Milano, 30 mag. (askanews) – Nei primi quattro mesi di quest’anno il Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg ha fatto registrare una crescita del 20% rispetto allo stesso periodo del 2024, e un incremento del 37% per le Rive, le espressioni più identitarie della Denominazione. Ad annunciarlo è stato il direttore del Consorzio, Diego Tomasi, durante una doppia giornata di degustazione organizzata a Milano. Il primo appuntamento tenuto da Paolo Porfidio è stato con i sommelier di importanti realtà della ristorazione lombarda, mentre il secondo, condotto dallo stesso Tomasi, è stato dedicato alla stampa specializzata e incentrato sui risultati ottenuti e le prospettive future del Conegliano Valdobbiadene.
Dopo aver sottolineato l’impegno dei viticoltori nel mantenere elevati standard qualitativi nel complesso contesto del cambiamento climatico, il direttore ha evidenziato come sia centrale per il Consorzio il tema della riconoscibilità sul mercato, che va di pari passo con la capacità di distinguersi all’interno del ricco ma complesso mondo del Prosecco. Per farlo, sulla scia delle Uga, sulle colline con il bollino Unesco sono arrivate le (43) Rive e ora, sulla scia dei grandi spumanti, si inizia a lavorare sulla longevità del vino. Un vino con maggior struttura, con caratteristiche gusto-olfattive più complesse e ricercate dal forte accento gastronomico, che possano andare anche oltre il momento classico dell’aperitivo o del brindisi. Del resto, l’approccio al Prosecco Docg è già cambiato negli ultimi anni come dimostra il calo significativo delle tipologie Dry ed Extra Dry in favore di Brut ed Extra-Brut con queste ultime che oramai rappresentano la metà delle vendite, mentre la recuperata e affascinante versione “sur lie” rappresenta meno dell’1% delle poco più di 90 milioni di bottiglie sul mercato, che valgono circa 564 milioni di euro.
Riconoscibilità sul mercato che passa inevitabilmente anche attraverso un posizionamento più alto (oggi la fascia di prezzo media è tra gli 8 e i 12 euro) guardando anche alla “nicchia” rappresentata dal “Cru” Cartizze (1,3 mln di bottiglie vendute in media tra i 18 ei 20 euro), nella convinzione che il consumatore che cerca una qualità più alta sia disposto a scucire qualche euro in più. Un discorso che ha una sua ragione d’essere non solo nella fatica di vendemmiare e di manutenere i “ciglioni”, ma anche perché va tenuto in conto che dal 2019 c’è il divieto di nuovi impianti e che l’enoturismo (e quindi la vendita diretta in Cantina) è cresciuta tra il 2014 e il 2024 di quasi il 30%. Per quanto riguarda l’export (che si aggira sul 40%), Gran Bretagna e Germania rimangono i mercati più importanti della Denominazione, ma Svizzera, Austria e Stati Uniti (partendo dai 3,5 mln di italoamericani altospendenti) stanno crescendo rapidamente, dazi permettendo. Se il Prosecco Doc di pianura (660 mln di bottiglie per un giro d’affari di 3,6 mld) guarda con attenzione alla mixology, il Prosecco Superiore pensa a crescere invece nel canale horeca puntando in particolare sull’abbinamento con la cucina (compresa quella “etnica”), facendo anche leva sulla naturale leggerezza alcolica della Glera che difficilmente supera gli 11,5 gradi.
La nuova presidenza del Consorzio affidata al “diplomatico” Franco Adami sta sondando anche il terreno per un nuovo logo e per affrontare una buona volta il tema di un acronimo che possa riassumere in modo più semplice e immediato la dicitura scioglilingua “Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg”: ci sono da mettere d’accordo 220 Cantine e 3.200 famiglie, una possibile soluzione di cui si parla da anni quindi non pare essere dietro l’angolo. Nel frattempo qualche produttore ha eliminato dalle sue bottiglie la scritta Prosecco.

