Usura e racket, in Sicilia reati fantasma - QdS

Usura e racket, in Sicilia reati fantasma

Valeria Arena

Usura e racket, in Sicilia reati fantasma

venerdì 03 Agosto 2018

Il silenzio complice di chi non denuncia contribuisce ad aggravare il quadro di diffusa illegalità. Le quattro Corti d’Appello tra il 2016 e il 2017 registrano “solo” 2.454 procedimenti. Il numero esiguo di denunce non corrisponde a quella che è la reale percezione del malaffare 

PALERMO – Usura e racket in netta diminuzione in Sicilia. È quanto si evince dalle relazioni delle quattro Corti d’Appello dell’Isola secondo cui, nel 2017, si sono registrati 2.454 procedimenti, 423 relativi all’estorsione e 2.031 all’usura, contro i 2.727 dello scorso anno (442 nel primo caso e 2.285 nel secondo). Unica eccezione, Palermo, dove i reati di usura sono aumentati nell’8% rispetto al 2016, e Caltanissetta, che ha invece evidenziato un incremento dell’1% degli illeciti estorsivi.
 
Calano quindi i numeri, ma non la paura del fenomeno che continua, al contrario, a essere percepito dai cittadini come asfissiante e costante, a fronte di una quantità di denunce presentate a dir poco irrisoria.
 
 
Paura motivata dal fatto che la maggioranza di questi illeciti continua concentrarsi nelle mani della organizzazioni criminali di stampo mafioso. Nel documento redatto dalla Corte d’Appello di Caltanissetta , non a caso, viene ribadito che l’intero distretto, alla stregua degli altri, è gravato da “un carico penale qualitativamente connotato dalla preponderanza di procedimenti di criminalità organizzata mafiosa”.
 
“Le mafie – si continua a leggere nel documento – soprattutto nel nostro distretto, Cosa Nostra, Stidda e gruppo Alferi, seppur messe in difficoltà dall’attività investigativa e giudiziaria assidua e competente degli ultimi anni, esprimono ancora un’arrogante resistenza alla forza d’urto dell’attività istituzionale di repressione e una straordinaria capacità di riorganizzazione e ristrutturazione. La caduta di prestigio delle organizzazioni mafiose, conseguente alla stagione del pentitismo ma soprattutto alla cattura della grande totalità dei latitanti di mafia palermitani, ha orientato la nuova strategia di potere delle organizzazioni mafiose ad un inabissamento apparente, strumentale ad un controllo più penetrante dei mercati illegali e all’impermeabilità all’attenzione investigativa”.
 
Percezione fortificata anche e soprattutto dalla cronaca quotidiana, che sembra invece raccontare una realtà ben diversa. Non si conoscono ancora le cifre relative al 2018, ma l’anno corrente conta già parecchi episodi resi pubblici dalle forze dell’ordine.
 

 
LA CRONACA SICILIANA CI RACCONTA UN’ALTRA VERITA’

SANT’ANGELO DI BROLO (ME) – Lo scorso 31 maggio i carabinieri hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari per Aurelio Petrelli, vigile urbano di Sant’Angelo di Brolo (Me), e Vincenzo Siragusano, poi tornati in libertà e obbligati a non avvicinarsi alla vittima, con l’accusa di estorsione.
I due avrebbero avvicinato un bracciante agricolo intimandogli la consegna di 650 euro, come restituzione di un prestito, di fatto mai effettuato.
Oltre ad intimorire la vittima con gravi minacce di morte, uno degli indagati ha percosso il malcapitato con un pugno, senza cagionargli gravi conseguenze. L’aggressione è stata ripresa da una telecamera di videosorveglianza, i cui filmati sono stati acquisiti dai carabinieri che hanno arrestato i due.
 
PALERMO – I finanzieri del G.i.c.o. del nucleo polizia Economico-Finanziaria di Palermo, sotto la direzione della Direzione distrettuale antimafia, hanno arrestato, lo scorso 16 maggio, due persone accusate di estorsione aggravata dal metodo mafioso nei confronti dei titolari di una storica attività commerciale palermitana del settore dell’abbigliamento.
Con l’accusa di essere il mandante dell’estorsione è stato arrestato Luigi Salerno, 71 anni già condannato per mafia.
Esecutore materiale sarebbe il genero Giuseppe Bosco, 48 anni, accusato di aver minacciato le vittime per farsi dare il denaro. A incastrare i due una conversazione intercettata in auto.
 
ENNA – Lo scorso 20 aprile , nell’ambito dell’operazione della Polizia di Stato di Enna denominata “Blood Brothers”, sono stata arrestate tre persone con l’accusa di usura e racket, mentre per il quarto indagato è scattato l’obbligo di firma. L’attività di indagine, svolta dai poliziotti del Commissariato di P.S. di Leonforte, ha consentito di accertare l’attività di un gruppo criminale operante proprio a Leonforte e nelle aree rurali limitrofe, dedito alla commissione dei reati di usura ed estorsione, spesso nei confronti di persone in stato di bisogno. Il gruppo poteva contare sulla forza intimidatrice derivante dal possesso di un discreto arsenale di armi, parte del quale veniva rinvenuto e sequestrato nel corso delle investigazioni.
 
MESSINA – I Carabinieri del Comando Provinciale di Messina hanno eseguito, lo scorso 20 aprile, un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 14 persone accusate di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso e trasferimento fraudolento di valori. Per tre indagati è stato disposto il carcere; per 11 l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Sotto inchiesta anche un consigliere comunale di Mistretta. L’indagine, iniziata nel 2015 dal Nucleo Investigativo dei carabinieri di Messina, riguarda la famiglia mafiosa di Mistretta che opera nella parte più occidentale della provincia peloritana e ha portato alla luce un tentativo di estorsione che, secondo le indagini, sarebbe stato posto in essere dal consigliere comunale in concorso con altre due persone. Vittime dell’estorsione due imprenditori edili, aggiudicatari dell’appalto, di un milione di euro, indetto dal Comune di Mistretta e finanziato dall’Unione Europea per la riqualificazione dei 12 siti in cui sono installate le opere d’arte contemporanea che costituiscono il percorso culturale “del museo all’aperto Fiumara d’Arte”.

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