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VIDEO | “Maggio in…forma”, presentato il libro “La porta socchiusa. Degenza e convergenza emotiva”

Ivana Zimbone
Ivana Zimbone

La scrittura è terapia, perché per il genere umano – come suggerito da Lacan – la parola viene prima dell’essere. Consente di dare significato a ciò che ci circonda, di riordinare pensieri ed emozioni, di elaborare l’esperienza e trasformarla in altro. Così è accaduto per le donne che hanno deciso di raccontare la loro lotta contro il tumore al seno ne “La porta socchiusa. Degenza e convergenza emotiva”, opera a cura di Francesca Catalano, Elda Ferrante e Pina Travagliante.

Il volume, presentato in occasione della X edizione di “Maggio in…forma”, campagna di informazione e prevenzione del carcinoma mammario organizzata dalla Fondazione Etica e Valori Marilù Tregua e da Andos Catania, è una raccolta di storie autobiografiche da cui emergono l’ansia, la paura, il senso di impotenza, lo smarrimento, la rabbia di fronte alla malattia, la necessità di adeguarsi a un nuovo corpo e a una nuova identità. Ma anche l’attaccamento alla vita, la speranza, il coraggio che soltanto chi tocca il fondo è consapevole di avere.

La funzione della scrittura e i laboratori di medicina narrativa di Andos

“La scrittura ha una funzione catartica – ha detto Raffaella Tregua, vicepresidente della Fondazione, durante l’evento moderato dalla giornalista Sarah Donzuso  – Attiva una parte del cervello necessaria all’elaborazione delle emozioni che ci attraversano, anche quando la malattia direttamente o indirettamente vissuta, come accaduto alla mia famiglia con mia sorella Marilù, che si è ammalata a 38 anni ed è morta a 42, ci sconvolge. La malattia è un trauma e una trasformazione dell’anima, che rende essenziale tutto ciò che prima ritenevamo banale, come una passeggiata, una risata, il tempo trascorso a cucinare insieme”.

Per questo l’Andos organizza anche laboratori di medicina narrativa che possano accompagnare le donne affette da tumore al seno nel loro percorso. “Le storie delle protagoniste di questo libro sono tutte diverse, perché ogni vita è diversa. Cos’hanno in comune? Tutte ricordano il giorno e l’orario esatto in cui hanno ricevuto la diagnosi di ‘cancro’. Una parola che, solo a pronunciarla, fa terrore. Ma tutte, poi, si sentono accompagnate, prese per mano, e scoprono la speranza, attaccandosi alla famiglia, ai figli, alla madre, al lavoro o alle compagne di lotta. Si chiedono ‘perché proprio a me?’, ma comprendono dopo che la malattia sia un percorso che attraversa la vita umana”, ha spiegato Pina Travagliante, professoressa ordinaria di Storia del pensiero economico di UniCT e vicepresidente di Andos Catania.

Trattare il tumore al seno: non solo chirurgia

Silvana Raffaele, professoressa di Storia moderna dell’ateneo etneo, ha partecipato alla presentazione del libro e raccontato come il tumore abbia messo a dura prova più volte la sua vita: è per questo che ha perso il marito più di 30 anni fa ed è contro di lui che ha lottato e vinto in più occasioni. Da storica, ha spiegato come il tumore al seno sia da sempre esistito, venendo anticamente trattato con pratiche dolorose e che oggi definiremmo certamente ascientifiche. Ma il cancro non può essere trattato soltanto con la chirurgia. “Questo libro è il successo della scienza, rappresenta il punto più avanzato di ciò che definisce il buon percorso di guarigione. Il decorso post operatorio, il dopo che lascia il malato guarito o in fase di guarigione, solo, con le parole, le fobie, le incertezze, le fragilità, le limitazioni funzionali, i dolori, i disturbi dell’umore che mettono a serio rischio quotidianità, relazioni, affetti, identità – ha detto Antonia Criscenti, già professoressa di Storia della pedagogia di UniCT e vicepresidente del Centro italiano di ricerca storico-educativa e socio-pedadogica – Dentro questi racconti, lungo la via del recupero di quel progetto di vita interrotto, è manifesto il segno di riuscita”. 

Per un luogo di cura trasformativo, Elda Ferrante: “Accogliere i bisogni emotivi”

La malattia oncologica non è esclusivamente un evento medico, ma anche un evento di “parola”. “Come dice la psicanalisi, siamo ‘parlessere’ – ha precisato Elda Ferrante, psiconcologa dell’ospedale Cannizzaro e di Andos Catania – La diagnosi di malattia è un trauma simbolico, qualcosa che interrompe quel ‘discorso’ che costituisce il soggetto e che crea un buco, un vuoto, che va riparato attraverso un percorso soggettivo. La sequenza di esami diagnostici, interventi, terapie, monitoraggi fa entrare il soggetto nel ‘discorso medico’, generando confusione d’identità. Si fa fatica a ritrovarsi, sperimentando sofferenza ulteriore rispetto a quella fisica. Questo libro è la dimostrazione, però, di come un luogo di cura possa essere trasformativo, se in grado di accogliere anche i bisogni emotivi delle pazienti, consentendo una riacquisizione della consapevolezza di sé”.

Le difficoltà del personale medico nel comunicare la diagnosi

L’empatia è la dote per eccellenza del medico che conserva il suo lato più umano e che, proprio grazie a questa, riesce ad accompagnare con cura il/la paziente. Ma è difficile nutrirla e conservarla rimanendone illesi, quando ci si trova a dover affrontare una diagnosi di tumore al seno. “Nel momento della diagnosi la donna viene come rapita, non capisce nulla a causa della reazione dell’amigdala. È difficile anche per noi medici trovare le parole per comunicarla, che devono essere sempre quelle corrette, a persone di diversi livelli socio-culturali e di età differenti. Così mi aiuto disegnando e mostrando l’albero della mammella – ha confessato Francesca Catalano, direttrice del reparto di Senologia del Cannizzaro di Catania  e presidente di Andos Catania – Poi c’è il piano emotivo: è più facile farlo con le donne di età avanzata, che generalmente vivono un decorso più lento della malattia. Ma adesso l’incidenza si è alzata anche tra le giovani e, proprio oggi, abbiamo discusso il caso di una ragazza di 30 anni e ne abbiamo un’altra di 28. Si tratta di donne che entrano nel nostro laboratorio in un modo e ne escono in un altro, completamente diverso, interrompendo il loro progetto di vita”.

L’evento si è concluso con la lettura di alcuni brani tratti dal volume da parte delle stesse protagoniste, che hanno vinto la battaglia anche grazie alla diagnosi precoce. Una scelta possibile soltanto attraverso lo screening annuale. Per questo il prossimo appuntamento del programma “Maggio in…forma”, che si terrà sabato 31 maggio in piazza Stesicoro a Catania, dalle ore 9 alle 12, consentirà a 500 donne della fascia 40-49 anni di prenotare la propria mammografia gratuita.

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