"Giù le mani dall'Antartico", i rischi per l'equilibrio dell'ecosistema globale - QdS

“Giù le mani dall’Antartico”, i rischi per l’equilibrio dell’ecosistema globale

“Giù le mani dall’Antartico”, i rischi per l’equilibrio dell’ecosistema globale

sabato 26 Gennaio 2019

Fra il 1992 e il 2017 l’Antartide ha perso quasi 3.000 mld di t di ghiaccio, con un innalzamento del mare di 8 mm. Un milione di persone costrette ad abbandonare casa a causa di erosioni e tempeste

GELA (CL) – Giù le mani dall’Antartico: è questo lo sponsor promozionale che muove l’operazione di Greenpeace per la campagna “#ProtectAntarctic”, per cui Thom Yorke, il frontman dei Radiohead, ha presentato il pezzo strumentale “Hands Off The Antarctic” che accompagna le sequenze girate durante l’intervento. L’iniziativa punta a istituire la più grande area protetta al mondo nel mare di Weddell, dove potrebbero trovare riparo pinguini, foche, balene e altri esemplari della fauna locale che oggi rischiano l’estinzione. Un esempio in tal senso è costituito dal krill, piccolo crostaceo che gioca un ruolo cruciale nella catena alimentare dell’antartico, molto richiesto dalle industrie per la produzione di integratori alimentari e mangimi e per questo preda ambita dei pescherecci.
 
La tutela dell’Oceano antartico è decisiva, dal momento che qui si concentrano tre quarti delle sostanze nutritive da cui dipende la conservazione del sistema ecomarino globale. Questo territorio è il luogo più instabile della terra: i rapidi mutamenti degli ultimi tempi diventano sempre più preoccupanti per l’impatto biologico, ambientale e perfino sociale, sul resto del pianeta.
 
L’Antartide detiene circa il 90% della riserva di ghiaccio del pianeta e svolge un ruolo chiave per il clima terrestre. Da qui parte infatti il ciclo che permette di mantenere costante la temperatura della superficie terrestre ed evitarne il surriscaldamento.
 
Con lo scioglimento del ghiaccio terrestre, l’acqua dolce che fuoriesce penetra nell’acqua salata del mare, più calda, andando ad alterare la circolazione dell’oceano.
 
Dal momento che la concentrazione di sale si riduce, le masse d’acqua diventano più leggere e di conseguenza hanno difficoltà a scendere negli abissi per raffreddare il fondo oceanico. A loro volta le acque che hanno assorbito il calore in eccesso nelle zone temperate del pianeta sono ostacolate a defluire nelle zone polari e il funzionamento del processo di compensazione termica risulta così compromesso.
 
Fra il 1992 e il 2017 l’Antartide ha perso quasi tremila miliardi di tonnellate di ghiaccio e questo scioglimento ha portato a un innalzamento del livello del mare di circa 8 millimetri. Si stima che con la fusione integrale delle calotte antartiche il livello del mare potrebbe aumentare di circa 60 metri.
 
Altro elemento critico è rappresentato dall’assorbimento dell’anidride carbonica: infatti, il riscaldamento dell’acqua e la riduzione della salinità stanno notevolmente diminuendo anche questa capacità di assorbimento. Notevole è l’impatto che deriva da ciò: basti pensare che il mare antartico assorbe il 40% dell’anidride carbonica prodotta dalle attività umane. Questo stravolgimento rischia di compromettere un equilibrio delicato, tanto più se si pensa che l’impatto dell’anidride carbonica sui cambiamenti climatici è tale da aver inciso sulla fine dell’ultima era glaciale 20.000 anni fa.
 
L’inaridimento delle riserve d’acqua mette a repentaglio colture, allevamenti e specie acquatiche, cosa che avrà non poche ripercussioni sulla nostra catena alimentare. I primi a pagare saranno ovviamente i Paesi in via di sviluppo.
 
L’emergenza dei rifugiati climatici diventa sempre più allarmante: si parla di più di 1 milione di persone costrette ad abbandonare le proprie abitazioni a causa di erosioni e tempeste provocate dall’innalzamento del livello del mare. Questo dato potrebbe aumentare sensibilmente perché molte comunità costiere ricorrono alla migrazione verso l’interno come misura preventiva.
 
Succede in Louisiana, Brasile, New York, Australia, Thailandia, Filippine, Alaska. Succede un po’ dappertutto per le comunità di mare. Gente che vive sulle coste e che deve abbandonare le proprie case per colpa di erosione, innalzamento dei livelli del mare, tempeste violente, perdita di terreno. Durante il ventesimo secolo livelli del mare si sono innalzati di ben dodici centimetri. Le previsioni sono di varie decine di centimetri in questo secolo. Secondo alcuni studi circa 470 milioni di persone perderanno la casa.
 
Alcuni ricorderanno l’uragano Sandy che colpì le coste del New Jersey nel 2012: molte delle case sono state rase al suolo e mai piu ricostruite. Dopo il tifone Haiyan del 2013 le Filippine hanno messo il divieto di costruire a cinquanta metri dalla costa e hanno forzato l’evacuazione di 80.000 persone. Dopo lo tsunami avvenuto nel 2004, almeno 22.000 case sono state perse e non più ricostruite in zone costiere.

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