PALERMO – Si fa ancora fatica a parlare di usura in Sicilia. Non solo per i numeri – spesso frammentari e difficili da quantificare – delle denunce, ma anche per il coacervo di paure, tensioni e violenze psicologiche e materiali che i tassi spropositati imposti dagli strozzini infliggono ai cittadini e alle imprese dell’Isola. Trecento, cinquecento e addirittura oltre il mille per cento: sfogliando le pagine di cronaca e delle relazioni investigative emergono numeri abnormi sugli interessi che diventano un cappio al collo di chi, travolto dalla disperazione e dalla paura di “non farcela”, decide di ricorrere ai circuiti sommersi per riuscire ad appianare i propri debiti.
Il caso più eclatante di questi ultimi mesi è certamente quello portato alla luce da un’operazione dei Carabinieri a Termini Imerese, nel Palermitano, dove un’imprenditrice del posto è rimasta intrappolata nella “rete” degli usurai che proponevano finanziamenti a tassi usurari compresi tra il 60% e il 1.209% annui. E tra gli aguzzini, secondo gli accertamenti dei militari, erano presenti anche dei parenti. Incredibile ma vero.
A maggio di quest’anno, a Catania, le indagini coordinate dalla Procura etnea e condotte dal nucleo di Polizia economico-finanziaria hanno portato all’arresto di quattro persone tra i quartieri popolari di Picanello e Villaggio Sant’Agata che avevano concesso alle loro vittime somme di denaro comprese tra i 500 e 3 mila euro, con un tasso di usura mensile variabile dal 60% al 300%. Un’attività non priva di minacce e intimidazioni all’indirizzo delle vittime che – com’è stato accertato dai Finanzieri – sono stati incalzati a restituire le somme e, in alcuni casi, costrette a richiedere ulteriori prestiti per riuscire a estinguere il debito precedente.
Usura, la spirale è sempre la stessa
Da questa o dall’altro versante dell’Isola, la spirale è sempre la stessa: debiti inizialmente modesti che, alla lunga, tra interessi e rinnovi, diventano macigni insostenibili per le vittime, con il rischio di perdere beni personali e attività. Non si tratta di casi isolati. Nel corso degli anni sono stati sempre più i commercianti, gli artigiani e le famiglie che si sono rivolti ai prestatori “illegali” di denaro perché impossibilitati ad accedere al credito bancario. Storie spesso invisibili, ma presenti nel nostro territorio.
Denunce, una vera “rarità” in Sicilia
Ma veniamo alle denunce, una vera “rarità” alle nostre latitudini. In occasione dell’ultima seduta della Commissione parlamentare antimafia che si è tenuta il 12 settembre scorso a Palazzo degli Elefanti a Catania, sull’emergenza criminalità e sicurezza nel capoluogo etneo, è emerso come ai piedi dell’Etna il numero di istanze relative al reato di usura sia stato pari allo zero nel 2024 e altrettanto nel 2025.
“La gente non denuncia più e ci sono non soltanto silenzi ma anche connivenze che siamo chiamati a scardinare”, ha dichiarato a margine dell’incontro il deputato del Partito democratico Anthony Barbagallo, componente della Commissione al quale è stato affidato il compito di monitorare l’hinterland etneo dalla presidente Chiara Colosimo. Anche a livello regionale, come scritto in precedenza, si evidenzia la quasi invisibilità del fenomeno.
La realtà viene tratteggiata dalla Relazione annuale 2024 del Commissario per il coordinamento delle iniziative antiracket e usura del Ministero dell’Interno, il Prefetto Maria Grazia Nicolò, che a livello nazionale parla di 109 istanze inserite nella piattaforma Step (lo strumento digitale che permette di accedere al “Fondo di solidarietà per le vittime di usura”, legge 7 marzo 1996, n.108), con un calo del 7% rispetto al 2023, quando vennero calcolate 117 richieste.
La Sicilia nel 2024 conta appena 9 istanze prodotte per usura, solamente 4 in più rispetto al 2023. Numeri evidentemente lontanissimi rispetto alle dimensioni reali del fenomeno. Per quanto riguarda le somme per elargizioni alle vittime di usura, la nostra Isola si pone al terzo posto tra le Regioni con 381.380,27 euro deliberati, alle spalle della Campania con 800.550,95 euro e la Toscana con 1.980.746,67 euro.
Il nodo primario non cambia: poche denunce a causa di “paura di ritorsioni e di conseguenze personali può paralizzare le vittime”, sottolinea il Ministero. Ma “è proprio questo loro silenzio – viene ricordato nella relazione – che permette alla criminalità organizzata di operare indisturbata. La denuncia è l’unico strumento in grado di rompere questo silenzio: denunciare significa riprendere il controllo sulla propria vita ed essere parte integrante della comunità”.
