L’economia turistica non è un optional - QdS

L’economia turistica non è un optional

Carlo Alberto Tregua

L’economia turistica non è un optional

venerdì 25 Luglio 2014

Organizzazione e semplificazione

A Rimini vi sono 15 chilometri di costa che attraggono sette milioni di turisti nazionali e stranieri. A Catania vi sono 15 chilometri di costa, ma sono scarsi i turisti nazionali e stranieri. In questo dato c’è tutta la differenza fra la nostra regione e una ove funzionano servizi pubblici e piccola imprenditoria basata sulla cooperazione.
Da noi, i servizi pubblici complicano la vita agli imprenditori e questi ultimi operano in modo individuale, non fanno squadra, non sfruttano sinergie, non riescono a fare pressioni con  un’opportuna massa critica.
L’economia turistica va esercitata con professionalità, perché è di difficile esercizio, dovendo coniugare molti fattori presenti nel mercato.
È sicuramente un’attività che non si può improvvisare. I risultati parlano da soli. I sette milioni di turisti che vanno a Rimini sono frutto di un’antica tradizione e di un’accoglienza ospitale, con costi altamente competitivi. Si riesce ad avere una pensione completa con accesso alla spiaggia a meno di 50 euro al giorno.

In Romagna tutti i servizi sono riuniti in cooperative: lavanderie, pulizie, alimentari, manutenzione e via enumerando. Cosicché quelle imprese realizzano forti economie di scala e sono in condizione di fornire servizi settoriali a prezzi ultracompetitivi.
In questo quadro rientra l’attività rigorosa delle istituzioni locali, che controllano con severità tutte le attività ma, per contro, favoriscono gli imprenditori, rispondendo con immediatezza alle loro istanze di autorizzazioni, concessioni e quant’altro.
L’attività turistica è una cosa seria e nessuno può esercitarla se non ha un’adeguata preparazione. In Sicilia, abbiamo un assessore bergamasco, Michela Stancheris, dotata di grande buona volontà, ma che i fatti condannano.
Nel prossimo novembre il governo Crocetta taglierà il traguardo dei due anni. Tolta l’estate, gli rimangono pochi mesi. La domanda da porgli è: in questo biennio, è aumentato il numero di pernottamenti (settore affari e settore turismo)?
Eppure, qui arrivano spontaneamente decine di migliaia di turisti, attratti dalle bellezze paesaggistiche, archeologiche, marine e da 2.500 anni di storia, di ogni angolo dell’Isola.

 
Perché le attività turistiche non funzionano? La risposta è semplice. Manca la sinergia tra settori pubblico e privato, rivolta a preparare progetti di attrazione, non solo turistica ma anche convegnistica e congressistica.
Non vi sono itinerari fra i diversi punti sensibili dell’Isola, se non in modo episodico, i musei stanno chiusi quando arrivano turisti, i soprintendenti scaldano sedie anziché andare a cercare sponsor e mecenati, i dirigenti regionali si occupano di tutto tranne di organizzare il turismo, i 390 sindaci non si mettono insieme per preparare un calendario di eventi, lungo 365 giorni l’anno. I borghi, preziosi reperti della storia siciliana, vengono lasciati marcire, ma tutti percepiscono regolarmente i loro lauti stipendi. Chi se ne frega se la Sicilia va in malora?
La irresponsabilità è generalizzata. Nessuno fa fede agli impegni presi, tutti rinviano le soluzioni e, mentre tutto questo accade, la Sicilia indietreggia. Una pena insostenibile.

Il turismo dovrebbe essere una componente importante del Pil, con l’obiettivo di raggiungere almeno il dieci per cento, pari a circa otto miliardi. In atto è a meno di tre.
Senza un progetto concreto e professionale, la differenza fra tre e dieci punti non può essere colmata. Ci vuole gente competente alla Regione e nei Comuni, che lavori insieme con albergatori e agenzie turistiche per creare attrazioni da mettere su un grande portale regionale e sui portali dei singoli Comuni.
Ma siccome i siti sono passivi, occorre una forte azione promozionale, per indurre i cittadini di tante nazioni che amano la Sicilia, ad andare sui siti stessi, dai quali verrebbe stimolata la voglia di venire da noi. Ma, ribadiamo, ci vogliono i professionisti, mentre i quaquaraquà devono essere messi alla porta, senza complimenti.
Vorremmo che tanti editorialisti e commentatori siciliani si esprimessero sulla materia. Tutti i quotidiani e le televisioni dell’Isola dovrebbero esercitare una forte pressione sulle responsabilità istituzionali, per smuovere la ruota turistica che attualmente è bloccata. Avanti, insieme.

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