Zelensky e Netanyahu rinviano ancora le elezioni
L’Europa, l’Asia e l’America salutano con grande gioia la firma della pace fra Israele e Hamas. Sembra che sia stato fondamentale l’intervento degli Stati arabi, fra cui Qatar, Emirati e Arabia Saudita, per raggiungere questo risultato molto positivo.
Non sappiamo se la prima fase della cosiddetta “tregua” reggerà. Se così fosse, si imboccherebbe un percorso che dovrebbe arrivare al traguardo relativo a un assetto stabile di quei territori. Già si avanzano proposte di costituire una sorta di Comitato governativo a cui parteciperebbero l’Occidente, l’Egitto e gli stessi Stati arabi, coinvolgendo anche l’autorità palestinese e il suo leader, Mahmoud Abbas (anche se ancora molto debole), in modo da programmare la ricostruzione di quel territorio devastato e imboccare la strada del ritorno alla normalità per i suoi due milioni di abitanti.
È molto probabile che questa “tregua” e il successivo percorso vedano la luce, perché quelli che avevano interesse alla guerra sono stati, almeno per il momento, accantonati.
Israele ha potuto effettuare la sua devastante azione di distruzione su Gaza, sul Libano e sulla Siria perché è stato continuamente rifornito dagli Usa di armi di ogni genere e tipo, che ha riversato su quei territori senza alcun risparmio.
Si tratta ora di stabilire se questa azione distruttiva di vasta portata sia stata proporzionata al danno subito con l’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023, ma una cosa è certa: tutti ne escono perdenti.
In ogni caso la frittata è stata cotta e bisogna guardare avanti, seppure vanno tenute presenti le continue avances dei costruttori di armi, i quali non hanno alcun interesse che sul Globo vi sia la pace. Non bisogna dimenticare infatti che dietro tutte le guerre vi sono interessi economici dei gruppi di potere e delle lobby, che cercano di aumentare il loro business e quindi i loro guadagni.
La questione che poniamo della proporzionalità della reazione di Israele rispetto al danno subito non è di poco conto e di questo si è accorta tutta la popolazione di undici milioni di israeliani/e. Ma il Popolo non solo non è stato interpellato per sapere quale fosse la sua volontà, in regime di democrazia, ma Netanyahu ha compiuto anche l’atto che segue.
Di che si tratta? Egli ha rinviato le elezioni motivando tale rinvio con l’esistenza della guerra. Per conseguenza, ha sospeso tutte le guarentigie istituzionali e ha impedito al Popolo di esprimere la sua valutazione sull’azione governativa, di fatto dittatoriale. Così, in quel Paese è stata abolita, almeno per il momento, la Democrazia, con l’ulteriore conseguenza che il Popolo ha dovuto subire le decisioni di quel Governo a prescindere dalla propria volontà.
La questione che poniamo non è di poco conto, perché se da un canto è ovvio che la guerra non consente l’esercizio totale della Democrazia, dall’altro, tuttavia, data la sua gravità, è sempre giusto interpellare il Popolo per avere il conforto dell’azione che il Governo conduce, ovvero per riceverne il dissenso e quindi modificare la rotta. C’è infatti un limite anche alla gestione in stato di guerra, fermo restando che non si possono applicare in assoluto tutte le regole democratiche.
Non bisogna mai avere paura della volontà delle/dei cittadine/i perché se così fosse il relativo comportamento sarebbe un’abolizione della Democrazia.
L’altra guerra che preoccupa l’Europa è quella ancora in atto fra Russia e Ucraina. Anche in quel caso, il presidente eletto democraticamente, Volodymyr Zelensky, si è successivamente comportato da dittatore, esattamente come Netanyahu, perché non appena è scoppiata la guerra ha violato la costituzione, ha bloccato il Parlamento, ha buttato fuori dallo stesso tutti i parlamentari dell’opposizione e di fatto ha governato senza alcun supporto democratico.
Anche in quel caso riteniamo che la pace sia vicina perché ieri Donald Trump ha giurato sulla Bibbia, come quarantasettesimo presidente degli Stati Uniti d’America, e con il suo ingresso nella Stanza Ovale, la pace si avvicinerà sempre di più, poiché egli si metterà d’accordo col dittatore Putin e molto probabilmente verrà adottata, come abbiamo scritto più volte, la tacita pace del tipo Corea del 1953.