Zelensky faccia il referendum su guerra - QdS

Zelensky faccia il referendum su guerra

Zelensky faccia il referendum su guerra

giovedì 05 Settembre 2024

Israele, sciopero generale

Netanyahu e Zelensky, per versi diversi, stanno creando enormi problemi alle popolazioni da loro amministrate.
Le due repubbliche, Ucraina e Israele, sono state attaccate rispettivamente dal “dittatore” Putin e dai terroristi di Hamas. Zelensky ha cercato di difendersi come ha potuto; Netanyahu ha attaccato distruggendo la Striscia di Gaza, colpendo il Sud del Libano e ora anche la Cisgiordania.
Pur essendo due vicende parallele, quella ucraina – cominciata con l’invasione russa il 24 febbraio 2022 – e quella israeliana – che ha avuto inizio con l’attacco del 7 ottobre 2023 – comportano differenze e analogie. Partiamo da queste ultime.

I due presidenti hanno dichiarato una sorta di legge marziale, per cui sono stati aboliti tutti i diritti democratici delle rispettive popolazioni e anche quelli parlamentari, con la conseguenza che sia l’uno che l’altro possono essere considerati solitari al comando del proprio Paese e delle forze armate.

La differenza fra Zelensky e Netanyahu sta in una questione elementare. Il primo era ben consapevole che l’invasione russa si sarebbe limitata a conquistare alcuni territori ucraini, perché Putin non aveva l’interesse a invadere tutta l’Ucraina. Cosicché avrebbe dovuto immediatamente predisporre un piano di pace, cedendo qualche pezzo di territorio per concludere questa insana guerra.

Non si capisce come Zelensky, approdato al vertice ucraino, non si sia reso conto che l’altra strada da lui imboccata avrebbe portato alla distruzione di gran parte del suo Paese e quindi a una condizione di invivibilità per tutta quella popolazione.
Non sappiamo se questa decisione sia stata tutta farina del suo sacco oppure degli Stati Uniti, i quali gli hanno promesso armi e soldi a volontà, pur di rendere la vita difficile al “dittatore” russo.
L’Unione europea, l’abbiamo scritto più volte, si è accodata agli Usa e ha messo sanzioni economiche al nemico dell’Ucraina, in modo poco strategico, poiché queste si sono riversate contro la stessa Unione. Infatti quest’anno il Pil europeo aumenterà forse dell’uno per cento e quello russo è stimato con una crescita del quattro per cento.

La Russia, non vendendo più gas e petrolio all’Europa, ha girato le sue forniture verso l’Est, la Cina, e verso Sud, Israele, il quale è diventato fornitore della stessa Unione europea del petrolio russo.
L’invasione del territorio ex sovietico da parte delle truppe ucraine ha ulteriormente peggiorato la situazione, per cui la distruzione delle infrastrutture ucraine continua senza sosta.

Se Zelensky avesse avuto un minimo di comprensione per le sofferenze del suo popolo avrebbe dovuto indire un referendum: continuare o concludere la guerra. Ma evidentemente egli ha il terrore di una tale consultazione, peraltro richiesta dai parlamentari dell’opposizione, espulsi. Una richiesta provenuta anche dalla Chiesa ortodossa di rito russo, in questo caso sanzionata da Zelensky, come se i credenti potessero essere cacciati come i cristiani all’epoca dell’Impero romano.
Putin è un dittatore e Zelensky è un democratico? I fatti non dicono questo. Dicono che entrambi hanno agito e stanno agendo da tiranni.

In Israele, qualche giorno fa è stato indetto lo sciopero generale contro l’azione insana di Netanyahu, che basa il suo potere sulla guerra. Egli sa che nel momento in cui finiranno le ostilità finirà anche il suo potere.
Ora, che Israele abbia tutte le ragioni di reagire di fronte a un’aggressione terribile è fuori discussione. Invece è in piena discussione questa reazione spropositata nei confronti del popolo palestinese, che ha il torto di non avere esso stesso combattuto Hamas dall’interno.

Qualcuno si chiede da dove provenga la potenza di fuoco di Israele, che consuma decine e decine di migliaia di proiettili e armi di ogni genere e tipo. La risposta è evidente: le forniture arrivano dagli industriali delle armi americani.
Nessun inviato a Tel Aviv accenna alla situazione economica degli undici milioni di israeliani, che ormai apertamente contrastano la guerra, perché è ora di concluderla.

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