Uno spot falso le tasse per i servizi - QdS

Uno spot falso le tasse per i servizi

Carlo Alberto Tregua

Uno spot falso le tasse per i servizi

venerdì 05 Aprile 2013

Un bidone ammannito dal Mef
 

Il ministero dell’Economia e Finanze (Mef) in collaborazione con l’Agenzia delle Entrate ha fatto passare nella televisione pubblica uno spot che dovrebbe indurre tutti i cittadini a pagare le tasse, perché in questo modo essi verrebbero ripagati da servizi, dice lo spot, efficienti.
Si tratta di un bidone che il Mef fa ai cittadini. Primo, perché non è vero che tutti pagano le tasse, come dovrebbero, tanto che l’evasione è stimata fra i 120 e i 140 miliardi di euro. Essa è portata da molti piccoli e medi contribuenti che non emettono scontrini o che non fanno ricevute. Da altri cittadini che fanno lezioni private in nero, che affittano i propri immobili senza dichiararne i redditi, che fanno il doppio lavoro pomeridiano in quanto lavorano solo di mattina e via elencando.
L’evasione si annida anche nei grandi gruppi bancari e imprenditoriali, soprattutto quelli che fanno transazioni internazionali e che possono agevolmente lasciare parte dei redditi in Stati comunitari ed esteri.

Dopo aver evidenziata l’evasione come elemento di iniquità fra chi fa il proprio dovere tributario e chi non lo fa in tutto o in parte, dobbiamo venire alla seconda parte dello spot, quella che incita a pagare le imposte perché esse ripagano chi le paga in termini di servizi efficienti.
Ora, è noto a tutti i cittadini che i servizi pubblici italiani (statali, regionali e comunali), sono tutto tranne che efficienti. Infatti, la pubblica amministrazione costituisce una zavorra enorme per l’economia e per i cittadini, il cui danno viene stimato in oltre 60 miliardi.
A questi due macigni, evasione e pubblica amministrazione, ne vanno aggiunti altri due: mafia (140 miliardi di fatturato) e corruzione (stimata in oltre 120 miliardi). Un insieme di 460 miliardi che spiegano con grande chiarezza il perché il nostro Paese si trova in queste lacrimevoli condizioni.
Nessun governo degli ultimi 20 anni, di destra o di sinistra, è riuscito a mettere le mani sulle disfunzioni della pubblica amministrazione, nessun sindaco, soprattutto del Meridione, è riuscito a fare diventare virtuoso il proprio Comune, salvo poche e luminose eccezioni. Tutto questo perché è sempre prevalsa una linea clientelare che ha fatto dello scambio fra favore e bisogno il suo punto centrale.

 
I dipendenti che producono servizi pubblici non hanno subito alcuna crisi. Infatti, hanno continuato a percepire regolarmente i propri stipendi, indennità e altre addizionali. Però, pur potendosi ritenere privilegiati – perché altri cittadini sono diventati esodati, cassintegrati, hanno perduto il lavoro e alcuni si sono suicidati – poco o nulla hanno fatto per adempiere con coscienza al proprio dovere che era quello di migliorare la qualità dei servizi pubblici.
Beninteso, non facciamo di tutta l’erba un fascio. Infatti, vi sono alcuni servizi che funzionano ma, in genere, essi sono scadenti e di infima qualità.
Quindi, non è vero che vi sia la connessione fra il pagamento delle imposte e l’ottenimento dei servizi di qualità, perché stipendi, salari e indennità dirigenziali vengono corrisposti indipendentemente dal merito e dalla qualità dei servizi stessi. Se gli stipendi fossero ripartiti in parte fissa e in parte variabile conseguente ai risultati, probabilmente le cose cambierebbero.

La comunicazione istituzionale deve avere un fondamento di verità, diversamente si discreditano proprio le istituzioni che la fanno. Perché toccare il tasto dell’efficienza dei servizi quando è sotto gli occhi di tutti che nel nostro Paese essa non è neanche sufficiente? Si tratta di una confessione di impotenza, di un modo per gettare la polvere sotto il tappeto.
Questo comportamento getta discredito sulle istituzioni e non dovrebbe essere tenuto perché, invece, fra esse e i cittadini ci dovrebbe essere un clima di fiducia che non c’è.
Non ci vorrebbe molto a ribaltare questo andamento. Basterebbe richiamare i dirigenti alle proprie responsabilità, licenziare quelli inefficienti e premiare gli altri che conseguono risultati. Bisognerebbe togliere loro l’alibi di procedure volutamente complicate e farraginose che gli consentono di nascondersi dietro di esse per non fare.
Ecco la maledizione sui cittadini: avere interlocutori pubblici che rispondono quasi sempre di no anziché valutare e interpretare le esigenze dei cittadini, dei quali sono al servizio.

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