Gestione del territorio e sicurezza. Il caso Messina impone scelte - QdS

Gestione del territorio e sicurezza. Il caso Messina impone scelte

Maria Bonaccorso

Gestione del territorio e sicurezza. Il caso Messina impone scelte

martedì 24 Novembre 2009

Dibattito organizzato da Legambiente a circa 40 giorni dal disastro tra Giampilieri e Scaletta Zanclea. Granata: il problema non è l’abusivismo, ma le deroghe. Serve l’adozione dei piani di bacino

MESSINA – La gestione sconsiderata di un territorio fragile impone una nuova politica per la gestione e la messa in sicurezza. Questo è stato il tema centrale del convegno, organizzato da Legambiente Sicilia, a oltre 40 giorni dal disastro di Giampilieri. “Fino ad oggi è stata fatta solo cementificazione senza criterio – accusa Salvatore Granata, direttore regionale di Legambiente – perché chi specula riesce a trovare il modo per aggirare le regole, creando soprattutto dissesto”. Il problema dunque non è l’abusivismo, ma le deroghe. Per questo Legambiente sollecita l’attuazione della Legge 183/89 sulla difesa del suolo, con l’adozione dei piani di bacino, la revisione dei prg e il blocco di deroghe e varianti.
Nino Beninati, assessore regionale ai lavori pubblici, intervenuto al convegno, ha annunciato l’elaborazione di un Piano di coordinamento per unificare le competenze nella gestione del rischio idrogeologico. Giuseppe Aronica, dell’Università di Messina, ha poi illustrato le principali disposizioni normative in materia di difesa del suolo, a partire proprio dal Dl 183/89 – varato all’indomani della tragedia di Sarno, che istituiva l’Autorità di Bacino – legge non recepita dalla regione Sicilia, se non con i piani stralcio di assetto idrogeologico, i cosiddetti PAI. Con la successiva l 267/98 sul rischio idraulico, si è passati dal processo di protezione dalle piene a un piano di protezione dal rischio, mentre la L60/2007 sulle alluvioni, riprende  integralmente la 267/98. “L’aspetto negativo – ha evidenziato Aronica – sta nel fatto che questi provvedimenti si prendono solo dopo il verificarsi delle tragedie.”
Dei Pai ha parlato anche Salvatore Cocina, del Dipartimento di Protezione civile, giudicandoli avulsi dalla gestione dell’emergenza: “dovrebbero essere supportati dai calcoli idraulici, che devono essere forniti dai singoli comuni – afferma Cocina – Ma non ho mai ricevuto questi documenti e tale inadempienza da parte dei comuni rende i Pai inadeguati”. Cocina ha quindi insistito sulla delocalizzazione che “si pone come provvedimento inevitabile: le aree interessate dall’esondazione dei torrenti, a prescindere dallo status catastale, vanno considerate cassa di espansione delle acque e quindi non insediabili né abitabili – ha ribadito Cocina – Alcuni edifici possono essere svincolati e altri devono essere demoliti: se i proprietari sono contrari, se ne assumano le responsabilità.”
Mimmo Fontana, presidente di Legambiente Sicilia, ritiene invece la delocalizzazione totale un “errore molto grave”, giudicando positiva la reazione della popolazione nell’opporsi a tale decisione. Fontana ha poi invitato a non usare il problema dei finanziamenti come alibi per non agire, perché “tante cose si possono fare a costo zero, intervenendo sulle politiche legate all’agricoltura.”
Da segnalare l’assenza dei principali esponenti politici invitati al convegno: oltre l’assessore all’Ambiente Milone, mancavano Lombardo, Buzzanca e Ricevuto: la motivazione di altri impegni, ha reso ancora più pesante la loro assenza, inequivocabilmente apparsa come sintomo di uno scarso interesse.

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