Parità tra i sessi, pregiudizi duri a morire - QdS

Parità tra i sessi, pregiudizi duri a morire

Anna Claudia Dioguardi

Parità tra i sessi, pregiudizi duri a morire

mercoledì 06 Agosto 2014

Ecco cosa pensa l’Italia dei luoghi comuni. Sei meridionali su dieci vorrebbero più figure femminili nelle posizioni di vertice, al Nord oltre il 70% è di questo avviso. Istat: oltre la metà dei cittadini del Sud ritengono che le donne si trovino in posizione di svantaggio

PALERMO – Appena qualche mese fa la bocciatura degli emendamenti sulle quote rosa da parte della Camera, nell’ambito dell’Italicum, ha riportato al centro dell’opinione pubblica la questione della parità di genere. Tanto acclamata e tanto discussa ma ancora, in fondo, ben lontana dall’essere effettiva e propria della mentalità nazionale e, ancor più, meridionale.
A dimostrarlo il rapporto Istat “Stereotipi, rinunce e discriminazioni”, pubblicato a dicembre 2013  che rivela come il 57,7% dei cittadini italiani percepisca una situazione peggiore per le donne e il 43,7% pensi che la donna sia vittima di discriminazioni. Differenza denunciata maggiormente al Nord dove, ad avvertirla è il 62,0% circa della popolazione, contro il 51,4% del Sud.
In tutto lo stivale i vecchi stereotipi sui ruoli di genere sono duri a morire. Basti pensare che il 22,5% degli uomini pensa ancora che sia l’uomo a dover prendere le decisioni più importanti riguardanti la famiglia e che continua a persistere la visione dell’uomo breadwinner, cui spetta il compito di provvedere alle necessità economiche della famiglia.
Sembrano attenuarsi, invece, gli stereotipi inerenti l’ambito lavorativo. “Nonostante le loro difficoltà a entrare nel mercato del lavoro – recita il rapporto – e a ricoprire incarichi di primo piano, la maggioranza della popolazione riconosce alle donne pari competenze rispetto agli uomini”. L’80,3% della popolazione si trova poco o per niente d’accordo con l’affermazione “gli uomini sono dirigenti migliori delle donne” e il 67,1% pensa che dovrebbero esservi più donne al vertice di cariche pubbliche.
 
Un’affermazione vissuta con forti differenze territoriali poiché appartiene al 72,2% dei cittadini del Nord-ovest contro il 59,9% di quanti vivono nel Mezzogiorno.
Nonostante vengano progressivamente meno tali stereotipi, i buoni propositi non sembrano poi trovare effettiva applicazione nella società in cui si continua a percepire una condizione di svantaggio per le donne .
“Essere donne – si legge infatti nel rapporto Istat – significa sentirsi svantaggiate più spesso degli uomini anche quando si parla di valutazione dei risultati del lavoro svolto (12,1% contro il 3,8%), oppure di apprezzamento delle capacità professionali (12,8% contro il 4,4%), o ancora di autonomia sul lavoro (11,1 contro il 3,1%)”. Percezione maggiore tra gli abitanti del settentrione (60%) più attentata al Sud dove, in generale sembra essere meno percepita una disparità tra i generi o, forse, sono più tollerati atteggiamenti discriminatori nei confronti delle donne. Qualche esempio? Solo il 42,9% dei residenti del Sud (contro il 57% del Nord) è contrario all’affermazione che, in condizioni di scarsità di lavoro, i datori diano precedenza al sesso maschile e ancora il 31% dei meridionali (a fronte del 20-23% del resto del Paese) legittima comportamenti discriminatori nei confronti delle donne a causa della difficoltà di trovare un’occupazione che appartiene anche alla componente maschile.
Anche tra le mura domestiche la parità tra i sessi è ancora lontana. Secondo il rapporto ActionAid “Lavoro invisibile” il divario tra il tempo dedicato dagli uomini e dalle donne per il lavoro domestico nell’Ue a 27 è pari al 52,9%, percentuale che in Italia sale al 61,5%. Persistono, su tale fronte, inoltre le classiche visioni stereotipate dal momento che, tra gli intervistati dall’Istat, il 49,7% si dichiara molto o abbastanza d’accordo nel ritenere che “gli uomini siano meno adatti ad occuparsi delle faccende domestiche”.
 


Quante rinunce. Il 44% delle donne dice addio al lavoro per la famiglia
 
Proprio il lavoro domestico e per la famiglia in linea più ampia, rappresenta ancora oggi spesso un forte ostacolo per le donne. Secondo il rapporto Istat di quel 32% della popolazione che dichiara di aver dovuto rinunciare al lavoro a causa di impegni e responsabilità familiari, il 44% è rappresentato da donne (19,9% da uomini).
Donne che spesso rinunciano addirittura a cercare un lavoro per i seguenti motivi: dover accudire un bambino troppo piccolo (33,8%), doversi occupare della famiglia (26,6%) aspettare un bambino (13,3%).
“Anche l’esperienza di smettere di lavorare per un periodo – si legge ancora – o cambiare tipo di lavoro a causa degli impegni e delle responsabilità familiari o perché qualcuno della famiglia non voleva è più diffusa tra le donne: è successo al 26,1% delle lavoratrici a fronte del 6,1% dei lavoratori”.
È lunga, dunque, ancora la strada verso la parità che solo politiche adeguate possono davvero incentivare. Il rapporto ActionAid, a tal proposito, ricorda il Dl 34/2014, meglio noto come jobs act del Governo Renzi che punta a una maggiore flessibilità dell’organizzazione del lavoro e maggiori servizi per l’infanzia.

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