La “cattiva burocrazia” continua a rappresentare un ostacolo significativo per il sistema economico siciliano. La regione, pur non raggiungendo i vertici della classifica nazionale dei costi assoluti, si trova comunque ad affrontare un onere burocratico annuale stimato in circa 2,9 miliardi di euro, somma dei costi delle sue 9 province, che impatta direttamente sulla competitività delle sue imprese.
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Secondo i dati Istat e The European House Ambrosetti, elaborati dall’Ufficio studi della Cgia, l’associazione degli artigiani e piccole imprese di Mestre, la media per provincia si attesta a circa 325,67 milioni di euro all’anno. Un peso derivante da una sovraproduzione normativa “choc”, con oltre 35.000 pagine di norme pubblicate solo nel 2024, che ingessa la Pubblica amministrazione e alimenta l’incertezza. Palermo e Catania, i due maggiori centri economici dell’Isola, si posizionano rispettivamente al 20esimo e 23esimo posto a livello nazionale.
A Palermo e Catania si spendono in un anno circa 1,5 miliardi di euro per la gestione burocratica
Le loro imprese sostengono costi annui per la gestione burocratica pari a 755 milioni di euro e 653 milioni di euro. Questi numeri elevati sono direttamente correlati al loro maggiore Prodotto interno lordo. A seguire Messina, con 360 milioni di euro e Siracusa con 321 milioni. Le realtà più piccole, come Caltanissetta ed Enna, registrano i costi burocratici assoluti più bassi in Sicilia. Il dato sulla ricchezza prodotta offre un quadro altrettanto chiaro: la somma dei Pil delle 9 province siciliane contribuisce al 5,0% del Pil nazionale. Di conseguenza, la media per provincia siciliana è di circa lo 0,56% del Pil totale italiano. Questo valore medio provinciale, seppur superiore a quello delle province meno produttive d’Italia, evidenzia come il motore economico siciliano sia ancora lontano dalle performance medie delle regioni più ricche.
In tutta Italia si spendono oltre 57,2 miliardi di euro all’anno
In tutta la penisola, si stima un costo annuo complessivo, sostenuto dalle imprese per la gestione dei rapporti con la Pubblica amministrazione, in un totale di 57,2 miliardi di euro. Le province in testa alla classifica, caratterizzate da un Pil nettamente superiore a quello di qualsiasi provincia siciliana, sostengono costi incomparabilmente più elevati: Milano guida la classifica con un costo annuo di 6,144 miliardi di euro, Roma segue con 5,436 miliardi di euro, Torino si posiziona al terzo posto con 2,252 miliardi di euro. Napoli, la prima provincia del Sud, segue con 1,916 miliardi di euro. Per mettere in prospettiva i numeri, il costo annuo sopportato dalle sole imprese di Milano è oltre otto volte superiore a quello sostenuto dalle imprese di Palermo. Nel confronto con altre grandi realtà del Mezzogiorno, la media siciliana di 325,67 milioni di euro per provincia è significativamente inferiore al costo di Napoli.
Enna tra le province con i costi più bassi
Tuttavia, la provincia di Palermo è in linea con il costo sostenuto da altre importanti province del Sud come Bari, che registra un costo di 904 milioni di euro, posizionandosi al 14esimo posto a livello nazionale. Le province con i costi burocratici più bassi in Italia, oltre a Enna, ad appena 81 milioni, sono Vibo Valentia in Calabria e Isernia in Molise. Questo ribadisce come il costo burocratico sia uno specchio fedele della ricchezza prodotta: dove c’è meno Pil, l’onere assoluto è minore.
“La proliferazione normativa – sostiene la Cgia – è dovuta principalmente alla mancata soppressione di leggi concorrenti e al ricorso massiccio ai decreti legge che richiedono ulteriori decreti attuativi. Queste norme, spesso scritte male e incomprensibili , rallentano l’operatività pubblica e accrescono la discrezionalità dei funzionari, creando terreno fertile per comportamenti corruttivi o concessivi”.

