Renato Cortese: "Migliorare il dialogo fra Polizia e cittadini" - QdS

Renato Cortese: “Migliorare il dialogo fra Polizia e cittadini”

Gaia Perniciaro

Renato Cortese: “Migliorare il dialogo fra Polizia e cittadini”

martedì 06 Giugno 2017

Forum con Renato Cortese, questore di Palermo

Quasi tre mesi fa, durante il suo insediamento, ha detto che i cittadini hanno bisogno di sentirsi più sicuri, può spiegarci questo pensiero?
“Le statistiche ci dicono che quasi tutti i reati, tranne i furti, sono in calo, ma nonostante tutto è aumentata nei cittadini la percezione di insicurezza, soprattutto per i mezzi di comunicazione che, come dei bombardamenti mediatici, parlano, per esempio, di terrorismo e immigrazione. A questo punto credo che a noi della Polizia spetti il compito di andare oltre la prevenzione e la repressione e aprirci al dialogo con la cittadinanza”.
Come pensate di riuscire a raggiungere questa missione?
“Serve un dialogo forte con i cittadini e per instaurarlo abbiamo pensato a diverse iniziative. Da tanti anni i nostri agenti, con impegno, vanno nelle scuole a parlare di legalità e adesso per le scolaresche è possibile anche fare delle visite all’interno della Questura. Abbiamo poi recentemente aperto una pagina Facebook, il che comporta la scommessa da parte nostra di riuscire ad accettare anche le critiche. Adesso vogliamo predisporre delle postazioni mobili da collocare nelle periferie e in altri quartieri della città, sotto forma di sportello per il cittadino, dove recarsi per eventuali denunce o per ricevere informazioni, assistenza e consulenza medica. È già operativo un camper per il  contrasto alla violenza sulle donne”.
Quali criticità contraddistinguono il territorio palermitano?
“Se vogliamo accantonare la presenza mafiosa io dico che Palermo non presenta criticità particolari, è una città normale con una forte voglia di cambiamento. Il fatto che, rispetto a venti anni fa, adesso i cittadini vivano le strade anche di sera, la cosiddetta movida, è un segno positivo, finché ovviamente anch’essa entri nei limiti delle regole e della legalità. Palermo ha di positivo, rispetto a una città come Roma, il forte spirito di comunità”.
Quali sono le priorità e gli obiettivi da raggiungere nel 2017?
“Credo che oggi la criminalità mafiosa sia ancora insidiosa. Sicuramente le attività di contrasto che ci sono state in questi anni hanno messo in difficoltà un’organizzazione che non ha quasi più nessun latitante. A questo punto è importante che lo Stato continui a essere presente, coerente e costante, perché sia seguito dalla gente”.
In tema di mafia, secondo Lei cosa è cambiato a Palermo dal punto di vista culturale?
“La gente ha voglia di Stato perché il bene prevalga sempre. Nel 1996, quando abbiamo catturato Giovanni Brusca, non c’era il cittadino che applaudiva il poliziotto, da allora però, attraverso altri arresti importanti, siamo arrivati al 2006 con la piazza della Questura piena che accoglieva l’arresto del latitante Provenzano. Provenzano poi rappresentava il mito che si era sfatato sul fatto che la mafia poteva essere vinta. Quello è stato l’inizio del cambiamento e credo che questo vada incoraggiato con coerenza”.
Notiamo che esiste un fenomeno sempre più crescente di corruzione, cosa sta alimentando questo tipo di reato?
“La spinta motivazionale del denaro è forte e certamente non aiutano gli esempi di cui si viene a conoscenza quotidianamente. Per qualunque reato, comunque, è importante la certezza della pena e nella fattispecie della corruzione occorrono maggiori anticorpi preventivi all’interno delle strutture pubbliche”.
 
È numericamente adeguato il personale di cui dispone?
“Lo ritengo sufficiente. Sulla base di profonde analisi stiamo rimodulando i servizi che offriamo, lavorando anche sulla formazione e sulla qualità di quest’ultima. Abbiamo delle strutture specializzate che si occupano di femminicidio. Sono donne che denunciano non il furto della borsetta, ma il furto di emozioni. Stiamo anche migliorando la nostra presenza in tema di reati contro la Pa e abbiamo creato una sezione anticorruzione, consapevoli che queste sono le nuove frontiere, soprattutto mafiose. Il fenomeno dei cosiddetti colletti bianchi, però, è qualcosa che contraddistingue anche la vecchia mafia, altrimenti sarebbe un’organizzazione di delinquenti che avremmo già sconfitto trenta anni fa, cosa che non è successa per gli appoggi esterni che l’hanno agevolata e aiutata”.
A che punto è il processo di informatizzazione dei vostri uffici?
“Quando si parla di miglioramento c’è sempre qualcosa di nuovo da ideare, ma devo dire che le procedure di informatizzazione della Questura di Palermo sono complete. Possediamo un archivio già digitalizzato, mi riferisco a oltre un milione di documenti e centinaia di migliaia di fascicoli in rete tra tutte le articolazioni della Questura cittadina e provinciale. Siamo fieri di questo traguardo perché il risultato facilita le nostre operazioni”.

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