Palermo ricorda ancora una volta Paolo Taormina e dice no alla violenza e alla paura. Anzi, è il quartiere Zen che lo fa accogliendo l’invito rivolto dagli arcivescovi di Palermo e Monreale, Corrado Lorefice e Gualtiero Isacchi che poche ore prima avevano annunciato l’iniziativa intitolata Un sabato sera alternativo.
In tanti, infatti, circa un migliaio di persone, hanno gremito l’atrio della chiesa di San Filippo Neri, luogo designato, dai porporati nel loro invito alla cittadinanza a un momento di raccoglimento e di preghiera.
Il luogo è al tempo stesso simbolico che concreto: proviene da questo quartiere l’assassino (reo confesso) del giovane ucciso la notte di domenica scorsa fuori dal locale di famiglia di via Spinuzza e dei tre giovani uccisi a Monreale lo scorso aprile.
Come richiesto da Lorefice e Isacchi, c’era la presenza dello Stato. Non solo le forze dell’ordine ma anche le istituzioni. C’era il sindaco di Palermo Roberto Lagalla, il prefetto Massimo Mariani, numerosi religiosi, diversi consiglieri comunali tra cui il presidente del consiglio Giulio Tantillo, l’assessore Fabrizio Ferrandelli, il consigliere Mariangela Di Gangi, Ottavio Zacco. Proprio ieri il prefetto del capoluogo ha istituito le tre zone rosse nel centro città interdette ai pregiudicati. Provvedimento che durerà tre mesi.
I genitori di Paolo Taormina in prima fila
Non sono mancati anche i genitori di Paolo Taormina. Ma era presente anche la madre di Sara Campanella, la ragazza di 21 anni uccisa lo scorso 31 marzo a Messina.
Il prete del quartiere padre Giovanni Giannalia, accoglie tutti. “È un evento epocale – ha sottolineato – non si erano mai visti due arcivescovi qui. La gente prova vergogna e il quartiere è raggelato dopo questo ennesimo omicidio. Le persone soffrono soprattutto perché viene di nuovo additato e spesso in maniera banale e violenta, non si può rispondere alla violenza con altra violenza”.
Lorefice: “È tempo di ritornare a Dio”
L’arcivescovo di Palermo Corrado Lorefice ha detto: “Siamo qui per dire che forse è tempo di ritornare a Dio. Ci siamo asserviti a falsi idoli: potere, violenza, piacere sfrenato. Non ci stiamo accorgendo che non abbiamo guadagnato nulla, ci siamo allontanati da Dio.
Isacchi: “Siamo qui per un desiderio di cambiamento”
Gualtiero Isacchi, l’arcivescovo di Monreale, ha invece detto: “La logica violenta della sopraffazione, tipicamente mafiosa, alla quale alcuni incoscienti vergognosamente inneggiano sui social, mira a cancellare la coscienza e la dignità umana, a spegnere la speranza e a condannare la persona alla rassegnazione del ‘nulla mai cambierà’. Il nostro essere qui è segno di resistenza e desiderio di cambiamento”.
E ha continuato: “Alcuni hanno detto “tanto è inutile” e sono rimasti chiusi nelle loro case e nelle loro cose. Qualcun altro ci guarda con aria di sufficienza e superiorità. Noi, come quel bambino nel campo di concentramento, scegliamo di ascoltare la debole voce interiore che ci sussurra: “Dio è lì, steso a terra accanto a Paolo, Massimo, Andrea, Salvo, a tutti i nostri figli e amici, vittime di una insensata violenza armata”;
Ancora: “è una voce che ci interpella chiedendoci di fare la nostra parte per fermare la violenza e restituire dignità ad ogni persona e ad ogni ambiente – ha aggiunto Isacchi -. Se non ci opponiamo alla violenza, lei cancellerà la nostra dignità. È notizia di ieri (due giorni fa, ndr): ancora una bomba ha attentato la vita di un giornalista italiano e di sua figlia”.
“Il problema non è lo Zen”
Gualtieri ha proseguito: “Il problema non è lo Zen, non sono le vie della movida di Palermo o di Monreale; se ci occupassimo solo di questo avremmo fallito. Dobbiamo agire per costruire una cultura di pace e di fraternità partendo da Palermo, Monreale, dallo Zen e da tutte le periferie”.
“La città è di chi cerca la pace, non degli assassini”
Ha continuato: “Intendiamo affermare che la Città è degli uomini e delle donne di pace. Non degli assassini, degli spacciatori, dei violenti, dei ladri, dei mafiosi che uccidono gli innocenti. La Città è per chi vuole vivere nella pace, nella giustizia e nella fraternità. Nella Città umana, in ogni suo quartiere, piazza, strada e vicolo, nessuna persona deve essere condannata a sottostare alla cultura mafiosa, ma deve sentirsi parte di una comunità umana che accoglie, accompagna, sostiene e, se necessario, perdona. Questa è autentica umanità! Questo è il compito irrinunciabile della Chiesa e dei cristiani!”.
“Un cammino impegnativo”
L’arcivescovo ha aggiunto: “È un cammino impegnativo che si costruisce con i piccoli passi di ciascuno, non bastano quelli delle Istituzioni, servono anche i nostri. La pagina del vangelo che è stata proclamata ci invita proprio a questo. In essa risuona un progetto di umanità nuova. Per tale ragione le beatitudini – questo è il nome che generalmente viene dato all’insegnamento di Gesù che abbiamo appena letto – hanno sempre attratto e affascinato uomini di ogni religione e cultura, perché in esse c’è la verità dell’umano. Per questo invito tutti noi qui presenti, uomini e donne di buona volontà, a leggere e rileggere queste parole, lasciando che penetrino la nostra interiorità e divengano in noi germoglio di umanità nuova”.

