Il cervello determina il carattere ma il successo viene dal merito - QdS

Il cervello determina il carattere ma il successo viene dal merito

Angela Michela Rabiolo

Il cervello determina il carattere ma il successo viene dal merito

sabato 15 Settembre 2012

Pubblicato su Human Brain Mapping uno studio che collega la personalità alle dimensioni del cervelletto. Il volume dell’organo cerebrale rivelerebbe la capacità di adattamento dell’individuo

PALERMO – Ci sono degli individui avidi di novità pronti ad esplorarle, temerariamente proiettati verso l’esterno; e ci sono degli individui timorosi di quelle stesse novità, prudenti e timidi. Due tipologie di approccio, di temperamento opposte. Oggi sappiamo che quei tratti comportamentali sono collegati alla grandezza del cervelletto. La prima categoria ce l’ha particolarmente sviluppato, la seconda di dimensioni sensibilmente minori.
È il risultato di uno studio realizzato da ricercatori dell’I.R.C.C.S. Fondazione S.Lucia e dell’Università “Sapienza” di Roma e che “certifica’’ come il cervelletto giochi un ruolo chiave nella determinazione delle differenze individuali di personalità.
Fino ad ora si era ritenuto che l’organo in questione fosse implicato sostanzialmente nelle funzioni motorie e cognitive, e più recentemente in quelle affettive, ma non era mai stato associato alla personalità.
Lo studio, pubblicato sulla rivista Human Brain Mapping, è il primo che affronta questa relazione. I ricercatori hanno raccolto dati da un campione molto ampio di soggetti sani, combinando tecniche di neuro-immagine strutturale e misure di personalità legate ai tratti temperamentali, descritti nella nota “Scala di Temperamento e Carattere” di Cloninger, padre del “modello bio-psico-sociale” della personalità.
Secondo tale modello, mentre il carattere è influenzato dal contesto ambientale ed educativo, il temperamento è geneticamente determinato. Tra le dimensioni di temperamento, quelle di “Novelty Seeking”, ovvero la predisposizione a ricercare/esplorare la novità, e “Harm Avoidance”, ovvero la predisposizione ad essere cauti ed inibiti, sono le dimensioni fondamentali che guidano le nostre risposte agli stimoli ambientali.
La ricerca ha dimostrato che coloro che avevano una più grande tendenza alla esplorazione ed erano maggiormente incuriositi dalle novità avevano volumi del cervelletto più grandi. Al contrario, coloro che avevano maggiore tendenza ad essere preoccupati, timidi, riservati e timorosi di tutto ciò che è inusuale avevano volumi del cervelletto più piccoli. “Nell’investigare da un punto di vista strutturale le regioni cerebrali più probabilmente associate con gli stili di personalità” dicono i ricercatori “una questione preliminare risulta essere quella di determinare come le strutture, specificatamente in termini di volume, possano essere collegate alle funzioni. La domanda è: un volume più grande della media di una determinata area può significare maggior potenza per svolgere specifiche funzioni?”. In questo caso la risposta è sì.
Infatti, è grazie al cervelletto se si sa guidare l’esplorazione in ambienti nuovi, permettere un rapido passaggio da un compito ad un altro, supportare un veloce adattamento alle situazioni che cambiano, e ciò appare correlato – per quello che riguarda il volume del piccolo organo- con un tratto di personalità caratterizzato proprio da una maggiore enfasi su questi aspetti.
Così, un soggetto caratterizzato da uno spiccato comportamento di ricerca del nuovo in tutte le sue forme, che di continuo cerca situazioni non familiari e volentieri esplora ambienti nuovi, richiede al suo cervelletto un grande impegno che potrebbe portare ad allargarne il volume. Al contrario, un soggetto caratterizzato da un comportamento preoccupato per il futuro, ansioso nei riguardi di tutto ciò che non conosce, inibito e riservato, richiede al suo cervelletto poco impegno che potrebbe portare a ridurne il volume.
Le spiegazioni fisico-scientifiche non possono costituire però un alibi. Il successo economico e sociale, il sentirsi realizzati, non possono solo dipendere dal volume di un accumulo di cellule così come il sentimento dell’amore non dipende solo da un certo equilibrio chimico.
È difficile scindere le componenti che tutte insieme formano un’identità. In primis perché neppure l’individuo può dire di conoscere esattamente il proprio sé. Al massimo può arrivare a definire la propria identità ex post in un certo periodo della propria esistenza. La personalità è un’entità che si plasma nel tempo e che si collega sia a tratti genetici che ambientali. Grazie a questo studio sappiamo ora che anche il volume del cervelletto contribuisce a definire il mondo interiore ed intellettuale di un individuo.
Nell’equazione rientrano anche altri fattori e tra questi la volontà e la capacità di scelta assumono un ruolo importante. Se poi l’operazione non presentasse già molte incognite, bisogna aggiungere che l’uomo è un animale sociale e perciò condizionabile dall’esterno anche in processi cognitivi e morali che la persona stessa crede di prendere in perfetta autonomia e in buona fede.
 
Se ancora l’analisi dei tratti della personalità non apparisse complessa, si deve aggiungere l’impegno che si profonde per raggiungere un obiettivo oltre alla scelta dei fini e dei mezzi per poter realizzare qualcosa. L’azione, prodotto finale di un lungo processo, e il raggiungimento di un determinato risultato allora, non sono più vincolati a rigide misurazioni scientifiche ma soprattutto alla volontà e alla perseveranza, in poche parole a quel complesso di fattori e di preparazione che vengono riconosciuti come merito. Certo, alla fine anche il caso va inserito tra le componenti che determinano il successo di un’idea o di un’azione.

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