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In Sicilia più di 8 abusi su 10 restano in piedi

Rosario Battiato

In Sicilia più di 8 abusi su 10 restano in piedi

giovedì 27 Settembre 2018

Legambiente: tra 2004 e 2018 emesse 6.637 ordinanze di demolizione, ma ne sono state eseguite poco più di mille, cioè soltanto il 16 per cento. A Carini e Altavilla Milicia sindaci coraggiosi, ma gli abbattimenti continuano a macchia di leopardo

PALERMO – Di fronte agli abusi insanabili gli enti locali si trincerano dietro l’esiguità dei fondi per le demolizioni anche se le opportunità – ad esempio è attivo da anni il Fondo demolizione opere abusive della Cassa depositi e prestiti – non mancano. Il risultato è che in Sicilia più dell’80% delle ordinanze di demolizione, emesse tra il 2004 e il 2018, non risulta eseguito e l’abusivismo, anche quello insanabile, resta in piedi. I timidi tentativi, che si stanno registrando negli ultimi anni, costituiscono ancora soltanto un leggero buffetto sul viso indomito dell’abusivismo siciliano.
 
Tra il 2004, anno successivo all’ultimo condono edilizio, e il 2018, ci sono state 6.637 ordinanze di demolizione e poco più di un migliaio eseguite (1.089). Il saldo arriva direttamente dagli enti locali siciliani che sono stati interrogati da Legambiente per il rapporto “Abbatti l’abuso”, che mappa i numeri delle ordinanze di demolizione nei comuni di tutta Italia che hanno raggiunto quota 71.450. Il dato non è completamente esaustivo, visto che coinvolge il 22,6% dei comuni nazionali, ma resta un buon punto di riferimento per comprendere lo stato di avanzamento delle demolizioni.
 
Per la Sicilia non sono certamente numeri lusinghieri. Nel complesso si tratta del 9,2% del totale delle ordinanze emesse a livello nazionale, soltanto Campania (16.596) e Veneto (6.820) si trovano più in alto, a fronte di un numero ancora esiguo in termini di ordinanze eseguite, cioè soltanto il 16,4% del totale. La media siciliana è inferiori di tre punti percentuali rispetto a quella italiana (19,6% delle ordinanze eseguite). Le ordinanze da eseguire, a livello regionale, sono ancora 5.548 e tra queste ci sono 887 immobili, pari a poco meno del 16% del totale, che hanno visto la formalizzazione dell’acquisizione da parte dei comuni siciliani.
 
Numeri che sembrano molto vicini agli ultimi ufficiali forniti dal dipartimento urbanistica della Regione tramite il Siab (sistema informativo abusivismo edilizio) e risalenti al 2013: presenza di 905 ordinanze di demolizione e rimessa in pristino a fronte di 107 accertamenti di ottemperanza sulle ordinanze di demolizione. Un dato che vale statisticamente circa il 12% del totale delle ordinanze emesse.
 
Data la portata, il tema dell’abusivismo e delle demolizioni ha accompagnato il dibattito politico siciliano prima del voto delle regionali dello scorso anno: celebre il caso del sindaco Angelo Cambiano di Licata, sfiduciato nell’agosto del 2017, dopo aver avviato un’intensa campagna di demolizioni in seguito alle ingiunzioni della Procura, operazione poi proseguita col commissario straordinario Maria Grazia Brandara. Ma il caso non si è placato nemmeno dopo le elezioni di novembre, con l’assessore all’ambiente, Totò Cordaro, che ha fatto riferimento alla necessità di analizzare “caso per caso” perché “l’abusivismo non è tutto uguale” e quindi “c’è l’abusivismo di indispensabilità che va oltre quello di necessità”.
 
Un tema, insomma, caldissimo anche perché l’abusivismo, oltre che pesantissima eredità del recente passato siciliano, è ancora vivo e pericoloso. Nel 2016, secondo dati Istat, in Sicilia l’indice di abusivismo edilizio (costruzioni abusive per 100 costruzioni a uso residenziale autorizzate dai Comuni) ha toccato il dato record di 57,7, quasi quaranta punti in più della media nazionale che sfiora il 20 e di un dato relativo al Nord che si è assestato a 6,4.
 
