Viola Valentino: “Bugie non ne racconto mai” - QdS

Viola Valentino: “Bugie non ne racconto mai”

redazione

Viola Valentino: “Bugie non ne racconto mai”

Giuseppe Paternò Raddusa  |
sabato 20 Luglio 2024

L’artista di Comprami e Sola che al momento vive a Catania intervistata dal QdS

CATANIA – La definiscono “icona degli anni Ottanta”, ma è amatissima ancora oggi. Viola Valentino, al secolo Virginia Maria Minnetti, nata a Canzo, è colonna sonora dei ricordi di tanti italiani. La sua Comprami, 500.000 copie vendute nel 1979, è un tormentone che resiste al tempo. Un Alleluia profano che unisce generazioni diverse. Viola Valentino però, è, tanto altro. I primi passi li compie da fotomodella; dopo un’incursione esplorativa nella musica con un talent scout d’eccellenza come Gino Paoli, Virginia Minnetti si trasforma in Viola Valentino alla fine degli anni Settanta, grazie al produttore Giancarlo Lucariello che ne nota il potenziale mentre canta brani dalle sonorità Abba insieme agli altri membri del gruppo Fantasy, poi sciolto.

Dal 1979 Viola non si ferma più: il boom di Comprami, tante hit (Anche noi facciamo pace, Giorno popolare), due volte in gara a Sanremo (nel 1982 con Romantici e l’anno successivo con il samba Arriva arriva), una sigla di Domenica In (Sera coi fiocchi), un paio di copertine di Playboy, camei nella cronaca rosa (dopo il matrimonio con Riccardo Fogli oggi è sposata con Francesco Mango), tantissime apparizioni in tv e qualche film come attrice – il più ricordato è Delitto sull’autostrada, 1982, tra i capitoli più amati della serie sull’ispettore Nico Giraldi con Tomas Milian.

Viola Valentino ha attraversato gli anni Ottanta come una passeggiata sul mare dei sentimenti, sogno raffinato e idea malinconica. Una cantante che è entrata nell’immaginario come icona sexy e sofisticata ma anche rassicurante. Viola Valentino non si è trincerata negli Eighties: nei decenni successivi per lei hanno scritto autori come Gianni Bella, Mogol, Cristiano Malgioglio, Grazia di Michele, Alberto Camerini, Andrea Gallo, Dario Gay e Bruno Lauzi, che nel 2006 le ha donato la sua ultima canzone, Barbiturici nel the.

Valentino negli ultimi anni ha sperimentato con artisti e generi diversi, dal rap all’urban senza mai trascurare il pop. Instancabile lavoratrice dello spettacolo, tra concerti e manifestazioni, suona praticamente ogni sera lungo tutta la penisola. Oggi passa tanto tempo a Catania, collaborando con Roberto Serafini, cantautore etneo che ha firmato brani come Voglio te e Stella nel tempo. Insieme hanno riportato al grande pubblico un colorato successo del 1980 di Viola, Sei una bomba. Serafini, in città, ha fondato l’associazione culturale Mondo Musica di cui Valentino è madrina e che fa da salotto al nostro incontro. Gli occhi buoni di Viola dicono tutto: è ancora, ricordando la sua Romantici, una brava ragazza e una (simpatica) commediante. La voce, invece, ha il carattere deciso di chi sa cosa vuole dall’esistenza.

Viola, anzi: Virginia, cosa ci fa in Sicilia?
“Sono quelle cose che non si possono e non si sanno spiegare. Qui a Catania è nato più di vent’anni fa il mio fan club, ci ho suonato un sacco di volte. Poi, a febbraio scorso, ho avuto la fortuna di incontrare Roberto Serafini (i due sono seguiti dallo stesso produttore, Luca Venturi, che ha curato anche l’ultimo disco della cantante, Gratis, ndr). Roberto è un artista che si dà molto da fare per lavorare bene.

Cosa le piace di questa terra?
“La gente. E il mare”.

La Sicilia lei l’ha già cantata nel 1984, con Verso Sud, scritta dal catanese Vincenzo Spampinato: “dove la gente è più dolce e romantica…”
“…se passa un secolo non si dimentica”: Vincenzo Spampinato, con quel brano, ha integrato il suo pensiero con il mio. Con Vincenzo eravamo molto uniti, ci siamo suggeriti a vicenda delle cose e ha scritto per me questa incantevole canzone”.

Che Billy Idol adorò a Un disco per l’estate di quell’anno. Lei è un’artista che non ha mai avuto paura di sperimentare, tra generi e anche generazioni diverse, lavorando con artisti e autori emergenti come Francesco Serra e Serena De Bari. Come si nutre questo coraggio?
“Non è tanto un fatto di nutrimento. È una cosa istintiva, se devo essere onesta. Quando ascolto qualcuno che secondo me ‘vale’, sono ricettiva. Amo collaborare con le persone che hanno qualcosa da dire, quando fanno musica. E poi ho sempre dato spazio ai giovani artisti, forse perché ho dalla mia l’esperienza: ho aiutato tanta gente a credere in sé”.

