ROMA – C’è un orologio, in questo Paese, macchiato di sangue: è quello che scandisce il tempo che passa tra una violenza e l’altra nei confronti delle donne. Un orologio che oggi, Giornata internazionale contro la violenza di genere, siamo chiamati a osservare, provando con l’impegno e l’informazione a romperne le lancette.
Nel 2025 sono stati 77 i femminicidi accertati
Secondo l’Osservatorio nazionale di “Non una di meno”, nel 2025, sono stati 77 i femminicidi accertati e 68 quelli tentati. Ma la conta delle donne che non ce l’hanno fatta, già insostenibile, è solo la punta dell’iceberg di un problema più strutturale, di massa, che riguarda tutti. Fatto di stupri, molestie, ricatti psicologici ed emotivi. Sono circa sei milioni e 400 mila (il 31,9%) le donne italiane dai 16 ai 75 anni di età che hanno subito almeno una violenza fisica o sessuale nel corso della vita. Lo si evince dai primi risultati del report 2025 “La violenza contro le donne dentro e fuori la famiglia” dell’Istat. Il 18,8% delle donne ha subìto violenze fisiche e il 23,4% violenze sessuali; tra queste ultime, a subire stupri o tentati stupri sono il 5,7% delle donne.
La modifica al Codice penale
E proprio sulla violenza sessuale, quest’anno è stata rilevata per la prima volta una forma di stupro che accade in contesti particolari, quando la vittima non è in grado di rifiutare e di opporre resistenza perché è stata drogata o è sotto l’effetto di alcool. La questione solleva un tema di discussione importante che, proprio in queste giornate, è stato al centro del dibattito in Aula: il consenso. Che più che essere un tema, è un valore fondamentale, cioè quello dell’autodeterminazione della donna. La Camera dei deputati ha approvato, infatti, la modifica dell’articolo sul reato di violenza sessuale, art. 609-bis del Codice penale, introducendo come fattispecie determinante il “consenso libero ed attuale”. Una conquista che ha visto unite rappresentanti politiche di maggioranza e opposizione al Governo e su cui adesso si attende la parola del Senato.
Chi e come si educa al consenso?
La domanda che ora si fa strada è, chi e come si educa al consenso? La risposta è complessa, ma Gino Cecchettin, padre della giovane studentessa Giulia Cecchettin, brutalmente uccisa dall’ex fidanzato, di fronte al colpevole Filippo Turetta che ha rifiutato il ricorso in Appello dopo avere ricevuto la pena massima dell’ergastolo, ha lanciato un monito che suona come la consegna di un dovere alla comunità: “La giustizia ha il compito di accertare i fatti, non di placare il dolore. Quel compito spetta a noi: a chi resta, a chi decide di trasformare la sofferenza in consapevolezza e la memoria in responsabilità”.
Esiste un fatto, quasi una speranza: l’Istat, in questo 2025, evidenzia una maggiore consapevolezza dei rischi da parte delle donne. Si parla di una “diminuzione delle esperienze di violenza subite dal partner attuale, sia di natura fisica e sessuale, sia psicologica ed economica” ed emerge anche una maggiore consapevolezza del fenomeno nell’aumento delle vittime che considerano un reato quanto hanno subito e di quelle che cercano aiuto presso i Centri antiviolenza e i servizi specializzati, soprattutto per le violenze subite dai partner. Noi ne abbiamo parlato dando voce a chi, in prima linea e con ruoli differenti, si occupa del fenomeno.

