L’origine del caso risale al 2010, quando il ministero dello Sviluppo economico, di concerto con il ministero dell’Ambiente, aveva rilasciato a Terna l’autorizzazione unica per la costruzione ed esercizio dell’elettrodotto Sorgente-Rizziconi a 380 kv. Gli abitanti del territorio, su cui insiste l’opera in questione, avevano impugnato l’autorizzazione innanzi al Tribunale regionale amministrativo del Lazio che poi avrebbe rigettato il ricorso il 30 ottobre del 2012. I ricorrenti di primo grado avevano quindi proposto appello.
Per il Consiglio di Stato l’appello non è fondato e vengono analizzate le tre ragioni riportate dagli appellanti. In primo luogo “deducono l’erroneità della sentenza (quella del Tar, ndr) nella parte in cui non avrebbe accertato come il progetto, inizialmente unitario, sarebbe stato artificiosamente frazionato in due tratte (la prima “Villafranca Tirrena-Scilla”; la seconda “Sorgente-Villafranca Tirrena” e “Scilla-Rizziconi”) con elusione delle norme di disciplina della Via (valutazione di impatto ambientale, ndr) che richiederebbero un giudizio complessivo e unitario sull’opera”. Per il Cds il primo tratto di elettrodotto autorizzato, per lunghezza minima e poiché non si tratta di un elettrodotto aereo, non rientra nell’ambito applicativo dell’Allegato II (parte seconda del decreto d.lgs. n.152 del 2006) in quanto sono circoscritti alla competenza statale i procedimenti Via relativi a “elettrodotti aerei con tensione nominale di esercizio superiore a 150 kV e con tracciato di lunghezza superiore a 15 km ed elettrodotti in cavo interrato in corrente alternata, con tracciato di lunghezza superiore a 40 chilometri”. Per il Cds “risulta non supportata da idonea prova – si legge nel documento – l’affermazione degli appellanti secondo cui la Via cui è stato sottoposto il secondo tratto di elettrodotto sarebbe illegittima in quanto la società avrebbe frazionato abusivamente la domanda per sottrarsi all’applicazione di regole più rigorose che impongono un giudizio di impatto complessivo”.