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Zelensky dice sì, ma Putin dice no

Zelensky dice sì, ma Putin dice no

Annullata riunione a Budapest

La situazione ucraina peggiora e la pace si allontana perché, come in ogni guerra, la parte vincente non ha convenienza a farla. In questo caso, l’esercito russo continua a conquistare porzioni di territorio ucraino, giorno dopo giorno, per cui diventa sempre più difficile la cessazione del fuoco.

Nel quadro della situazione l’esercito ucraino è sempre più debilitato e sempre meno rifornito di armi e di sussistenza, con uomini scoraggiati che vedono la sconfitta alle porte.
Lo stesso popolo ucraino è allo stremo, con città bombardate, compresa la capitale Kiev, centrali elettriche anch’esse colpite, infrastrutture stradali e ferroviarie danneggiate, porti in gravi difficoltà e via elencando.
La testardaggine e l’incompetenza del presidente Zelensky, nel non avere previsto questo scenario catastrofico, ma reale, ha portato a queste gravi conseguenze, di cui, ovviamente, tutte le gravissime responsabilità sono dell’autocrate Putin.

Nonostante questo, lo stesso Zelensky, il giorno dopo l’invasione (24 febbraio 2022), avrebbe dovuto prevedere che negli anni successivi si sarebbe rappresentata questa realtà e quindi chiudere immediatamente l’invasione con una pace che era pronta in Turchia dieci giorni dopo l’invasione stessa.
La sua dabbenaggine – sollecitata e supportata dal debole e inutile presidente degli Stati Uniti dell’epoca, Joe Biden -, ha portato a questo stato disastroso, con tutte le conseguenze che ora ricadono su quella disgraziata popolazione, la quale ha creduto in un Capo che ha dimostrato gravissimi limiti e che l’ha portata all’attuale situazione.

A questo punto, è difficile che la guerra si chiuda come si poteva fare tre anni fa perché Putin ha ora visto la possibilità di acquisire ben più di quel venti per cento di territorio ucraino. La sua ingordigia arriva a farlo pensare che possa ribaltare l’attuale classe dirigente che sostiene Zelensky e sostituirla con un’altra filorussa.
Questo piano traspare chiaramente dal tono e dalle parole di Putin, per cui tutto diventa più difficile.

Si può dedurre l’enorme difficoltà a chiudere con la pace questa guerra tremenda dal fatto che Trump si è tirato indietro e non fa più quelle ottimistiche dichiarazioni (“arriveremo alla pace entro una settimana”), anzi continua a punzecchiare Putin rilevando appunto che egli non la vuole per nulla per i motivi che abbiamo elencato prima.
Ed è ecco che Trump sta tentando di aggirare la questione parlandone con il capo della Repubblica popolare cinese, Xi Jinping, il quale ha interesse a concludere l’accordo col Presidente statunitense, che preveda anche la risoluzione del conflitto russo-ucraino.
In questi giorni l’eventuale intesa Trump-Xi Jinping potrebbe vedere la luce e quindi ne sapremo di più per i riflessi sulla stessa guerra.
La stampa europea e italiana continuano a dare informazioni ai 450 milioni di europei distorte e distanti dalla realtà, facendo credere che, varando il diciannovesimo pacchetto di sanzioni alla Russia, essa farà qualche passo indietro.

La verità è che i diciannove pacchetti di sanzioni nei confronti di quella cosiddetta Repubblica hanno danneggiato molto di più l’Europa.
È vero che sono stati sequestrati i beni dei russi nei ventisette Paesi, compresi yacht, tenute, ville, imprese, eccetera; però è anche vero che essi rappresentano cifre relativamente piccole rispetto ai danni di centinaia di miliardi che ha subito l’Europa per diversi canali.
Uno di questi è quello energetico. È vero che quando sono stati chiusi i rubinetti del gas russo, l’Italia ha attinto all’Algeria e altri Paesi, ma è anche vero che il cambio delle forniture ha triplicato i prezzi.
Se c’è una ragione che non consente al Pil europeo di aumentare (intorno allo 0,6 per cento) è proprio l’elevatissimo costo dell’energia, che è quasi tre volte rispetto a quello che c’è negli Usa.
E poi, l’Ue continua a finanziare l’Ucraina comprando e pagando le armi agli Usa: un ulteriore business per Trump.