Comprami. Le scoccia parlarne?
“Nì. Quella bellissima canzone è la mia croce ma anche la mia delizia”.

500.000 copie vendute nel 1979. All’epoca comperare un disco, per una famiglia, è un impegno economico. Quel brano risuona nelle case di tanti italiani, significa qualcosa. Ora è un evergreen, anzi: un inno liberatorio. Chi viene ai suoi concerti ne grida strofe e ritornello. La pretende.
“Sì, è un classico ma è stata anche una canzone fraintesa. Comprami non parla di denaro. Anzi, direi che è proprio il contrario. C’è una ragazza che si espone in maniera chiara con un ragazzo: sì, sei un po’ sfigato, ma renditi conto che esisto anch’io e che per innamorarmi mi basta una parola, un gesto. Una poesia. Non soldi. E poco importa se ti è andata male in amore, fino a quel momento. Comprami l’hanno creata due miei amici, Renato Brioschi (noto anche come Renato dei Profeti, ndr) che ha composto le musiche e Cristiano Minellono che ha scritto il testo: nel 1979 hanno trovato in me l’energia giusta per dar vita al brano”.

In Arriva arriva canta un samba in cui la malinconia si traveste da allegria. In Addio amor e Ripensando dà voce a personaggi Dietrich-style irrequieti e amareggiati. Sullo stesso territorio si muovono Dimenticare mai e Le prove di un addio. È malinconica?
“Mi sento e sono riflessiva, più che malinconica. E un po’ realista. Certo, la malinconia è qualcosa che provo, anche se non so bene per cosa. Forse nei riguardi di una società troppo interessata al successo, ai facili guadagni, e che tratta i sentimenti con superficialità”.

Come cavalca i cambiamenti nel suo settore?
“Mi do per quella che sono, anzi: cerco di essere migliore di quel che già sono, di andare incontro alla gente ascoltando le problematiche che hanno: sentimentali, di vita, di ogni tipo. Spesso sono situazioni amare. Non sono una benefattrice, o meglio: sono una benefattrice intellettuale. Alle persone che vengono ad ascoltarmi e che a volte condividono con me le loro storie dico: cercate di andare avanti. Stringete i denti”.

Che rapporto ha con il tempo che passa?
“Ripeto sempre questo adagio napoletano: ‘o tiemp passa e o munn’ se vota’. Dobbiamo cercare di farlo scorrere più felicemente possibile. Con entusiasmo. Oggi ci siamo, domani? Chissà. Voglio essere soddisfatta di quello che ho raggiunto nella vita, quando Gesù deciderà di…”.

Per favore, non accadrà mai! (Valentino ride, ndr). Lei ha cantato contro la violenza sulle donne (Ti amo troppo, I tacchi di Giada), ma soprattutto è stata alleata di tante persone LGBTQ+ schierandosi da sempre contro l’omo-transfobia…
“La comunità LGBTQ+ è fatta di persone con lavori ed esistenze normali, con una loro natura, una loro storia, costellata di emozioni come per chiunque altro. Ai miei concerti vengono ancora molti ragazzi omosessuali: si raccontano, si dichiarano, si aprono. Come ripeto spesso, un manovale gay a Catanzaro se la passa peggio di un ragazzo che lavora nella moda a Milano, eppure è tosto per tutti. Sottoscritta inclusa: a volte arrivano e mi dicono: ‘Mi ammazzo’. Guardi, è pesante sentirsi dire una cosa del genere. Io sono una persona sensibile, queste cose non mi scivolano addosso. Potrei incassare questi racconti e continuare per la mia strada, ma non ci riesco. Cerco di aiutarli, di cantare con loro e per loro. Sa quanti ragazzi ho salvato dal suicidio? I miei fan mi vedono come una grande madre che li protegge. Che ha cura e rispetto di quello che provano. La gente deve essere libera di vivere l’orientamento sessuale che desidera. Qual è il problema?”.

Nessuno, anzi…
(Viola Valentino prende un bel respiro ma non replica immediatamente. Negli occhi della cantante, che ogni sera incontrano palcoscenici diversi in tutto il Paese da quasi cinquant’anni, si rincorrono veloci i pensieri sul suo ruolo d’artista che si è sempre dedicata al pubblico con estrema onestà).
“Nel corso della mia carriera ho voluto cantare solo la sincerità. Non credo nei testi che non testimoniano la verità. Nell’arte non ci sono solo le rose e i fiori. Esistono determinate situazioni tristi che ho raccontato in molte canzoni, come Domani è un altro giorno, che parla di discriminazione e omofobia. Brani pop, ‘leggeri’, certo non musica impegnata alla De André, ma il messaggio è arrivato forte e chiaro a tante persone. Pure a quelli che non volevano capire che al mondo siamo tutti uguali. E che viviamo gli stessi sentimenti”.

