La libertà sta nel non desiderare niente - QdS

La libertà sta nel non desiderare niente

Carlo Alberto Tregua

La libertà sta nel non desiderare niente

mercoledì 10 Aprile 2013
Il bene più grande che una persona possa avere è la libertà. Un bene prezioso e incommensurabile perché consente di potere decidere di sé stessi, sul cosa fare, come fare e quando farlo.
La libertà individuale si scontra con quella generale. Sappiamo che ognuno di noi può fare qualunque cosa a condizione che non entri nel recinto della libertà altrui. Non vogliamo essere condizionati dagli altri, ma non possiamo condizionare gli altri.
La questione è nota a tutti. Vi sono migliaia di libri di pensatori, filosofi, saggisti che ne hanno scritto, ma essa non è affrontata singolarmente nel modo dovuto perché essere liberi è effetto e non causa di un processo di auto-educazione e di apprendimento di una conoscenza che quando nasciamo non possediamo.
Se tutti ragionassero ponendo in primo piano l’interesse generale, e solo più in basso quello personale, le cose andrebbero molto meglio.

Che manca a questo comportamento? La consapevolezza che la vita umana è complessa, difficile da vivere intensamente e che è un lampo fra due periodi oscuri. Dunque, va vissuta intensamente e all’interno del binario del Bene.
Racchiude tutto in un volumetto un grande filosofo, Thomas More  (1478-1535) nella sua Utòpia. Ma anche René Descartes (1596-1650) pone alla base della conoscenza sistematicità, purezza e certezza. Con ciò  contrastando il pensiero aristotelico e quello degli Scolastici.
Noi guardiamo con gli occhi, ma spesso non vediamo, cioè non poniamo attenzione ad oggetti, persone e circostanze che arrivano ai nostri occhi. Per porre attenzione è necessario vedere attraverso la mente, perché essa consente di posizionare ogni fatto al suo posto e dargli una proporzione adeguata, in confronto agli altri fatti.
Je pense, donc je suis e, per conseguenza, je existe, era la linea di fondo di Cartesio, il quale scrisse le Regole per la guida dell’intelligenza, un metodo universale per conquistare la verità. Ed è la verità che ci porta alla libertà. Se non tentiamo di sapere come stanno le cose non siamo liberi perché vi sono sempre dei Sacerdoti (come quelli egizi) i quali, detenendo i saperi, tenevano in schiavitù le popolazioni.

 
Il massimo della libertà è conseguente al non desiderare niente. Si tratta ovviamente di una ipotesi estrema, tuttavia possibile. In ogni caso, meno si desiderano cose e più liberi si è. Certo, bisogna soddisfare i bisogni essenziali, ma spesso c’è chi tende a far diventare bisogno ciò che non lo é. Ed è proprio il moltiplicarsi dei falsi bisogni che provoca la scontentezza di ciascuno che non li rapporta ai doveri.
Nessuno deve pensare che ha il diritto di soddisfare i bisogni, piuttosto che ha il dovere di soddisfare i bisogni. Non si tratta di una differenza di poco conto. Infatti, pretendere è un egoismo, dare agli altri è un altruismo.
Ai nostri giorni tutti parlano di diritti, pochi di doveri. Tutti accampano pretese, mettono in primo piano le esigenze. L’altra volta sentivamo da un’intervista ad un cassintegrato che lui ha il diritto di andare in pizzeria almeno una volta la settimana.  Per carità, nessuno pensi che deve essere vietata un’attività ludica, però il cittadino si deve preoccupare di capire come fare a raggiungere il proprio fine, piuttosto che reclamare.

Nessuno può negare che vi siano grandi discrepanze fra le diverse classi sociali. Gran parte della ricchezza è concentrata nelle mani di pochi soggetti. Ma questa non è colpa del liberismo, piuttosto di (ir)responsabili istituzionali, i quali non sanno amministrare la Cosa pubblica in base al valore dell’equità. L’equità si ottiene ridistribuendo la ricchezza non secondo i bisogni ma secondo i doveri.
Proprio questo principio dovrebbe essere alla base del momento più alto della democrazia che è quello in cui si vota. Le cinghie di trasmissione tra cittadini e istituzioni sono i partiti, di cui all’articolo 49 della nostra Costituzione. Ma essi sono venuti meno al loro compito e sono diventati contenitori di privilegi inauditi ed insopportabili per i cittadini. Da qui l’ira che è sfociata nella protesta convogliata sul M5S.
La gente vuole essere libera e pretende che i propri delegati rendano effettiva questa libertà. Si tratta di un lungo processo di cui non si vede il termine, ma esso è indispensabile.

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