Confine labile tra lavoro e tempo libero - QdS

Confine labile tra lavoro e tempo libero

Federico Arcidiacono

Confine labile tra lavoro e tempo libero

giovedì 13 Agosto 2015

Ranstad: l’Italia al 7° posto nella classifica dei 34 Stati in cui viene chiesto di lavorare anche fuori dall’orario di ufficio. Rispetto alla media mondiale del 38%, nella penisola la percentuale di assuefazione è del 48%

Le abitudini lavorative degli italiani si stanno rapidamente evolvendo, probabilmente anche a causa della precaria situazione economica in cui ci troviamo. Recentemente, infatti, una multinazionale olandese che si occupa di ricercare personale, ha rilevato dei dati radicalmente in controtendenza rispetto all’ideale che si ha sul popolo italico.
A quanto pare i confini tra il lavoro e il tempo libero si stanno radicalmente assottigliando e la percentuale di stakanovisti, o workaholic per gli americani, si sta moltiplicando, il che non è un dato così positivo quanto possa sembrare.
Randstad ha certificato che, nel 67% dei casi, ai lavoratori italiani viene chiesto di essere disponibili anche fuori dell’orario di ufficio, diluendo virtualmente il tempo dedicato al lavoro. Nella classifica mondiale degli Stati i cui cittadini sono più assuefatti al lavoro, tra 34 Stati l’Italia, almeno in questo caso, si posiziona al settimo posto, con il 55% dei lavoratoti a cui viene chiesto di rispondere a telefonate ed email anche quando è in vacanza (la media mondiale si ferma al 47%). Il 48% di questa casistica inoltre si sente costretto a onorare la richiesta, contro la media tra gli altri Stati che si ferma al 38%.
“E’ merito o colpa della tecnologia che ci permette di essere eternamente connessi – ha commentato l’amministratore delegato di Randstad Italia, Marco Ceresa – La trasformazione è radicale ed estremamente rapida: da un lato, può costituire un’opportunità di maggiore produttività, ma dall’altro deve essere governata con un’adeguata organizzazione del lavoro per evitare effetti patologici sulla salute delle persone”.
In base a quanto si evince dai dati, il trand di questa sorta di dipendenza dal lavoro è in continuo aumento, rispetto a tre anni fa adesso il 69% dei lavoratori si sente in dovere di rispondere immediatamente alle chiamate e alle richieste provenienti dall’ufficio anche se in vacanza.
Tra questi vi è anche chi, pur non essendo sollecitato dai datori di lavoro, sceglie autonomamente di rimanere in contatto con i colleghi per rimanere aggiornati sulla situazione in ufficio, in modo da non rimanere indietro rispetto agli altri. Si tratta del 51% degli intervistati.
Come affermato in precedenza un cambiamento così radicale non è soltanto qualcosa da vedere con favore o su cui ironizzare, in quanto in realtà denuncia una condizione del mondo del lavoro che si è radicalmente inasprita rispetto agli anni passati. Una mancata separazione tra gli ambiti privati e quelli lavorativi tende ad inficiare sulla qualità della vita, che non può ridursi unicamente ad una fitta routine di impegni, ma deve anche essere bilanciata da momenti di svago in cui si possa coltivare gli interessi personali.
 

 
In testa la Francia col 49% e in coda la Svezia col 40%
 
Guardando i dati al livello mondiale infatti si intuisce una certa tendenza generale a lavorare di più, assottigliando i momenti privati, soprattutto nei paesi che hanno una situazione economica negativa e instabile. I paesi con un’economia stabile tendono invece ad avere lavoratori che tengono alla separazioni tra le proprie sfere sociali, rifiutando quasi sempre richieste che fuoriescono dal monte di ore previste.
I dati afferenti agli altri paesi sono  decisamente molto diversi . Il tasso di lavoratori che si rende reperibile al di fuori dell’orario lavorativo in modo spontaneo raggiunge il 43% per gli abitanti della Germania, mentre sale al 49% per i francesi, in coda la Svezia con il 40%. Anche i lavoratori giapponesi, idealizzati come instancabili e ligi al dovere, accettano intrusioni nella sfera privata solo in un caso su tre.  A riportare veridicità agli stereotipi però è la Cina, che si posiziona ai piani alti della classifica con l’89% di lavoratori reperibili. 
In linea di massima va però segnalato che la disponibilità lavorativa è riscontrabile soprattutto nella fascia più giovane della popolazione di ogni paese, compresa tra i 18 e i 40 anni.

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