Togliere il controllo di Fondazioni sulle banche - QdS

Togliere il controllo di Fondazioni sulle banche

Carlo Alberto Tregua

Togliere il controllo di Fondazioni sulle banche

giovedì 14 Febbraio 2013

Istituti di credito consegnati ai partiti

La legge Amato (218/90) ha innovato il sistema delle Fondazioni bancarie per consentire a queste ultime di trarre i proventi necessari alla loro attività filantropica e sociale.
Il decreto Ciampi (153/99) disegnò il percorso e il punto di arrivo. Entro quattro anni le Fondazioni dovevano perdere il controllo, diretto o indiretto, delle banche d’origine e, se non l’avessero fatto, non solo avrebbero perso il trattamento fiscale proprio degli enti no profit, ma sarebbero state soggette a commissariamento avente l’obiettivo della dismissione delle quote maggioritarie. A commissariarle avrebbe provveduto l’autorità di vigilanza. Tale autorità era l’allora ministero del Tesoro.
La legge finanziaria del 2001 attribuì a tale autorità il potere di indicare i settori di intervento delle Fondazioni, ma inserì la presenza degli enti locali prevalente nell’organo di indirizzo. La Corte costituzionale bocciò tale norma nel 2003.

Quasi tutte le Fondazioni bancarie possiedono quote di controllo inferiori al 50,1 per cento, come la Fondazione Cr di Genova e Imperia, che possiede il 49,42 per cento della Carige, o la Fondazione del Banco di Sardegna, che possiede il 48,71 per cento del Banco di Sardegna o la Compagnia San Paolo che detiene il 9,88 per cento della Banca Intesa – San Paolo, e così via. La Fondazione del Monte dei Paschi ha mantenuto il 34,94 per cento del capitale della banca, ma la controlla.
Le fondazioni hanno un pacchetto di azioni inferiore al 50 per cento, ma di fatto detengono il controllo della banca-figlia. Con ciò diventando quasi un’unica cosa, per cui risentono fortemente dell’andamento dell’istituto di credito controllato, anche come socio di maggioranza relativa e la loro attività sociale è distolta dal voler governare l’andamento commerciale della banca controllata.
Una vera e propria distorsione rispetto agli intenti della legge Amato, che voleva invece consentire al mercato di intervenire evitando la concentrazione in capo alle fondazioni medesime.
Ma così non è accaduto, con i risultati che sono ormai sotto gli occhi di tutti.

 
L’aspetto peggiore della vicenda è la presenza, nei consigli di amministrazione delle Fondazioni, dei politici di professione, che occupano un terzo dei direttivi. Persone trombate, non aventi le caratteristiche idonee per gestirle. Tali persone vengono nominate dagli enti locali previsti negli statuti e nella legge, per cui di fatto sono i partiti che governano tali enti locali a diventare i padroni delle Fondazioni e, per traslato, delle banche controllate.
Quando Fassino, attuale sindaco di Torino e allora segretario dei Ds parlò con Consorte, allora presidente di Unipol, ai tempi della scalata alla Bnl insieme a Mps, dicendo “Abbiamo una banca”, voleva dire che essa era entrata nell’area di incidenza del partito.
L’Mps è un’istituzione integrata nel territorio senese e la sua lunga storia l’ha fatta inserire nel sentimento di quella popolazione. Siccome quelle amministrazioni locali sono state (e sono) sempre governate da quel partito, risulta chiara la cinghia di trasmissione.

È evidente che l’attuale Partito democratico non abbia responsabilità dirette nella malagestione della banca, ma sono i suoi esponenti locali che hanno nominato gli amministratori della Fondazione, la quale a sua volta ha nominato la maggioranza dei consiglieri di amministrazione dell’Istituto.
Non sappiamo se questa faccenda possa indurre il prossimo Governo a proporre una modifica della citata legge Amato, in modo da riportare le Fondazioni al loro ruolo sociale, tagliando il filo che bramosamente detengono di voler controllare le banche di cui possiedono le azioni. Di fatto, bisognerebbe tagliare il diritto di voto a tali azioni, in modo da amputare questo rapporto incestuoso.
Le banche devono essere public company, il loro azionariato frazionato presente in Borsa consentirebbe l’utilizzazione delle regole di mercato. Per contro, ci sarebbe il pericolo che un management inadeguato si sostituisse ai poteri dell’assemblea, non avendo questa i numeri per controllarlo. Ma ecco che dovrebbe essere dato alla Banca d’Italia il potere di intervento sulla eventuale distorsione.

0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Commenta

Ediservice s.r.l. 95126 Catania - Via Principe Nicola, 22

P.IVA: 01153210875 - Cciaa Catania n. 01153210875


SERVIZIO ABBONAMENTI:
servizioabbonamenti@quotidianodisicilia.it
Tel. 095/372217

DIREZIONE VENDITE - Pubblicità locale, regionale e nazionale:
direzionevendite@quotidianodisicilia.it
Tel. 095/388268-095/383691 - Fax 095/7221147

AMMINISTRAZIONE, CLIENTI E FORNITORI
amministrazione@quotidianodisicilia.it
PEC: ediservicesrl@legalmail.it
Tel. 095/7222550- Fax 095/7374001
Change privacy settings
Quotidiano di Sicilia usufruisce dei contributi di cui al D.lgs n. 70/2017