No aumenti ai regionali improduttivi - QdS

No aumenti ai regionali improduttivi

Valeria Arena

No aumenti ai regionali improduttivi

martedì 19 Giugno 2018

Trattativa per il rinnovo contrattuale: senza obiettivi né controlli è impossibile valorizzare il personale. Stipendi da primato. In arrivo altri 85 euro mensili in busta paga 

PALERMO – Dopo uno stallo durato circa 12 anni, è stato finalmente raggiunto un accordo tra il Governo regionale e i sindacati di categoria sul rinnovo del contratto dei dipendenti della Regione: sul piatto, 53 milioni di euro, messi a disposizione anche per il comparto dirigenziale, e un aumento mensile in busta paga di 85 euro.
 
Le uniche certezze, quindi, riguardano le entrate dei lavoratori, i quali, ricordiamo, hanno già un retribuzione media mensile (38.547 euro) nettamente superiore a quella del personale ministeriale (30.695 euro) e dei dipendenti delle regioni a Statuto ordinario (34.944 euro) e speciale (37.347 euro).
 
I dubbi, invece, hanno a che fare ancora con la riqualificazione e la riclassificazione del personale, soprattutto dei 9 mila dipendenti in esubero difficilmente trasferibili, e con la questione relativa al merito e alla produttività, sui cui l’assessore alla Funzione pubblica, Bernadette Grasso, si è espressa in maniera approssimativa. Tra le proposte, infatti, l’ipotesi di telelavoro e la promessa di impiegare le risorse per migliorare la produttività e premiare il merito.
 
Nessuna soluzione, invece, in riferimento a quello che sembra essere il vero problema dell’amministrazione siciliana, ovvero l’elefantiasi e il rapporto sproporzionato, soprattutto se paragonato al resto di Italia, tra dirigenti e dipendenti regionali. Secondo il rendiconto generale per il 2016 esaminato dalla sezione di controllo della Corte dei Conti, al 31 dicembre 2016, i dipendenti regionali a tempo indeterminato erano 13.372, mentre i dirigenti si aggiravano intorno ai 1.411; un rapporto di uno a nove che , secondo quanto scritto dai giudici contabili, è “del tutto irragionevole e abnorme, frutto, in larga parte, di scelte politico/clientelari del passato, estranea a qualsivoglia principio di gestione sia in campo politico che privato”. In Lombardia, per esempio, il rapporto è di circa 1/13, mentre nel Lazio di circa 1/15.
 
La stessa Corte ha inoltre parlato di costi elevati anche in relazione alla spesa per i trattamenti pensionistici – ricordiamo, infatti, che la Sicilia è l’unica regione italiana a farsi carico della previdenza dei propri dipendenti – alla quale si aggiunge la mancanza di un piano aziendale di ristrutturazione dei ruoli e l’assenza di una banca dati dei lavoratori costantemente aggiornata.
 
 
 
Intervista all’assessore Grasso: “Lo stato della Pa siciliana è drammatico”
 
Assessore, come intende “rivoluzionare” il settore sotto il profilo della produttività e come intende attuare tale principio in concreto? Fino ad oggi se n’è parlato solo in modo fumoso, come il governo regionale intende passare ai fatti, dando così finalmente dignità ai meritevoli e qualità al lavoro svolto all’interno dell’ente regionale?
“Non è facile dopo anni di abbandono e di blocco della contrattazione riprendere le trattative sindacali introducendo una serie di parametri e criteri di merito e di performance oggi da tutti a parole condivisi, ma difficile nella pratica da introdurre soprattutto nella nostra terra. Purtroppo, in passato quando le pubbliche amministrazioni erogavano molti soldi ai dipendenti pubblici non sono riuscite ad ottenere in cambio la necessaria flessibilità, preparazione e riqualificazione. Lo stato della pa siciliana, pur in presenza di belle e, possiamo dire, eroiche professionalità, è certamente drammatico. Non è facile motivare personale, spesso mal reclutato e per anni mal retribuito, cioè pagato molto per non fare niente e poi penalizzato per anni. Se il datore di lavoro pubblico in generale è un pessimo datore di lavoro, quello siciliano è stato certamente il peggiore.Ricordiamoci inoltre che abbiamo in Regione siciliana i dipendenti più anziani del mondo. Più anziani della media italiana che è già la più alta dei Paesi Ocse. Secondo i dati Ocse, «Government at a Glance», tra i Paesi industrializzati l’Italia è quello con la più alta quota di dipendenti pubblici ultra-55enni: il 45% di impiegati sopra i 55 anni contro il 24% di media che si registra nell’intera area (i dati si riferiscono al 2015), dove il 18% ha meno di 34 anni. La Sicilia supera tutti…
Inoltre, molti di loro, oltre l’80%, non sono stati reclutati con concorsi, ma a seguito di leggi varie di stabilizzazione e sanatoria. Anche questo incide sulla qualità della prestazione, sulla propensione all’innovazione e alla flessibilità. Se pensiamo a come si comporta il privato, che pensa e lavora all’Industria 4.0 o alla rivoluzione digitale, la distanza è abissale.
Si tratta quindi di rilanciare e rimotivare quel nucleo di persone che vogliono impegnarsi sia aggiornandosi sia lavorando di più. Le poche risorse vanno spese bene. Dare poco a tutti potrà soddisfare alcune oo.ss. Ma non certamente chi deve assicurare i servizi, programmare i fondi, impegnarli, saperli spendere bene, etc. Qui abbiamo problemi gravi nell’assicurare i servizi e nel tenere aperti gli uffici, dando risposte in tempi decenti ad imprese e cittadini.
È vero che ormai tutto ciò che passa per la Pa viene ritardato per diversi motivi. Da questo punto di vista occorre semplificare e capire quando è proprio necessario passare da una Pa, anche in un’ottica di buona e responsabile sussidiarietà
Ci auguriamo quindi di sottoscrivere un contratto collettivo adeguato ai tempi e alle logiche di una società della quarta rivoluzione industriale.
Per questo, ovviamente cercheremo di introdurre molte tecnologie.
Certe fuoriuscite di personale potrebbero essere sostituite da alcune figure nuove di elevata professionalità. Per questo dobbiamo predisporre un piano di razionalizzazione che consenta di rinnovare la Regione.
Oggi servono meno dipendenti rispetto al passato, ma più competenti e più flessibili.
Occorre capire che non possiamo proseguire ancora con logiche anni ‘90 e 2000 durante i quali abbiamo distribuito anche la componente accessoria in maniera fissa e continuativa senza riferimenti a merito e a maggiore impegno. È vero purtroppo che la Pa non sa fare contrattazione, ancor più nei comuni piccoli…..Probabilmente la logica della contrattazione collettiva andrebbe tutta rivista nella Pa, in modo pragmatico e senza ipocrisie.
Nel prossimo contratto collettivo faremo in modo che una componente dell’accessorio sia legata a maggiore impegno e risultati. Ciò è fondamentale per migliorare i servizi regionali.
Non è facile recuperare anni e anni di abbandono, di non scelte o di cattive scelte.
Soprattutto in contesti di crisi della finanza pubblica, nella quale non ci sono i soldi per prepensionare e quelli per assumere i nuovi, consapevoli di tutto questo, faremo comunque del nostro meglio.
 
Patrizia Penna

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