devastanti sull’Università e sulle attività di oltre settemila studenti… Con un colpo di penna, il Governo vorrebbe cancellare un quarto degli studenti di Harvard: studenti internazionali che contribuiscono in modo significativo all’università e alla sua missione”. In conclusione, ha dichiarato Alan Garber, “senza i suoi studenti internazionali, Harvard non è Harvard”.

Per fortuna, la giudice di Boston Allison Burroughs ha bloccato temporaneamente il giro di vite annunciato dal ministero della Homeland Security sull’iscrizione degli studenti stranieri mentre è aumentata l’indignazione nel mondo accademico e all’estero: per la presidente del Mit Sally Kornbluth “il momento è grave”, mentre la portavoce del ministero degli Esteri cinese, Mao Ning, ha criticato “una mossa che politicizza l’istruzione” e “danneggia l’immagine e la reputazione internazionale degli Usa”.

In tanti hanno ricordato che Harvard è l’Ateneo che conta il maggior numero di primati al mondo: prima in diverse classifiche e per molti anni tra le Università internazionali per qualità degli insegnamenti, Harvard ha prodotto il maggior numero di premi Nobel della storia. In tanti hanno sottolineato che “l’Università è il luogo del libero pensiero”, costituisce uno spazio di confronto, ricerca e scambio di idee, dove ogni studente e professore può esprimere le proprie opinioni senza restrizioni. L’Università è il luogo in cui si possono confrontare diverse prospettive, anche contrastanti, favorendo un pensiero critico e una riflessione approfondita sulle questioni più rilevanti; è il luogo in cui la ricerca scientifica, in tutte le sue forme, può essere svolta liberamente, senza imposizioni o condizionamenti.

Pina Travagliante
Professore ordinario di Storia del pensiero economico presso l’Università degli Studi di Catania