La desertificazione bancaria non aiuta: “In Sicilia 149 Comuni senza sportello”
PALERMO – Più di un Comune su tre in Sicilia è sprovvisto di una banca. Lo certifica l’ultimo report di Bankitalia pubblicato nel mese di marzo 2025 che traccia una fotografia della desertificazione bancaria, un fenomeno che va avanti ormai da tempo e che tocca l’intera Regione, in particolare i piccoli centri dell’entroterra. Numeri alla mano, sono 149 le località isolane sprovviste di uno sportello – il 38% del totale -, un dato che si traduce nell’impossibilità, per i cittadini, di chiedere assistenza diretta e prelevare denaro. Ma anche in perdita di posti di lavoro.
“Il report della Banca d’Italia offre uno spaccato di quello che è il sistema finanziario e bancario in Italia. Soltanto nel 2024 in Sicilia abbiamo perso 187 posti di lavoro. Un dato significativo. E vanno ricordati anche quegli aspetti sociali, attraverso la chiusura degli sportelli bancari, che incidono sulla vita dei cittadini”, dichiara al Quotidiano di Sicilia il segretario generale Uilca Sicilia, Giuseppe Gargano.
“Nel 2023 la Sicilia è stata tra le Regioni che hanno chiesto complessivamente alla segreteria nazionale Uilca, al segretario generale Fulvio Furlan, di avviare un’azione contro la desertificazione bancaria, per sensibilizzare la politica e tutti gli attori sociali rispetto al problema della desertificazione. In Sicilia abbiamo avuto due tappe, il 15 e il 16 novembre 2023”.
“La prima – ricorda – è stata a Tusa, in provincia di Messina, uno dei Comuni privi di uno sportello bancario, mentre la seconda si è svolta a Palermo. A Tusa abbiamo trovato gente disperata: vi erano cittadini e titolari di aziende costretti a percorrere chilometri per andare in banca e spesso, a causa delle condizioni disastrate delle nostre strade, sono necessarie ore. E per una persona di 70 anni o con disabilità, dover percorrere anche 40 chilometri per recarsi in uno sportello rappresenta certamente un problema”.
“Il Governo regionale – prosegue Gargano – non può intervenire su una banca e costringerla a mantenere uno sportello in un Comune. Le banche sono aziende, quasi tutte S.p.A. che rispondono agli azionisti e, ovviamente, devono effettuare uno screening dei punti che danno una maggiore redditività”. Ma una minore capillarità della rete bancaria comporta una maggiore difficoltà per i cittadini di chiedere informazioni, avere un contatto diretto e avviare delle attività. E la riduzione dei servizi bancari crea un terreno fertile per i circuiti illegali, come l’usura.
“È difficile trovare qualcuno che lo dica chiaramente. La gente si lamenta, ma non dice di essersi rivolta agli usurai. Io credo che i dati di tante associazioni parlino chiaro: se non si ha la possibilità di accedere al credito, che è un valore per lo sviluppo, le persone iniziano a ‘guardarsi attorno’. E purtroppo, chi si trova in vera difficoltà, rischia di rivolgersi a linee di credito che non sono autorizzate”.
“Tutti parlano di legalità – aggiunge il segretario generale -, dal presidente della nostra Regione a scendere, nessuno dirà mai qualcosa di diverso dall’essere assolutamente in linea con la legalità. Poi, però, bisogna compiere degli atti concreti e uno di questi è garantire la presenza del credito nei luoghi in cui sta la gente. A meno che l’obiettivo non sia spogliare i Comuni. Ma non si possono svuotare le comunità perché, guardando ad altri settori, se ospedali e scuole chiudono, costringendo i giovani ad andare fuori dalla Sicilia e dall’Italia, è ovvio che non rimarrà nessuno. Quindi, il rischio è che questi 149 Comuni sprovvisti di banche in futuro diventeranno 153 o 158, creando delle città fantasma”.
Per il segretario Gargano serve “assolutamente fare altro. Certamente, la consapevolezza tra le persone è maggiore: sanno di poter denunciare, sanno di avere – per quanto distanti – dei canali di regolazione del credito, legali e garantiti, ma quando interviene la disperazione e si ha anche la necessità di agire in tempi rapidi per risolvere dei problemi familiari e aziendali, si corrono ancora dei rischi troppo grandi. Dobbiamo combattere l’illegalità creando gli strumenti utili”.
“La nostra segreteria nazionale, dopo il ‘tour’ che abbiamo compiuto nelle Regioni, è riuscita a trovare un canale e ha realizzato un contatto fortissimo con il Cnel. Il suo presidente Renato Brunetta è stato molto sensibile sulla questione e si è creato già un tavolo di lavoro al quale partecipano i sindacati confederati e le associazioni datoriali delle banche per discutere del problema della desertificazione bancarie e di tutte quelle problematiche connesse a essa, dall’abbandono dei cittadini ai freni dello sviluppo fino, ovviamente, al problema dell’usura”, conclude Gargano.

