Milano, 6 giu. (askanews) – ‘Quest’anno confidiamo di chiudere in linea con il budget, che è già un buon risultato, che ci vede in crescita sui core business anche se a livello di fatturato scontiamo ancora la dismissione di Casa Girelli (una società di imbottigliamento prevalentemente di private label) ma nel complesso siamo abbastanza soddisfatti. Stimare quest’anno è stato difficilissimo a causa dell’incertezza per i dazi degli Stati Uniti tra aprile e maggio. C’è stato certamente un effetto ‘stoccaggio’ anche se il mercato americano è stato poi guardingo nel fare gli ordini’. A parlare ad askanews è Enrico Zanoni, dal 2009 direttore generale della Cantina Viticoltori del Trentino (Cavit), seconda, con un fatturato 2024 di oltre 253 milioni di euro, tra le prime dieci società del vino italiane nella fascia di ricavi compresi tra i 200 e 300 milioni, ed esempio di cooperativa moderna ed efficente. ‘Per gestire una realtà complessa come questa è fondamentale avere una struttura solida, con un’organizzazione chiara e ruoli ben definiti. Il team di management è di buon livello e proviene da esperienze diversificate, non solo nel settore vinicolo, ma anche in ambiti affini. È essenziale anche l’allineamento delle funzioni con obiettivi chiari, mantenendo la rotta e adattandosi all’evoluzione del mercato, sempre più complesso, rapido e imprevedibile’ racconta Zanoni, ricordando che ‘in questi sedici anni l’azienda è cresciuta molto, con un driver importante che è stata la spumantistica Metodo Classico, in particolare con il brand Trentodoc Altemasi, che in poco più di un decennio ha registrato una crescita di dieci volte in termini di volumi e più di dieci in termini di fatturato. Un altro driver è stato l’innovazione che ha avuto un ruolo chiave, soprattutto per quanto riguarda il mercato nordamericano, più ricettivo rispetto a quello domestico ed europeo. Più di dieci anni fa abbiamo lanciato con successo un prodotto specifico per il mercato statunitense, leggermente frizzante con un residuo zuccherino di un certo tipo, posizionato in modo preciso e offerto inizialmente in esclusiva alla catena di ristoranti specializzati in cucina italo-americana, ‘Olive Garden’ e poi immesso sul mercato ottenendo risultati rilevanti’.
Oltre allo spumante e a prodotti innovativi ‘sono state effettuate anche acquisizioni, tra cui una in Germania nella spumantistica una decina di anni fa, Cesarini Sforza nel 2019 e una società commerciale legata alla Cantina Lavis e Cembra, rientrata ora nella compagine Cavit. È stata inoltre chiusa la partita di Casa Girelli con l’assorbimento dell’80% dei dipendenti, e ora siamo in dirittura d’arrivo anche per la cessione del sito produttivo’ continua il direttore generale, spiegando che ‘abbiamo iniziato i primi lavori della nuova Cantina per lo spumante, che prevede la creazione di due impianti separati per lo Charmat e per il Metodo Classico, che permetterà molta più capacità produttiva e flessibilità, e una maggiore capacità di stoccagggio di prodotto finito e di quello in maturazione, anche se continueremo a tenere una parte nelle grotte ipogee nella Val di Non. La nuova cantina sarà inoltre collegata con il magazzino attraverso un tunnel sotterraneo: un sistema molto più comodo ed efficiente perché ci consente di eliminare una serie di complesse movimentazioni interne. L’investimento complessivo previsto è di oltre 25 mln di euro, e Invitalia (controllata al 100% dal ministero dell’Economia e delle Finanze) ha approvato un investimento lavori di poco meno di 5 mln’ chiarisce Zanoni, evidenziando che per le bollicine ‘riteniamo di avere ancora margini di crescita, nonostante la spumantistica in senso ampio pesi per noi oltre il 30% del fatturato. La spumantistica è cresciuta molto se si pensa che dieci anni fa non arrivava al 10%. Con Altemasi e Cesarini Sforza ci sono, con focus su canali specifici e un aumento distributivo, spazi di crescita a doppia cifra in Italia’.
