il ministero dell'Interno ha annunciato il divieto di ogni manifestazione senza autorizzazione , "Le proteste disturbano la vita normale e molestano le persone"
Dopo l’annuncio del loro governo di soli uomini, i Talebani fanno piombare la scure sui diritti delle donne. Nel nuovo Emirato islamico dei mullah, le afghane non potranno più praticare alcuno sport che “esponga i loro corpi” o le mostri ai media.
In un’intervista all’emittente australiana Sbs news, il vicecapo della Commissione cultura dei sedicenti studenti coranici, Ahmadullah Wasiq, dipinge un futuro che somiglia sempre più a un incubo mentre nel Paese scatta anche il divieto di tutte le manifestazioni non autorizzate.
“Non credo che alle donne sarà consentito di giocare a cricket, perché non è necessario che le donne giochino a cricket”, ha dichiarato l’esponente talebano, affermando che nel gioco “potrebbero dover affrontare situazioni in cui il loro viso o il loro corpo non siano coperti” e che “l’Islam non permette che le donne siano viste così”. Inoltre, “questa è l’era dei media, e ci saranno foto e video, e la gente li guarderà”. Alle afghane, ha aggiunto Wasiq, sarà consentito uscire di casa solo per soddisfare i “bisogni” essenziali, come “fare la spesa”, e lo sport non è tra questi. Come non lo è manifestare. Né per loro né per gli uomini: il ministero dell’Interno afghano ha annunciato il divieto di ogni manifestazione senza un’autorizzazione da “chiedere almeno 24 ore prima”, comunicando tutti i dettagli. “Le proteste disturbano la vita normale, molestano le persone” e creano problemi di sicurezza, ha affermato il nuovo governo dei mullah.
I primi effetti della fatwa sullo sport femminile potrebbero vedersi molto presto. E nell’Afghanistan in cui il cricket è sport nazionale, a rischio c’è anche l’atteso match previsto a novembre in Australia tra le due nazionali maschili per l’International Cricket Council, che richiede a tutti i suoi 12 membri di avere anche una squadra femminile. Una deriva già temuta dalle atlete della nazionale di ciclismo. Almeno 25 di loro erano riuscite a lasciare in tempo il Paese, passando per il Tagikistan, e sono state accolte temporaneamente negli Emirati, in attesa di completare i documenti per arrivare in Canada. Una fuga dettata proprio dalla convinzione che i Talebani non sarebbero cambiati.
Le dichiarazioni e le prime azioni degli studenti del Corano appaiono in effetti lontanissime dalle iniziali promesse di scelte “inclusive”. Mosse che hanno subito scatenato proteste nel Paese, dove da giorni sit-in e manifestazioni contro il nuovo potere e a difesa dei diritti delle donne si susseguono in diverse città, da Kabul a Mazar-i-Sharif. Dopo l’appello a non riconoscere la legittimità del nuovo esecutivo da parte del leader della resistenza Ahmad Massoud, che l’ha definito “un segno dell’ostilità contro il popolo afghano” ed è tornato a denunciare i massacri di civili nel Panshir, decine di donne oggi sono scese nuovamente per le strade della capitale afghana e nella provincia nordorientale di Badakhshan per denunciare la loro esclusione da tutti i ruoli di governo, con tanto di cancellazione del ministero incaricato di occuparsi degli Affari femminili.
Diverse dimostranti sono state picchiate con dei bastoni e il corteo è stato disperso, secondo quanto riferiscono media locali. Alcune sono state colpite “con una frusta e ci hanno intimato di andare a casa e accettare l’Emirato. Ma perché dovremmo, se non veniamo incluse e ci vengono negati i nostri diritti?”, ha raccontato una manifestante alla Cnn. Stessa sorte toccata a diversi giornalisti, picchiati e detenuti.
I mullah parlano di iniziative non autorizzate secondo le nuove regole ferree imposte dal ministro dell’Interno Sirajuddin Haqqani, ricercato per terrorismo dall’Fbi. “Non è il momento delle proteste”, aveva avvisato minaccioso il loro portavoce, Zabihullah Mujhaid. Col passare del tempo, la repressione si fa insomma sempre più dura. Diversi cortei erano già stati dispersi con colpi d’arma da fuoco, sparati in aria ma non solo, come dimostrano le tre vittime di ieri a Herat. E la stretta colpisce sempre di più anche i reporter. Numerosi sono i cronisti locali e stranieri che hanno denunciato di essere stati trattenuti per ore dalla sicurezza talebana per impedire la copertura mediatica delle proteste.
Episodi che hanno coinvolto anche alcuni italiani. Da qui l’invito partito in serata dalla Farnesina che ha ribadito lo “sconsiglio” a recarsi in Afghanistan, dove le condizioni di sicurezza già precarie sono “ulteriormente peggiorate” dopo la presa del potere dei fondamentalisti.