Al di là dei dati generali, ci sono anche gli incredibili risultati di alcune città isolane, come Triscina, la frazione a mare di Castelvetrano, nel trapanese e nella zona del Parco archeologico di Selinunte, che conta oltre “5 mila case abusive, di cui almeno mille insanabili nonostante tre condoni edilizi”, scrivono da Legambiente. L’avvio delle demolizioni delle prime 85 case insanabili, dopo l’affidamento dei lavori, ha visto un primo blocco, proprio all’inizio di settembre, per un ricorso al Tar da parte di una ditta che aveva partecipato alla gara d’appalto (l’udienza è prevista in questi giorni).
I tentativi non mancano: nell’Oasi del Simeto a Catania l’ex amministrazione Bianco, in accordo con la Procura, aveva avviato una decisa campagna di demolizioni, così come a partire dal 2016 si era verificato a Licata, per opera di Cambiano e poi del commissario Brandara (entrambi minacciati in forma anonima).
 
I Comuni lamentano l’assenza di fondi, anche se a volte si registra un’assenza di volontà. Il fondo della Cdp mette a disposizione 50 milioni per “la concessione ai Comuni di anticipazioni senza interessi sui costi (comprese le spese giudiziarie, tecniche e amministrative) relativi agli interventi di demolizione delle opere abusive, anche disposti dall’autorità giudiziaria”. La scorsa legge di Bilancio aveva inoltre avviato un fondo nazionale di 10 milioni di euro (per io 2018 e 2019, 5 mln all’anno) proprio per l’abbattimento delle opere abusive.
 

 
Sanatorie, i Comuni non incassano: mezzo miliardo di euro nel cassetto
 
PALERMO – I comuni non faticano soltanto a trovare i soldi per le demolizioni, ma hanno serie difficoltà anche a incassare quanto previsto dalle pratiche di sanatoria degli ultimi tre condoni (47/85, 724/95, 326/03). L’ultimo censimento in materia è stato effettuato dal Centro studi Sogeea che aveva certificato la presenza di circa 90 mila pratiche chiuse negli uffici di Palermo, Messina e Catania.
Un piccolo patrimonio sospeso. Per Sogeea le somme da riscuotere, considerando soltanto i tre principali centri isolani, sarebbero pari a circa 327 milioni di euro. Un calcolo che considera oneri concessori, oblazione, diritti di istruttoria e diritti di segreteria e che pertanto vedrebbe una parte di queste risorse (le oblazioni, in particolare) distribuite tra Stato, Comuni e Regioni.
Si tratta comunque di cifre importanti, se non determinanti, per i comuni capoluogo isolani che vedono le proprie casse versare in condizioni sempre più stremate. Anche perché altre 26 mila pratiche ancora da evadere ci sarebbero nei comuni di Agrigento, Caltanissetta, Ragusa, Siracusa e Trapani (Enna non ha comunicato i dati) per un introito stimato di circa 100 milioni di euro. La somma di questi numeri definisce un mancato introito di circa mezzo miliardo di euro.
 
Andando ai numeri delle pratiche evase, se ne contano appena 50 mila su 161 mila presentate, nell’arco dei tre condoni edilizi, certificando un tasso di evasione che è pari al 30%. Soltanto Ragusa può dirsi soddisfatta dei suoi numeri (80% il tasso di pratiche evase) mentre tra i grandi la migliore è Messina (40%).
 

 
La proposta di Legambiente per mettere fine alla “vergogna”: “Le chiavi” delle ruspe in mano ai prefetti
 
PALERMO – Legambiente ha le idee molto chiare sul futuro delle demolizioni. Ne ha parlato Gianfranco Zanna, presidente di Legambiente Sicilia, spiegando che “la responsabilità sulle demolizioni degli immobili abusivi deve passare ai Prefetti, per togliere qualsiasi alibi a chi, anche su queste vergogne, ha cercato e cerca consensi elettorali”.
Per il presidente regionale dell’associazione del cigno bisogna ricordare anche i “sindaci onesti” – e si riferisce, in particolare, a quelli di “Carini o di Altavilla Milicia in provincia di Palermo, che con tenacia, coraggio e determinazione non si sono fermati ed hanno continuato ad abbattere” – ma è opportuno lavorare per chiudere “questa pagina vergognosa della storia italiana – ha aggiunto Stefano Ciafani, presidente nazionale – che ha prodotto e alimentato illegalità ed ha devastato intere aree del Paese”.
 
Legambiente, all’interno del rapporto, formula una possibile ipotesi di proposta legislativa per rendere più rapido ed “efficace l’istituto delle demolizioni degli immobili abusivi, avocando la responsabilità delle procedure di demolizione agli organi dello Stato (nella figura dei Prefetti) ed esonerando quindi i responsabili degli uffici tecnici comunali ed i sindaci”. A disposizione dovrà esserci un fondo di “100 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2019 al 2025 per chiudere la stagione dei condoni edilizi e completare finalmente l’esame di milioni di pratiche ancora inevase”.

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