Cavit è la terza realtà cooperativa italiana dopo Cantine Riunite-GIV e Caviro, un colosso fondato nel 1950 che riunisce 11 Cantine sociali e oltre 5.250 viticoltori, rappresentando più del 60% della superficie vitata del Trentino. Gestisce l’intera filiera produttiva, dalla raccolta delle uve all’imbottigliamento, e la sua offerta include vini bianchi, rossi, spumanti e vini dolci che vende in quasi tutti i canali. ‘Attualmente il 75% del fatturato proviene dall’export ma l’Italia resta il secondo Paese per importanza dopo gli Stati Uniti e prima dell’Inghilterra, della Germania e del Canada che sono Paesi per noi molto importanti. L’Italia ci sta dando soddisfazione, non solo per la spumantistica ma anche sul fronte Horeca e Gdo che stanno funzionando bene da un po’ di anni. Anche il pregiudizio nei confronti del sistema cooperativo per il presunto scarso appeal in un certo mondo dell’Horeca e per non dare il giusto risalto alla qualità si sta lentamente dissolvendo negli ultimi anni, portando a risultati positivi’ precisa Zanoni che, riguardo ai dazi, spiega che ‘l’azienda aveva già fatto simulazioni su varie fasce dal 10 al 25%, e ha deciso, in accordo con il partner statunitense, di non assorbirne l’effetto ma di riversarlo sul mercato. Solo su un prodotto, il Pinot Grigio, si sta valutando un approccio più attento sia per via della competitività con quello della California e dell’Oregon, che per evitare barriere psicologiche legate ai prezzi’.
Per quanto riguarda i cosiddetti ‘NoLo’ (no e low alcol), Zanoni afferma che ‘se ne parla più di quanto se ne produca, se ne venda e se ne beva ma è un tema che stiamo approcciando da tempo e oggi stiamo testando in Inghilterra una bevanda a base di vino che produciamo in Piemonte su ricetta nostra con l’obiettivo di comprendere meglio le potenzialità di mercato. E’ un test nell’ambito della spumantistica, perché pensiamo abbia più chance rispetto ai fermi. Stiamo inoltre facendo una serie di valutazioni anche per il vino, ragionando su qualità e tecnologie. Sulla piazza americana abbiamo lanciato un Pinot Grigio a 9,5 gradi alcolici, posizionato più sulle basse calorie che sulla bassa gradazione alcolica: è un prodotto che ha avuto un’accoglienza molto buona e poi si è un po’ fermato. Certamente la tendenza è quella di avere vini con gradi alcolici più bassi rispetto al passato’.
Zanoni, ‘Benemerito della vitivinicoltura italiana’, è un manager o, ancora meglio, un uomo di numeri e, anche per questo è riconosciuto come uno degli osservatori più lucidi del mercato enologico. Qual è oggi la sua principale preoccupazione? ‘Il minor consumo di vino, che è figlio soprattutto del fatto che le nuove generazioni ne bevono meno per lo scarso potere di acquisto, per la riduzione dei momenti di socialità, per il proliferare di prodotti alternativi e per l’attenzione salutista. Come attrarre i giovani – prosegue Zanoni parlando ad askanews – è una delle sfide importanti dei prossimi anni. Negli ultimi due, e il primo trimestre di quest’anno lo sta confermando, assistiamo ad una flessione dei consumi di vino oramai generalizzata in tutti i mercati, anche se ad esempio, l’horeca in Italia sta recuperando dopo il calo registrato nell’ultimo trimestre dell’anno scorso’.
Per fare fronte proprio al calo dei consumi, che si somma all’annoso tema della sovrapproduzione e da qualche anno a quello drammatico dei cambiamenti climatici, si è tornati a discutere anche in Italia dell’espianto dei vigneti. ‘Se c’è un calo della domanda in un orizzonte di 3-5 anni, io sono, seppur con rammarico, tendenzialmente favorevole perché vedo delle zone in grande sofferenza’ risponde Zanoni, aggiungendo però che ‘il mondo viticolo italiano deve soprattutto continuare a ragionare in termini di aggregazioni e reti d’impresa per affrontare un mercato che richiede sempre più professionalità e strutture che possano anche appropriarsi di catene del valore della distribuzione che spesso e volentieri sono state demandate a a figure terze. Questo lo si può fare se si ha massa critica e un portafoglio più ampio. In Italia per anni è stata fatta l’elegia del piccolo è bello, non voglio dire che piccolo è brutto ma attenzione perché per esempio quando noi ci misuriamo sul mercato Usa siamo una pulce’.
In questo senso la forma cooperativa può reggere anche in futuro? ‘La cooperazione ha fatto grandi progressi nella professionalizzazione, nella qualità e nell’attenzione al mercato a differenza che in passato quando era concentrata principalmente sulla fase produttiva. C’è ancora da fare per quanto riguarda ulteriori aggregazioni. Il modello però funziona anche perché la frammentazione della proprietà agricola è molto forte e rende necessaria l’associazione tra i viticoltori. Piuttosto vedremo cosa succederà con gli investitori finanziari nel mondo del vino, perché chi investe non vuole avere i terreni, ma per fare il vino ci vogliono i vigneti e la cooperazione ha la possibilità di mettere assieme superfici importanti’. (Alessandro Pestalozza)
Foto: Daniele Panato/Agenzia Panato

