Via la malinconia, Natale è voglia di felicità - QdS

Via la malinconia, Natale è voglia di felicità

redazione

Via la malinconia, Natale è voglia di felicità

mercoledì 22 Dicembre 2021

Adelia Lucattini, psichiatra esperta della Spi e dell’Ipa: "Il Covid-19 ha dato un tale senso di precarietà della vita che ora si sente il bisogno di divertirsi, mettendo da parte la tristezza"

ROMA – “Quest’anno invece della malinconia per il Natale si avrà il problema opposto: la paura di non poterlo festeggiare”.

La psichiatra e psicoanalista Adelia Lucattini spiega come il Covid-19 abbia ‘ribaltato’ il Christmas Blues – la depressione che può assalirci in attesa delle feste obbligate di questo periodo, che spesso rappresentano un peso oltre che un momento di bilanci – trasformandolo in Christmas Bliss ossia un Natale di felicità durante il quale ci godremo le feste.

Una prova è la corsa ai regali: si stanno riempiendo i negozi che registrano un aumento delle vendite anche rispetto al dicembre 2019, quando il Covid era ancora uno sconosciuto.

“Molte persone che prima in vista del Natale provavano ansia e poca voglia di organizzare cene e divertimenti o darsi allo shopping, adesso per via della pandemia che stiamo vivendo hanno ritrovato il desiderio di festeggiarlo”, dice l’esperta della Società psicoanalitica italiana (Spi) e International psychoanalytical association (Ipa).

Il Covid-19 ha dato un tale senso di precarietà della vita che ora si sente il bisogno di divertirsi, mettendo da parte la tristezza comunemente dovuta alle feste comandate”.

Così il Natale, chiarisce la psichiatra, “non viene più visto come celebrazione della famiglia, la gabbia in cui si è obbligati a trascorrere del tempo anche con parenti poco graditi: ora tutto questo è passato in secondo piano mentre l’obiettivo è la rinascita di ognuno di noi, perché c’è bisogno di vita”.

Ma c’è anche un altro aspetto interessante: “Festeggeremo come se si trattasse della fine del mondo e come se non ci fosse un domani, una sorta di Millennium bug” sottolinea Lucattini.

“Da un lato è un tipo di rinascita simile a quella che c’è stata dopo la Seconda guerra mondiale, con la necessità di recuperare il tempo perduto; dall’altro è una specie di prevenzione: se dovessero esserci altre chiusure, almeno il Natale lo avremo festeggiato” illustra l’esperta.
“Questo perché, anche inconsciamente, c’è un presentimento triste che provoca disforia, un’euforia innaturale, maniacale: tutti si aspettano che dopo le feste ci sia un altro lockdown”, fa notare Lucattini.

“È come se fosse finita -continua Lucattini- la guerra ma ci sono ancora le mine interrate e ogni tanto qualcuno salta in aria. Come si diceva ai bambini di non toccare nulla perché c’erano le mine antiuomo mascherate da penne e giocattoli, così ora bisogna raccomandare loro di mettere la mascherina e mantenere il distanziamento”.

“Il lockdown dello scorso marzo era una conseguenza dei festeggiamenti del Natale precedente, quando si è avuto un boom di contagi – conclude Lucattini – ora il problema è che tutto questo potrebbe portare di nuovo a far lievitare il numero di positivi”.

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