Un’opera che fa riflettere sul divario tra inclusi ed esclusi, tra coloro che vivono ai confini nel nuovo Terzo Mondo e quanti continuano a essere garantiti e non guardano ciò che sta loro attorno
S’intitola ”Gli Estranei. Underclass e Identità Borderline”
il libro di Victor Matteucci (Nuova Ipsa Editore), che verrà presentato
alle 17 di martedì 13 luglio alla Biblioteca Centrale della Regione
Siciliana, in via Vittorio Emanuele 429. Insieme all’autore, ci
saranno il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, lo scrittore Gino
Pantaleone e l’avv. Giorgio Bisagna. Modera la giornalista Gilda
Sciortino.
Un libro nel quale immergersi per fare un viaggio anche a
ritroso nel tempo che, però, ci riporta a un oggi nel quale il divario tra
inclusi ed esclusi, tra il mondo dei garantiti e di quelli che, per rivendicare
il loro esistere, sino a qualche anno fa lanciavano sassi dai cavalcavia, è
sempre più forte e aumenta progressivamente. Non enuncia nuove tesi né pretende
di essere originale quando parla di razzismo, di devianza o disagio economico,
quando racconta il dolore che alberga nell’animo di coloro che vivono nelle
periferie del nuovo terzo mondo (esclusi, emarginati, immigrati, giovani in
conflitto con se stessi e la società), ma il suo valore è quello di mettere in
sequenza le figure di “esclusi”
secondo i loro generi (devianti, disagiati, esclusi
economici, ecc.), dando un ordine alle forme di subalternità culturale,
economica ed etnica.
Una rabbia diffusa, quella che emerge, alimentata da determinate promesse non
mantenute.
«La globalizzazione ha prodotto una reazione localistica
perché ha cancellato l’identità e, quindi, le persone più fragili, di fronte al
rischio di essere tutti omologati, soprattutto chi è più insicuro, si aggrappano
al territorio, così rinasce il bergamasco, la Padania, i territori come
tentativo di attaccarsi a qualunque cosa, a una storia, a un’appartenenza che
rischia di far saltare tutto. Questo per le classi medio alte non è un
problema, ma il proletariato si trova a perdere la propria identità. Se, poi, a
questo aggiungi che non c’è possibilità di lavoro, che non c’è speranza di
inclusione, di studiare, di cultura, il risultato sono le famiglie che si
disgregano sotto questa continua pressione. E i figli, i ragazzi, gli
adolescenti, in quanto più fragili, i vulnerabili, pagano il prezzo del
disorientamento, della destabilizzazione, con sempre più crescente disagio,
devianza e marginalità». Tutto questo risulta ancora più grave nel Mezzogiorno,
drammaticamente coinvolto in questa crisi.
«Qui un giovane su due non lavora e la disoccupazione è
oltre il 50%. Stiamo parlando di un territorio extraeuropeo perché la media
europea si ferma a Roma. Da lì in su siamo negli standard europei di servizi,
occupazione, sviluppo e infrastrutture esistenti. Da Roma in giù siamo fuori
dall’Europa, in un territorio paragonabile ai paesi extraeuropei come qualità
della vita, come Pil. E’ chiaro che qui si concentrano un disagio e una
devianza molto pesanti. Non è un caso che, dove lo Stato non rispetta il patto
sociale, dove non c’è il contratto sociale, dove non si garantiscono alle
famiglie sviluppo, inclusione, opportunità, interviene la criminalità
organizzata che occupa lo spazio vuoto, organizza i giovani e tutto il contesto
in attività illecite, riciclaggio di denaro, attività vessatorie ed estorsive,
spaccio di droga».
Un’opera, “Gli Estranei”, che, racconta di un Mezzogiorno
dove tornano a farsi sentire con orrore le affermazioni disarmanti di chi,
addirittura sino a qualche anno fa, provava a far passare la tesi che “la mafia
non esiste”.
«Per arrivare alla verità che la mafia esiste si è dovuto
arrivare al Maxi Processo, quindi alle sentenze, al pentitismo di Buscetta e di
tanti altri che hanno consentito di ricostruire un’attività permanente con
tanto di Cupola, Mandamenti. Sapevamo tutto, ma lo abbiamo dovuto acclamare sul
piano del diritto. Sul piano politico e culturale, invece, l’equivalente del
Maxi Processo è stata l’azione di Leoluca Orlando. La sua è stata la denuncia,
ma attenzione, non di un qualunque comunista di passaggio o di un intellettuale
sui generis, il solito Pasolini di turno, ma di un leader della Dc, un borghese
aristocratico candidato a essere il punto di riferimento della borghesia siciliana
ed europea. Se Orlando, già da giovane con il suo fortissimo consenso popolare,
espressione di una famiglia aristocratica, un giorno dice pubblicamente che la
Dc è collusa con la mafia, il Partito Stato, facendo nomi e cognomi non di
briganti o contadini, ma di senatori, ministri di governo, capiamo bene che per
gravità, esplosività, equivale al Maxi Processo in politica. C’è un prima e un
dopo in politica, un prima e un dopo Orlando. Con lui c’è la prova definitiva
che la mafia e lo Stato sono coinvolti e che pezzi dello Stato sono collusi da
sempre, che il Patto Stato Mafia è sempre esistito. Cosa che va di pari passo
con il Maxi Processo, acclamato sul piano del diritto.
Allo stesso modo in politica, non dobbiamo più dimostrare
che la mafia esiste, tant’è che esponenti della Dc sono stati messi sotto
processo, alcuni sono morti, Lima, Ciancimino, Andreotti (badiamo bene, non è
stato assolto, ma c’è stata prescrizione). Per arrivare a questa verità ci sono
voluti morti e, nel caso di Orlando, ha significato l’isolamento politico. A Falcone il Maxi Processo è costato la vita,
a Orlando l’isolamento perchè, rispetto
a questi uomini, quando tocchi il nervo del sistema, il cuore del
sistema, quando dici la verità che è oscena e si deve tacere, scatta la
reazione di quella parte di Stato coinvolta».
Preziose, per la riuscita del libro, che si avvale del
contributo di uno dei leader delle BR, Alberto
Franceschini, insieme alle prefazioni dello studioso Mauro Laeng, noto per
avere riformato la scuola negli anni ’70, e della scrittrice marocchina Rita
El-Khayat, la cui testimonianza di donna araba e intellettuale racconta di un
mondo le cui contraddizioni investono più livelli