Scende al 60,38 per cento il credito d’imposta riconosciuto alle imprese che hanno investito nella Zes Unica del Mezzogiorno. Il dato è contenuto nel Provvedimento n. 570046/2025 dell’Agenzia delle Entrate, pubblicato a ridosso dello scorso week-end, che definisce la percentuale effettivamente fruibile del beneficio fiscale in base alle domande presentate.
La notizia non ha ancora prodotto prese di posizione ufficiali da parte delle associazioni imprenditoriali, ma ha già suscitato forti perplessità tra tecnici e operatori. La riduzione è legata al superamento del tetto di spesa disponibile: a fronte di oltre 3,64 miliardi di euro di crediti richiesti a livello nazionale, le risorse stanziate ammontano a 2,2 miliardi, rendendo necessario un riparto proporzionale. In termini concreti, il credito fruibile si attesta al 60,3811 per cento dell’importo richiesto, con una decurtazione vicina al 40 per cento rispetto alle aspettative iniziali.
Impatto non marginale in Sicilia
L’impatto in Sicilia non è marginale. L’Isola figura tra le regioni con il maggior numero di comunicazioni presentate e con uno dei volumi più elevati di investimenti dichiarati. Secondo i dati allegati al provvedimento, le imprese siciliane hanno richiesto complessivamente oltre un miliardo di euro di credito d’imposta, destinato soprattutto a macchinari, impianti e immobili produttivi. Numeri che confermano l’utilizzo della Zes Unica come leva strategica per gli investimenti.
Il credito effettivo scende ulteriormente
Alla percentuale generale del 60,38 per cento si aggiunge una criticità legata alla dimensione aziendale. Applicando il coefficiente di riparto alle aliquote teoriche previste dalla norma, il credito effettivo scende al 36,23 per cento per le piccole imprese, al 30,19 per cento per le medie e al 24,15 per cento per le grandi. Un ridimensionamento che costringerà molte aziende a rivedere piani finanziari già impostati, pur nella consapevolezza che una riduzione fosse possibile, ma non in misura così marcata.
Perché c’è tanta cautela di fronte alla criticità? Il Governo sa di dover correre ai ripari ed è atteso un intervento da parte del Ministero dell’Economia per legge, potrebbero essere anche le Regioni a compensare la quota mancante. Una strada che, nel caso della Sicilia, appare complessa alla luce dei vincoli di bilancio.
Il professore Romano: “Non servono misure spot”
“Il messaggio non cambia – spiega Marco Romano, ordinario di Economia all’Università di Catania – non servono misure spot che producono l’effetto sorpresa di una riduzione dei contributi. Spesso viene evocata la tagliola europea del de minimis, che limita l’accesso a strumenti strutturali. Serve un piano organico che possa realmente attrarre investimenti in questa benedetta Sicilia”.
Per fare questo piano, ha detto Romano, non bastano gli stanziamenti previsti della Finanziaria e ha citato il Pnrr come altro esempio – con le Zes – di intervento che va utilizzato per creare “economia sana”.
“I 200 milioni della finanziaria non sono sufficienti”
“Non sono sufficienti i 200 milioni di euro della finanziaria, ci vogliono i 2 miliardi, cioè il ‘tesoretto’ della Finanziaria. Con il Pnrr abbiamo avuto sussulti di produttività in termini di pil, quindi, o mettiamo questo capitale rotativo a fattore comune per generare ulteriori risorse, che generano investimento, reddito, tasse e retribuzione, altrimenti neppure il Pnrr ha costruito economia sana. Piuttosto un’altra infornata di precari” ha concluso il professore ordinario di Economia dell’Università di Catania.
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