Cronaca

Varianti Covid in Sicilia, sotto esame 60 casi, ecco dove

Sarebbero circa sessanta i casi sospetti in Sicilia da variante di coronavirus, tra quella inglese e quella sudafricana. Molti erano già stati individuati all’arrivo in Sicilia, negli aeroporti, e sono tutt’ora in studio.

Sono stati segnalati a Palermo, nel Catanese, nel Messinese e nel Siracusano.

Tutti sono stati ovviamente tracciati, con la Regione che aspetta i risultati dei campioni mandati al Centro regionale di qualità (Crqc) e dall’Istituto zooprofilattico.

“Le varianti sono comunque una forma del virus, che per stessa definizione muta. Non c’è assolutamente allarme in questo momento – dice il commissario straordinario per l’emergenza Covid in Sicilia Renato Costa -. E comunque queste varianti hanno lo stesso principio di trasmissione: se tutti teniamo la mascherine, le distanze e seguiamo tutte le precauzione, non ci sono problemi”.

Un caso sospetto di variante sudafricana in Sicilia è stato individuato ieri a Partinico. Si tratta di un sacerdote, rientrato dalla Tanzania giorno 29 e ricoverato, sintomatico, giorno 4 febbraio.

Il prete è risultato positivo ed è stato ricoverato al Covid hospital della cittadina palermitana. L’uomo è stato isolato e sono stati rintracciati i contatti stretti.

È invece destituita di fondamento la notizia relativa alla presenza in Sicilia di soggetti affetti da Covid-19 con variante brasiliana.

“Sono in atto, invece, le sequenziazioni sulla ricerca del gene S della variante inglese su alcuni pazienti in cura nell’Isola”, dice in una nota il Dipartimento attività sanitarie e osservatorio epidemiologico dell’assessorato della Salute della Regione siciliana.

Le varianti del virus SarsCov2 comunque corrono sempre più veloci in molti Paesi e crescono le preoccupazioni rispetto all’efficacia dei vaccini in uso.

Per quello Oxford-AstraZeneca sembrerebbero però fugati i timori di un’efficacia di appena il 10% contro la variante sudafricana emersi da alcuni studi preliminari: l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) si è infatti detta “ottimista” che il farmaco funzioni.