Zucchero torna in Sicilia: “Il rock è cambiato, sono rimasto uno dei pochi a suonare dal vivo” - QdS

Zucchero torna in Sicilia: “Il rock è cambiato, sono rimasto uno dei pochi a suonare dal vivo”

redazione

Zucchero torna in Sicilia: “Il rock è cambiato, sono rimasto uno dei pochi a suonare dal vivo”

Gino Morabito  |
giovedì 27 Giugno 2024

L’artista di Roncocesi si esibirà domenica 30 giugno al Franco Scoglio di Messina nell’unica data del Sud Italia

MESSINA – È il primo artista occidentale a essersi esibito al Cremlino dopo la caduta del muro di Berlino. È anche l’unico musicista italiano ad aver partecipato al Festival di Woodstock nel 1994, a tutti gli eventi del “46664” per Nelson Mandela, di cui è ambasciatore, e al Freddie Mercury Tribute nel 1992. Con oltre sessanta milioni di dischi venduti e un palmarès di record assoluti, ladies and gentleman, Zucchero “Sugar” Fornaciari.

Zucchero in tour con “Overdose d’amore”

Diavolo d’un blues, torna con tutta la sua energia e una band straordinaria negli stadi italiani portando in tour “Overdose d’amore”. Sarà il Franco Scoglio di Messina a ospitare l’unica data del Sud Italia, domenica 30 giugno. L’evento è realizzato da Puntoeacapo con la direzione artistica di Nuccio La Ferlita, Friends & Partners e in collaborazione con il Comune di Messina, guidato dal sindaco Federico Basile.

Per questi speciali appuntamenti, gli show si trasformeranno in una grande festa. L’occasione per assistere a uno spettacolo mozzafiato ricco di sorprese e di musica dal vivo. Dunque, chi vivrà vedrà?
“Di solito faccio delle sorprese, non mi piace annunciare prima i nomi degli ospiti che verranno ai miei concerti. Ma, proprio perché sono sorprese, si vedranno durate il concerto”.

Quale sarà la logica della scaletta?
“Sarà un po’ diversa rispetto a quella che porto ultimamente in tour. Dal punto di vista della dinamica, per me la scaletta è funzionale così: ci sono dei brani di grande energia, le ballate, i mezzi tempi e una parte acustica più intima”.

Non è facile andare a pescare dal suo catalogo, sono quasi quattrocento canzoni. Al pubblico piacerebbe ritrovare qualche “perla grezza”?
“Quando ne risento alcune, mi chiedo perché non le ripropongo da così tanto tempo o perché non le ho mai fatte. Però poi penso che magari non siano molto conosciute dal pubblico. Potrei anche osare, facendo una scaletta con canzoni che non sono mai state scelte come singoli in radio (alcune, a mio parere, sono anche più belle). Però, come non fare ‘Diamante’, ‘Così celeste’, ‘Per colpa di chi?’…”.

Immancabile anche “Overdose (d’amore)”, che compie trentacinque anni dalla sua pubblicazione e che, per l’occasione, vede un personalissimo omaggio di Salmo. Ha catturato il suo entusiasmo?
“A quel singolo del 1989 ho dedicato questo tour. Salmo poi è un fenomeno. Non solo per l’artista che è, ma come persona: intelligente, veloce, schietto, verace, ironico e grande comunicatore. Mi riconosco in lui, in quello che scrive e pensa e gli sono grato per i tributi che mi ha dedicato, prima con ‘Diavolo in me’ e ora con ‘Overdose (d’amore)’. Thank you, my friend!”.

Se ha successo tra i ragazzi, significa che il suo linguaggio arriva. Lui si espone, prende posizione. C’è stato un tempo in cui era prerogativa del rock…
“Purtroppo il rock adesso è annacquato, è politicamente corretto, non va giù pesante”.

Al centro sempre e comunque il musicista?
“È di assoluta importanza! Come quando si registrano dei dischi: se non c’è l’essere umano a suonare lo strumento, non hai dinamica, non hai colori, è tutto molto flat. Questa band con cui vado in giro è fatta di grandi professionisti, tutti di prim’ordine, che sono con me da anni, alcuni dall’inizio, e che conoscono molto bene il mio repertorio. Con loro posso cambiare canzoni senza neanche provarle. Così è bello e divertente”.

Ha dichiarato che preferisce “ammazzare il suo tempo” con i concerti. In live we trust?
“Sono rimasto uno dei pochi a suonare tutto dal vivo. Il live sarà la parte più importante del mio proseguo. C’è da dire, sempre se reggo: sono di media centocinquanta concerti ogni tour, a volte anche sei-sette date di fila, come è successo all’Arena di Verona e in altre tappe europee. Sono quasi tre ore sul palco”.

Tra i suoi colleghi sta diventando sempre più ‘di moda’ annunciare con largo anticipo di voler appendere la chitarra al muro. Anche lei è di quest’avviso?
“Se smetto di fare live, smetto e il giorno dopo non mi vedete più. Non ce la faccio a dire che tra un po’ di tempo mi ritirerò, è un impegno che non mi sento di prendere. E, se voglio smettere prima o dopo, che figura ci faccio?”.

Lo scorso giugno è tornato nella sua Reggio Emilia, “amore e radici” per due appuntamenti alla Rcf Arena (Campovolo), che hanno celebrato i quarant’anni di carriera con oltre sessantamila spettatori, mentre a ottobre è stato per la prima volta al cinema con il film documentario “Zucchero – Sugar Fornaciari”, per la regia di Valentina Zanella e Giangiacomo De Stefano, e ha ricevuto la cittadinanza onoraria di Reggio Emilia. Si aspettava tutto questo affetto?
“Ero e sono ancora emozionato. Sono andato via che avevo undici anni e sono capitato in un posto che non c’entrava niente con me. Sento sempre molto l’affetto degli emiliani. Quando sono fuori, le radici per me sono davvero importanti, le sento molto forti”.

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