Equità e redditività in eterno conflitto - QdS

Equità e redditività in eterno conflitto

Angela Carrubba

Equità e redditività in eterno conflitto

giovedì 28 Gennaio 2010

Lo studio Banca d’Italia “Effetti macroeconomici del capitale pubblico” ha calcolato il rendimento degli investimenti tra Nord e Sud. Non si possono sciogliere i nodi delle regioni del Mezzogiorno contando solo i “soldoni”

CATANIA –  Il 20 dicembre 2009 in un articolo di Rita Fatiguso pubblicato dal Sole 24 ore “Infrastrutture, il Sud incassa fondi ma non dà risultati”, è stata stilata una classifica delle regioni italiane ricavata dai dati di Bankitalia sui rendimenti degli investimenti in infrastrutture. Dalla classifica risultava che un euro investito in infrastrutture in Veneto renderebbe 2,67 mentre nelle regioni meridionali il valore sarebbe in media paria 0,84.
Lo studio cui si fa riferimento nell’articolo è quello di Valter Di Giacinto, Giacinto Micucci e Pasqualino Montanaro “Effetti macroeconomici del capitale pubblico: un’analisi su dati regionali” contenuto nel volume “Mezzogiorno e politiche regionali” pubblicato dalla Banca d’Italia nel novembre 2009. Gli autori del saggio per calcolare i propri dati hanno utilizzato un approccio basato sui modelli vettoriali autoregressivi (Var) per tener conto sia dei legami diretti sia di quelli indiretti tra le variabili economiche e per chiarire se il capitale pubblico spiazzi o rafforzi l’accumulazione di capitale privato.
Abbiamo confrontato i dati utilizzati da Bankitalia con quelli pubblicati nell’Annuario statistico 2008 della Regione siciliana.
Per quanto riguarda le spese, nel 2007, gli impegni complessivi sono diminuiti dello 0,8% rispetto al 2006, con un totale di 18.201 milioni di euro. Le spese in conto capitale sono diminuite del 31,0%. L’ammontare totale delle spese del settore pubblico durante il 2007 è stato pari a 70.771 milioni, con un incremento dello 0,5%. Le spese in conto capitale nel 2007 rappresentano appena il 13,1% della spesa pubblica. La differenza tra le spese e le entrate complessive, al netto delle partite finanziarie, pari a 18.162 milioni, dà un’idea dell’importanza che rivestono le risorse aggiuntive pubbliche nell’economia siciliana.
Tornando allo studio di Bankitalia, gli autori concludono “I dati impiegati in questo lavoro, ricostruiti secondo il metodo dell’inventario permanente, misurano lo stock monetario di capitale pubblico, a livello regionale, per tipo di opera e per un periodo relativamente lungo. Sebbene gli indicatori basati su misure fisiche (come i chilometri di strade o di ferrovie) evidenzino una minore dotazione di infrastrutture nel Mezzogiorno, la spesa cumulata in rapporto al Pil risulta maggiore al Sud. I dati mostrano, peraltro, che negli anni più recenti il tasso di crescita del capitale pubblico è stato più elevato al Centro Nord. Da una prospettiva di politica economica, i nostri risultati suggeriscono che potrebbe esservi un conflitto tra obiettivi di equità (che suggerirebbero di investire nel meno sviluppato Sud) e di efficienza (per cui la spesa potrebbe essere invece destinata nel Centro Nord, dove il suo rendimento è maggiore).
Secondo le nostre stime, nel breve periodo la spesa infrastrutturale esercita un impatto positivo sul Pil e sull’occupazione, come predetto anche dai modelli keynesiani in cui tale spesa è finalizzata a sostenere l’occupazione nelle fasi cicliche sfavorevoli. (…) Il minore rendimento nel Sud potrebbe essere pertanto attribuibile a una meno intensa trasformazione della spesa monetaria in capitale pubblico “effettivo”, dovuta ad esempio a una minore efficienza del processo di spesa. (…) Tra le aree geografiche, i risultati sono diversi per l’elasticità (maggiore nel Mezzogiorno) e la produttività marginale (maggiore, invece, al Centro Nord). (…) miglioramenti di efficienza potrebbero pertanto fortemente accrescere la produttività marginale della spesa infrastrutturale nel Sud”.  I dati sulla spesa della Regione siciliana confermano, purtroppo, che le conclusioni dei ricercatori di Bankitalia sono vere: il problema degli investimenti nel Mezzogiorno è non tanto di ammontare del capitale investito, quanto dell’efficacia della spesa effettuata, dei tempi di realizzazione degli obiettivi (cioè delle opere) e della dotazione infrastrutturale del territorio nel quale si decide di realizzare l’investimento. Insomma, per uscire dal circolo vizioso del “sottosviluppo che perpetua se stesso” nel lungo periodo bisogna puntare – come affermano gli autori dello studio – “a sciogliere il conflitto tra capitale monetario (la cui elasticità è maggiore nel Mezzogiorno) e capitale effettivo la cui produttività marginale è maggiore al Centro Nord”.
Purtroppo si tratta ancora (come ai tempi di Keynes) dell’eterno conflitto tra equità ed efficienza che economisti e politici non riescono a risolvere. Se non compilando classifiche e stilando graduatorie…

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