“Tentativo grottesco che sta lasciando nel limbo le imprese dell’indotto” - QdS

“Tentativo grottesco che sta lasciando nel limbo le imprese dell’indotto”

“Tentativo grottesco che sta lasciando nel limbo le imprese dell’indotto”

mercoledì 22 Novembre 2023

Sebastiano Venneri, responsabile Territorio e innovazione di Legambiente. “Necessario definire delle premialità di carattere ambientale per le nuove concessioni”

A proposito delle scelte del Governo e della missiva aggiunta dall’Ue, relativa alla mappatura che indica come il 67% delle coste sia libero, interviene al QdS Sebastiano Venneri, responsabile Territorio e Innovazione di Legambiente.

Venneri, il governo sta facendo il “gioco delle tre carte” con le concessioni balneari?
“È così e si tratta di un tentativo un po’ grottesco che sanno bene non li porterà da nessuna parte perché è improbabile immaginare che Bruxelles potrà cadere nella trappola della mappatura che propone il nostro Paese perché si tratta di una mappatura realizzata per creare un po’ di fumo negli occhi e null’altro. È evidente che deve essere fatta località per località, nemmeno regione per regione”.

Perché?
“Facciamo l’esempio della Sardegna. Non si può andare da un bagnante di Alghero e dirgli che, se vuole una spiaggia libera, c’è il litorale a sud di Cagliari disponibile. La scarsità della risorsa deve essere valutata su ogni singolo territorio comunale disponibile a essere messo in concessione, tolti quindi porti, coste alte non accessibili e aree protette, prevedendo il 50% libero e il 50% in concessione”.

Tra le righe, leggo un rischio, quello che possa essere messe a bando una buona parte del 67% delle coste dichiarate libere…
“Sì, il rischio c’è. Noi confidiamo sul fatto che sia Bruxelles sia gli organi della magistratura amministrativa hanno ribadito a una voce, sia al Consiglio di Stato sia all’Unione Europea, che questo problema deve essere affrontato e risolto senza indugi e in un’unica direzione, quella di mandare a bando le concessioni per la quota del 33% senza mettere mano a quelle libero solo per far tornare i conti”.

Altri possibili rischi che stiamo correndo?
“Innanzitutto per il consumatore, che si ritroverà ancora una volta ad affrontare la stagione balneare ma anche, e il rischio è non meno drammatico, per gli operatori del settore balneare. Chi sta pagando il costo maggiore è quel settore dell’indotto che, in assenza di tempi e decisioni certe, vive nell’incertezza. Sto parlando dei produttori di sdraio, ombrelloni e prodotti analoghi perché gli imprenditori, in questa situazione d’incertezza non sono in grado di fare investimenti. La proroga di un anno, di qualche mese crea la peggiore per il mondo imprenditoriale del settore che sta vivendo una crisi importante. I balneari del Veneto, la parte del comparto più forte d’Italia, guidati dal presidente Alessandro Berton recentemente nominato da Forbes uno dei 100 manager più influenti del mondo, da anni dicono ‘ben vengano le gare’. Ora, se da una delle situazioni nazionali più rappresentative arriva questa disponibilità perché si vuole dare ascolto a quella che è, di fatto, una piccola minoranza?”.

Cosa si sarebbe dovuto fare?
“Avremmo speso più proficuamente tutti questi anni definendo i criteri dei bandi perché siamo consapevoli che è necessario un percorso di attenzione nei confronti del precedente gestore là dove ha svolto il suo lavoro in maniera egregia. Per questo è necessario definire delle premialità, di carattere ambientale, per la gestione delle nuove concessioni perché l’importante è come si gestisce il territorio perché si tratta di un bene comune”.

Ma un Governo che si definisce liberista, non dovrebbe essere per la libera concorrenze, quindi favorevole ai bandi per gli appalti?
“È evidenziato dal fatto che non è solo un problema che riguarda i balneari ma di quanti godono di un privilegio, pensiamo al mondo dei tassisti, che godono di una licenza che non conosce procedure di affidamento trasparenti, o ai cavatori, a c.d. emungimento delle acque. Queste categorie pagano pochissimo per gestire un bene comune e che, in sfregio a qualsiasi approccio liberista, non vengono toccati. Ma questi sono problemi non attuali perché durano ormai da trent’anni, indipendentemente dalla compagine governativa. In realtà, in Italia, non si vogliono eliminare i privilegi”.

Non si parla più di spiagge libere, perché?
“Proprio perché i comuni cittadini contano sempre meno. Solo alcune regioni, la Puglia e la Sardegna, hanno votato favorevolmente a favore delle spiagge libere mentre le altre non l’hanno fatto, creando quindi sacche d’illegalità. L’Emilia-Romagna, ad esempio, si è giocata la quota di spiagge libere nel Parco del Delta del Po”.

Cosa sta succedendo?
“Si sta mettendo un bene, che fino a metà degli anni ’90 era nelle disponibilità dello Stato compresa la gestione turistica, nelle mani di comuni piccolissimi che si trovano a gestire un bene pubblico di grande valore spesso senza avere le risorse necessarie e, purtroppo, possono essere oggetto di forti pressioni locali. Non è un caso che in Francia si sia creato il ‘Conservatoire de l’espace littoral et des rivages lacustres’ per poter sovraintendere a livello nazionale alla gestione di un bene comune con regolamentazione omogena, unica e coerente. Peraltro noi, come l’Ue, non parliamo di gare ma di procedure trasparenti di assegnazione. Vogliamo che lo spazio del demanio sia assegnato non tanto a chi offre di più dal punto di vista economico, ma a chi offre il meglio dal punto di vista della gestione della concessione. Ancora una volta la mancanza di criteri è svantaggio per i piccoli imprenditori che, molto spesso, possono offrire una qualità maggiore rispetto a quella offerta dalle multinazionali del turismo”.

Non mi sembra che ci sia mai stato un intervento dell’Antitrust…
“Non a caso Draghi aveva incardinato questo problema nel ‘Decreto concorrenza’, l’intervento dell’Antitrust potrebbe essere risolutivo perché si tratta di un settore sclerotizzato da anni”.

Sarà la volta buona?
“Noi ce lo auguriamo, anche per porre fine al clima di incertezza in cui vivono gli imprenditori del turismo che vivono con questa ‘spada di Damocle’ che pende su di loro e sulla loro attività”.

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