È stata scoperta da Gino Paoli, nel 1968. Produsse il suo primo singolo, Dixie, per la Durium. All’epoca si chiamava solo “Virginia”, che poi è il suo vero nome.
“Abitavo a Sesto San Giovanni, facevo la modella. Mi ritrovavo a viaggiare in metro da e verso Milano con l’amico Riki Maiocchi (fondatore dei Camaleonti, ndr). Una sera mi chiede di accompagnarlo a consegnare un’audiocassetta in un ufficio. Ci sediamo nella sala d’aspetto, sentiamo delle voci: al centro di una delle porte è fissato un cartello con su scritto Senza fine. Dietro la porta provano Gino Paoli e Ornella Vanoni. Paoli esce, mi guarda e chiede: tu sai cantare? Rispondo: No! Da lì è cominciato tutto”.

Ci sono dei momenti in cui Virginia Minnetti si annoia di Viola Valentino?
“Spessissimo. Siamo la stessa persona, però Virginia Minnetti è più pratica. Viola Valentino ogni tanto deve fare qualche strana recita. Anche se di bugie non ne racconto mai”.

Sola, scritta da Vincenzo Spampinato con musiche di Maurizio Fabrizio, è uno dei pezzi più belli e dolenti della storia del pop. Una piccola, grande canzone d’amore presente nella colonna sonora di Delitto sull’autostrada, con Tomas Milian, di cui è protagonista. Tornerebbe a recitare?
“Sì. Recitare mi è piaciuto. Film come Delitto sull’autostrada erano amati perché facevano sentire gli spettatori inclusi nel racconto di quel che vedevano. Con la morte di Bruno Corbucci, il regista del film (che ha diretto anche Le volpi della notte, altro titolo con la Valentino del 1986, ndr), ci siamo fermati. Mi piacerebbe riprendere, perché no”.

Lei è tante anime. La Viola Valentino icona anni Ottanta ma anche la voce intima di bellissimi pezzi di un altro grande catanese, Gianni Bella. Nel 2012 però arriva una canzone-manifesto: Stronza (di Francesco Mignogna e Giovanni Germanelli). Un capolavoro: ogni volta che la Stryxia la passa al Plastic è un trionfo.
(Viola Valentino esplode, di nuovo, in una risata. Chissà, magari le piace di essere squarciagolata in uno dei club più importanti d’Italia).
“Certo, lo so. Quella canzone racconta di tutti e racconta di me. Parla di una stronza che, dopo tanti anni, si auto-colpevolizza. Che si sente diversa da come la vedono gli altri. Una stronza che crede ancora nei sentimenti, nella spiritualità, nell’amore per le persone e, nel mio caso, pure per gli animali. Una stronza che, cito, “non riesce neanche a prendersi un caffè (…) Ma come ho fatto a non capirlo sono ancora innamorata, incasinata”.

Oggi, dopo tanti altri pezzi, ritorna con Sei una bomba (Festa), insieme a Roberto Serafini, il “cantautore dell’amore”. C’è ancora Sicilia nel futuro di Viola Valentino?
“Voglio cantare un pezzo che mi piace molto Maledetto feeling. Lo inciderò sia da sola che insieme a Roberto, lui l’ha portata al successo qualche anno fa. Solo che io la canterò meglio! (ride e scherza con Serafini, che fa capolino durante l’intervista, ndr). Quindi sì, c’è ancora la Sicilia nel mio futuro. Per ora”.

Un brano del suo passato cui vorrebbe ridare nuova vita. Inizio io: Balere, 1983. Lato B di Arriva arriva.
(Viola Valentino riflette per qualche secondo, riporta il brano alla mente, sorride e inizia a cantarlo, con la voce delicata di un tempo oggi ancora più viva, temprata dalle sigarette, dal tempo che passa e va, dalla normalità dell’esistenza).
“Bellissima, di Guido Morra! È una canzone che racconta quelle sere disperate di alcune persone che vanno in balera per non sentirsi sole. Però non ce n’è una in particolare cui ridarei nuova vita. Ogni mio brano ha già un suo significato, un suo perché. Ho sempre lavorato con parolieri intelligenti, che hanno scritto delle cose che potrebbero sembrare leggere, ma che rappresentano la vita vera”.

C’è qualcosa nella vita o nella carriera che non ha ancora realizzato, e che vorrebbe fare?
“A livello artistico ho fatto tanto e spero di continuare. Avrei tanto voluto avere un figlio ma non ci sono riuscita. Però ho i cani”.

Posso scriverlo?
“Sì”.

Qual è la cosa che detesta di più al mondo?
“L’ipocrisia”.

Ha paura del futuro?
“Sì. Il futuro è un’incognita. Non si sa mai ciò che accadrà. Se ce lo rivelassero, lo affronteremmo. Ma il futuro è futuro proprio perché nessuno ti anticipa niente”.

Qualcosa per cui valga la pena alzarsi al mattino.
“La vita”.

Chissà se, come cantava nell’estiva Giorno popolare (1981), resoconto di una gita in spiaggia alla stregua di un film di Luciano Emmer, Viola Valentino è ancora “una signorina che sera e mattina pensava all’amor”. A giudicare dai suoi occhi, che 45 anni fa incantarono l’Italia e che oggi sono più sinceri che mai, la risposta è una sola. Passa il tempo, Viola, ma noi ti aspettiamo ancora.

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