Valeria Fonte: “Quello che le donne vogliono non è parità ma uguaglianza” - QdS

Valeria Fonte: “Quello che le donne vogliono non è parità ma uguaglianza”

Pietro Vultaggio

Valeria Fonte: “Quello che le donne vogliono non è parità ma uguaglianza”

sabato 04 Marzo 2023

La scrittrice Valeria Fonte: “Società basata su cultura dello stupro”

ROMA – Quella che vi raccontiamo oggi è una storia di rivincita e di riscatto. Personale e non solo. Anche se lei preferisce definirla una “dinamica di riappropriazione”.
Valeria Fonte, classe 1998, scrittrice, divulgatrice nelle scuole e nelle università, attivista contro il linguaggio misogino, con un vissuto di violenza personale: dopo aver subito una condivisione non consensuale di materiale sessualmente esplicito, si trova a fare i conti con un linguaggio profondamente misogino e violento dei social, dei giornali, della politica, dei media. Unisce le sue competenze accademiche alla militanza, per un linguaggio diverso da quello del victimg blaming e della repressione. Promuove una comunicazione differente, che abbia come cardine una retorica femminista.

Valeria, la sua è una storia di rivincita personale, ma è anche una grande rivincita per tutte quelle donne che, dopo gli abusi di condivisione non consensuale di immagini sessualmente esplicite, non riescono a riemergere nella società dal proprio stato mentale.
“Non credo sia una questione di rivincita, la mia storia. Credo sia una dinamica di riappropriazione. Il mio volto era ovunque, dopo la condivisione non consensuale di immagini sessualmente esplicite. Avevo due opzioni: diventare una redenta e chiedere scusa oppure riappropriarmi della mia faccia. Ho scelto la seconda. Questo non fa di me una persona coraggiosa. Se avessi scelto di non aprire la bocca, questo non mi avrebbe reso meno valida. L’ho fatto per rabbia, per senso di ingiustizia, per conflitto. È la rabbia viscerale che mi ha salvato la vita. Nient’altro. Non so se la mia storia sia una rivincita per tutte. So però che c’è bisogno di un modello di rappresentazione diverso: persone, e donne, che credono nella polemica e nell’anarchia. È la polemica che mi ha permesso di riemergere dal pozzo. Ma nessuna donna dovrebbe essere costretta a farlo da sola. È lo Stato che ci deve tutelare. Quindi no, non voglio essere un esempio. Sono una che riemerge per chiedere allo Stato e alle istituzioni: dov’eravate quando avevo bisogno? Perché mi avete fatto fare tutto da sola?”

Quali consigli senti di dare alle donne che non riescono a farcela e spesso cadono in depressione?
“Nessuno. Io non sono brava con i consigli e neppure so come si fa per uscire dalla depressione. Per questo sono andata in terapia. La vera questione è: perché devo pagare per un servizio di supporto che le istituzioni dovrebbero garantirmi gratuitamente? Perché ognuna di noi deve pagare un servizio dopo aver subito un torto dalla stessa cultura che ci ha cresciute? Quando ci dicono che ce l’andiamo a cercare, mi viene da dire: pensate sul serio che ci provochiamo un trauma così grande, da elaborare, per il gusto di farlo? Non esiste colpa. Non esiste responsabilità. L’unico consiglio, forse, che mi sento di dare è quello di cercare aiuto nelle sorelle. Perché in questa merda non si è mai da sole, e se costrette, ci salveremo il culo da sole”.

Si tende sempre a giustificare i comportamenti degli uomini in una società profondamente misogina e violenta. Come si può invertire la tendenza? Come si può raggiungere la vera parità tra uomo e donna?
“La tendenza si inverte con un’educazione sessuale e affettiva a tappeto, sin dai primi anni di vita. Si devono educare gli uomini al consenso, in una società che è basata sulla cultura dello stupro. Noi non cerchiamo la parità. Non l’abbiamo mai voluta. Noi vogliamo l’uguaglianza, che è molto diversa dalla parità. Non saremo mai pari, in niente. Siamo esseri diversi, nella costruzione identitaria. Vogliamo un’uguaglianza sociale e politica nella rappresentazione e di fronte alla legge”.

Quali forme di violenza verbale e fisica hai incontrato durante il tuo cammino prima come studentessa e poi come Donna nel mondo del lavoro? Si sono verificate discriminazioni in quanto Donna? Ti è capitato di ricevere proposte in cambio di qualcosa?
“Le violenze che una donna, studentessa o lavoratrice, incontra nella sua vita sono incolmabili e non numerabili: molestie fisiche e verbali, stupri, violenza economica. Ovvio che si sono presentate delle discriminazioni in quanto donna: sempre. Non ricordo una singola volta in cui questo non sia accaduto. A partire dal chiedermi se desideravo dei figli, ai colloqui di lavoro”.

Cosa pensi del significato ormai perduto della ‘festa’ della donna?
“Quando si parla di ‘ricordare ogni giorno le fette di libertà conquistata’ io rido. Perché non abbiamo conquistato proprio nulla, o perlomeno mai per sempre. Quando si discute di diritti è sempre il giorno uno, è sempre il giorno in cui si inizia, è sempre il giorno in cui tutto deve essere fatto da capo. Un esempio? Il diritto all’aborto. I nostri diritti sono sempre precari. E l’8 marzo serve proprio a questo. A ricordarci che si deve scioperare. Scendere in strada. Lottare”.

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