La fotografia dell’Osservatorio di Assoenologi, Ismea e Unione italiana vini mostra un Paese spaccato in due. Sicilia, Calabria, Basilicata e Campania intorno al -30% rispetto allo scorso anno
ROMA – Vigneto Italia spaccato a metà quello fotografato nelle previsioni vendemmiali dell’Osservatorio Assoenologi, Ismea e Unione italiana vini (Uiv), presentate ieri al Masaf, in quanto vede il Nord confermare i livelli dello scorso anno (+0,8%), mentre al Centro, al Sud e nelle Isole si registrano flessioni rispettivamente attorno al 20% e 30%. Nonostante i danni quantitativi causati dalla Peronospora i tecnici dell’Osservatorio spiegano che la malattia fungina non influisce direttamente sulla qualità delle uve sane, i primi grappoli raccolti destinati alle basi spumante presentano infatti buoni livelli di acidità e interessanti quadri aromatici, che danno positive prospettive enologiche. Per le altre tipologie saranno determinanti le condizioni meteo del mese di settembre e ottobre quando si svolgerà il grosso della raccolta.
In generale si prevede un calo del 12% rispetto allo scorso anno, con una produzione vitivinicola italiana poco sotto ai 44 milioni di ettolitri rispetto ai 50 milioni di ettolitri dell’anno scorso. Si tratterebbe della vendemmia più “leggera” degli ultimi sei anni. Oltre alla già citata malattia fungina, a pesare sono stati soprattutto gli ormai cronici mutamenti climatici che, con i relativi decorsi meteorologici incerti e spesso estremi (+70% le giornate di pioggia sui primi 8 mesi dell’anno scorso), hanno determinato importanti differenze quantitative lungo tutto lo Stivale. Un quadro generale, cita il report dell’Osservatorio realizzato anche con il monitoraggio del ministero dell’Agricoltura e delle Regioni, in cui si è riscontrata qualche difficoltà aggiuntiva per le produzioni biologiche.
Tonfo in Molise e Abruzzo
Guardando alla mappa dell’Italia, regione per regione, si assiste a un tonfo dei volumi in Molise con -45% e in Abruzzo con -40%, a fronte di un raccolto di uve rispettivamente di appena 129mila ettolitri (erano stati 234 nel 2022) e di 1 milione 851mila rispetto ai 3,085 nel 2022.
La Lombardia segna invece una crescita del 15% con 1,271 milioni di ettolitri rispetto ai 1,106 del 2022, mentre la ‘locomotiva’ Veneto, grazie anche all’entrata in produzione dei nuovi impianti, cresce leggermente del 5% con 13 milioni e 232mila ettolitri mantenendo il primato di regione con i volumi maggiori, seguita dalla Puglia con 7 milioni e 600 mila ettolitri (-25%) e dall’Emilia Romagna che quest’anno si attesterà sotto i 7milioni con 6,884 (- 4,5%). Lieve crescita anche in Liguria, dove si pratica la viticoltura eroica, con 42mila ettolitri, +5%.
Forte calo al Sud
Forte calo al sud in Sicilia, Calabria, Basilicata e Campania, ciascuna intorno a -30%. E ancora significative riduzioni al centro in Toscana, Lazio, Umbria e Sardegna, tutte con quantità ridotte del 20% e nelle Marche -25%. A completare lo scenario si prevedono un calo del 10% in Friuli Venezia Giulia e Piemonte -2%, in controtendenza + 10% in Valle D’Aosta e Trentino Alto Adige + 1,5%.
Se i quantitavi, a livello generale, sono calati, d’altronde ci si aspetta un prodotto di spessore. “Dalla vendemmia 2023 otterremo sicuramente vini di buona qualità, con punte di eccellenza”, spiega il presidente di Assoenologi, Riccardo Cotarella. “La fotografia che emerge dalle previsioni vendemmiali ci indica un calo della produzione di uve piuttosto significativo, soprattutto laddove la vite è stata ripetutamente attaccata dalla malattia. Molto – conclude il presidente di Assoenologi – dipenderà dal lavoro, a cominciare da quello degli enologi, eseguito in vigna e in cantina. È proprio in queste annate così strane che occorre mettere in campo tutte le conoscenze tecniche e scientifiche per mitigare i danni di un clima sempre più pazzo”.
“La contrazione produttiva di quest’anno non deve costituire un elemento di preoccupazione, visto il livello elevato di giacenze, che ha superato i 49 milioni di ettolitri, posizionandosi come il dato più alto degli ultimi sei anni”, aggiunge il commissario straordinario di Ismea, Livio Proietti. “Il tema non è tanto la perdita della leadership italiana in termini di volumi prodotti, – sostiene – piuttosto il rallentamento della domanda interna ed estera, che sta deprimendo i listini soprattutto dei vini da tavola e degli Igt. Dobbiamo lavorare per ridurre il gap in termini di valore tra noi e la Francia e per rafforzare il posizionamento competitivo dei vini di qualità, facendo sì che anche i vini comuni siano sempre più caratterizzati rispetto ai competitor”.
Serviranno dei correttivi
Certo, in prospettiva, serviranno dei correttivi. “Non ci possiamo più permettere di produrre 50 milioni di ettolitri come nelle ultime vendemmie, e non può essere una malattia fungina a riequilibrare una situazione che ha portato di recente al record di giacenze degli ultimi anni. Sorprende, a questo proposito, come molti si preoccupino ancora di rimanere detentori di uno scettro produttivo che non serve più a nessuno: oggi più che mai si impongono scelte politiche di medio e lungo periodo, a favore della qualità e di una riforma strutturale del settore”, afferma il presidente di Unione Italiana Vini, Lamberto Frescobaldi.
“Tra le priorità occorre chiudere finalmente il decreto sulla sostenibilità e ammodernare il vigneto Italia, mediamente vecchio, difficile da meccanizzare e costoso da gestire” segnala Frescobaldi per il quale “serve anche revisionare i criteri per l’autorizzazione ‘a pioggia’ di nuovi vigneti in base alle performance delle denominazioni, oltre a ridurre le rese dei vini generici e rivedere il sistema delle Dop e Igp, compresa la loro gestione di mercato. Infine – conclude – occorrerà cambiare marcia sul piano commerciale, a partire dalla semplificazione dell’Ocm Promozione e da una promozione di bandiera capace di coinvolgere le imprese sin dalla sua pianificazione”.